Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Esimio presidente Sappa, Monesi e Valle Arroscia illusi da troppi anni


Il presidente della Provincia di Imperia, Ginetto Sappa, storico consulente del lavoro, origini in quel di Rezzo – uno zio sacerdote di elevata cultura, energico e per nulla remissivo – ha scelto le dimissioni congelate per 20 giorni. Poi si vedrà.  C’è un aspetto che non ha avuto il risalto, la priorità su tutte. Il gruppo dei dissenzienti (Uniti) sta cavalcando tra i temi della ‘discordia’ il mancato e promesso (da tutti) rilancio di Monesi e dell’entroterra. Noi parliamo di queste realtà perché crediamo di conoscerle abbastanza bene. Dalla genesi della crisi (il crollo dell’impero dei banchieri Galleani che ha penalizzato soprattutto Monesi), alle varie tappe, fino al quasi disastro. I paesini della vallata, illusi da decenni, dalle promesse dei politici di turno; debolissimi dall’incapacità di mobilitazione, di essere uniti con un primo obiettivo su tutti. Solo attraverso la rinascita di Monesi si creano le fondamenta.

Il presidente Sappa, a Mendatica, alla festa di S. Caterina, con il sindaco Pelassa ed il vice presidente Porro, già primo cittadino

Ammettiamo che una delle cause dell’impotenza dipenda dal fatto di assistere in buona parte dei piccoli e meravigliosi (natura) centri dell’alta valle Arroscia a lotte ‘fratricide’. Pensate, ci sono comuni medio grandi, come Laigueglia che dopo tanto scannarsi, ha scelto una lista unica. Vale sempre quel detto uniti si vince. Altri esempi ci sono stati nel ponente e i risultati si sono tradotti in una maggiore incisività e peso politico. Ciò finora non è stato possibile ed evitiamo di elencare questo o quel comune, questa o quella fazione. Non ha ancora trovato concretezza e cittadinanza il concetto che ci si può anche dividere, mancherebbe altro, ma se non siamo in presenza di un super potere mafioso, infiltrato, come accade purtroppo in moltissime località del Sud Italia, alla fine occorre essere coesi su un denominatore comune. Dissenzienti e mai disfattisti, anche se in buona fede o per ignoranza.

Per chi avesse qualche dubbio consigliamo un breve soggiorno a Castelvetrano, terra natale dell’ultimo imprendibile capomafia vero, autentico, Matteo Messina Denaro. Non andate neppure per le strade, basta varcare la soglia del Municipio e chiedere a qualcuno se lo conosce, sa chi sia. Neppure gli amministratori pubblici diranno allo sconosciuto visitatore che si tratta di un loro concittadino e qui vivono i suoi congiunti.

La provincia di Imperia, non siamo noi a sostenerlo, ma tutti i maggiori dati statistici (vedi IL Sole 24 Ore negli anni), è tra le province del Nord Italia che  è stata peggio amministrata dalla classe politica. Forse la cancrena risale già a fine anni ’70. Confidava un alto rappresentante delle istituzioni, ora in pensione, che trovandosi ad operare in gangli vitali dello Stato qualcosa sapeva di quanto ai comuni mortali non viene dato a sapere: “Sono dell’idea che un partito serio non dovrebbe candidare nessuno su cui esistano anche solo dei dubbi ed ogni vicenda giudiziaria che investe i politici dovrebbe essere raccontata dai media fin dall’inizio. Quello di non avere  vicende penali alle spalle credo sia davvero un requisito minimo di credibilità, ovvio che non si dovrebbe mettere in discussione. Il rinnovamento della politica deve avvenire  sulla credibilità dei programmi e giocoforza ciò che hanno realizzato, quali traguardi raggiunti per il benessere comune e non delle singole confraternite che  sono macchine di voti, preferenze, soldi, affari, incarichi, poltrone di sottogoverno, sprechi, come i dirigenti in esubero che la Provincia di Imperia ha promosso e pagato per decenni . Le spese improduttive in consulenze”. Pensate se un’azienda privata seguisse la stessa logica antimeritocratica! 

