Lui è uno di quelli che nella base USA di Pian dei Corsi a suo tempo c’è stato. L’ingegner Rocco Peluffo, 85 anni portati benissimo, era tra i consiglieri del Comune di Savona che il 2 settembre ’76 visitarono il centra radar della U.S. Army sul colle del Melogno, e ne conserva ben vivo il ricordo.
Prendere un caffè con l’ingegnere significa rivisitare con sagace ironia settant’anni della nostra storia, dal fascismo ai giorni nostri. Peluffo ne è stato partecipe, spesso protagonista a livello locale, sempre spettatore attento e consapevole. E così, tra un viaggio di gemellaggio nella sovietica Zdanov con momenti che che ricordano don Camillo e Peppone del miglior Guareschi, e splendori e miserie dell’associazione “A Campanassa” di cui Peluffo è stato presidente per 25 anni, spunta fuori anche il sopralluogo alla base di Pian dei Corsi. “A gennaio del ’76 c’era stato l’articolo del periodico Maquis, e da tempo circolava un’insistente “vox populi” sulla presenza di missili sul Melogno” racconta Peluffo. “Nella primavera il PSI, o più probabilmente il PSIUP aveva presentato un’interpellanza sull’argomento in consiglio comunale. Qualcuno della maggioranza si era rivolto alle alte sfere del PCI che a loro volta dovevano aver interessato l’ambasciata USA. Così a inizio settembre eravamo partiti alla volta di Pian dei Corsi”.
“La delegazione era guidata da Zanelli (il sindaco socialista di Savona, nda), poi c’erano il vicesindaco Rebuffello per il Pci, Costantino e Giulio Svetoni in rappresentanza del PSI. Per la minoranza c’eravamo io e il senatore Varaldo per la DC e il liberale Piero Astengo. L’ingresso della base era presidiato da una pattuglia di carabinieri che certo, a giudicare dalle mostrine, non dovevano essere di prima leva. Oltre il cancello iniziava un mondo a parte, del tutto off-limits per gli italiani. Avevamo visitato la base accompagnati da due ufficiali della NATO che parlavano bene l’italiano. La parte principale era costituita da due ponti radio, gestiti da una decina di tecnici statunitensi”.
Lapidario il commento sull’esito della visita. “Ci avevano presi in giro, ci avevano fatto vedere solo quello che volevano loro.
Ricordo che avevano addirittura contato le pallottole nei fucili, in armeria – ride Peluffo – ma nessuno di noi aveva potuto neppure pensare di dare un’occhiata fuori dal percorso scelto dagli americani. Sembrava di stare in sacrestia. E certo nessuno si era sognato di mostrarci passaggi sotterranei. Se c’erano, noi non li abbiamo potuti vedere”. Alla domanda sulla costruzione di cunicoli sotto la base, l’ingegnere non si scompone più di tanto: “Tecnicamente è possibile. Di camion militari in quella zona ne passavano continuamente, e di depositi a cielo aperto per il materiale da riporto gli americani ne potevano trovare quanti ne volevano. Ma di evidenze non ce ne sono”. Idem sulla presenza di uomini dei servizi segreti USA all’interno della base: “Certo che è plausibile. Dentro la base i marines facevano quello che volevano, senza controlli esterni. In via di ipotesi, è verosimile che vi fossero anche uomini dell’intelligence alleata”.
Massimo Macciò
P.S. Abbiamo interpellato martedì mattina, 7 gennaio, anche il popolare Piero Astengo che non ricorda nulla della sua asserita partecipazione e visita a Pian dei Corsi. “Non credo proprio di aver fatto parte della delegazione che ha fatto visita all’ex base Usa, ho seguito invece con interesse la trasmissione di Voyager.
Credo che l’ingegner Peluffo, almeno per quanto mi riguarda, si caduto in errore; mi sembra davvero impossibile dimenticare un’esperienza e una visita di quella portata”.