Per Monesi e la Valle Arroscia, ma pur in assenza di un’altra eccellenza capace di attirare gente 11 mesi all’anno e d’improvviso ha iniziato il declino, ha  soprattutto pesato la mancanza di un piano strategico. Siamo precisi, piani resurrezione ne venivano annunciati a getto pressoché continuo,  i giornali svolgevano involontariamente (salvo rari casi) il ruolo di gran cassa. Una nuova pista qui, una nuova la, persino un traforo, nuova viabilità, ipotesi di trasformazioni immobiliari. Tutto nero su bianco, carta canta.  Si è arrivati a fatica e in ritardo, con pesanti danni, alla nuova seggiovia. Una follia, ad iniziare dalla Regione che pure è stata l’unica con il presidente Burlando ad operare concretamente, imporre l’apertura alla sola stagione invernale. Pregando perché la neve sia sempre copiosa?

C’era la più lunga e prima seggiovia sorta in Italia, da sola faceva promozione e attrazione, motore dell’intera vallata. Smantellata ed abbiamo  svelato lo scandalo che c’era dietro,  si è ricostruita senza tener conto che non era una spesa qualunque, bensì investimento su cui puntare tante risorse  e non disperderle come ha fatto per troppi anni la Provincia di Imperia in tanti piccoli rivoli. I cosiddetti finanziamenti a pioggia per fare contenti i ‘capipopolo’, questuanti alle elezioni. Monesi doveva avere la priorità assoluta ieri, non oggi. E questo è mancato, non solo dal presidente Sappa,  da un predecessore da dimenticare, avvocato Giuliano. Premiato con la presidenza dell’Autofiori.  Il tempo pare sia galantuomo a leggere i giornali di questi giorni. Vedremo il prossimo ‘premio’.

L’entroterra imperiese langue, si spopola,  si spegne;  resta sulle spalle di sindaci e di una schiera di volenterosi (Pro Loco), di alcuni coraggiosi piccoli imprenditori (tra gli esempi vedi l’azienda Il Castagno).   Al vertice delle responsabilità troppi amministratori pubblici, professionisti della politica sull’esempio della disastrata Italia. Ebbene toccava ai consiglieri provinciali, regionali dell’imperiese, ai strapagati parlamentari, imprimere una svolta capace di invertire la rotta. Non ci vogliono dei geni. Basterebbe seguire esempi che troviamo in Alto Adige o in altri paesi europei a democrazia vera e compiuta. Persino sui Pirenei (Francia e Spagna).

La fascia costiera da decenni è sottoposta ad un forsennato sviluppo edilizio, urbanistico, immobiliare, commerciale. Si è cementizzato, devastato il sottosuolo, la fertile pianura, la prima collina, squalificato il turismo di qualità. In un crescendo continuo alla stregua di esercito affamato.  Ci sono anche nomi che fanno parte del ‘circolo dei poteri’ più o meno invisibili dell’imperiese. Alcuni sono in disgrazia e devono rendere conto alla giustizia,  o ‘giustiziati’ sui giornali. Ma l’impalcatura continua a reggere. Si è solo arenata. Non ci sono veri segnali di rinnovamento, restano sulla scena troppo ‘remagi’ che in altri Paesi  sarebbero a riposo da lunga data.

La resurrezione dell’entroterra e a questo punto diciamo l’intero entroterra ligure, dovrebbe iniziare con la presa di coscienza che sulla fascia costiera non si debba più intaccare altre aree scampate al cemento, all’asfalto. Qui dopo aver triturato senza risparmi – si sono salvati per fortuna alcuni convinti ed aree circostanti in centro, le zone di rispetto cimiteriale – gli insediamenti a gruviera, trasformato ville e stabili, alberghi, magazzini, in mono e bilocali, si è passati all’assalto con mansarde, con tanto di legge regionale permissiva, infine  si è cominciato a divorare il sottosuolo con garage e box a tappeto.

Ma non sarebbe logico, urbanisticamente, socialmente, economicamente più producente, se volete più cristiano visto l’affluenza alle processioni in sfilata, fare in modo che sia ora l’entroterra a beneficiare di investimenti, di vera rinascita. Non è stravagante ritenere che  il fabbisogno di case, l’interesse ad investire, bloccata l’ingorda e mai sazia Riviera, comincino a raccogliere benefici le varie vallate. Con paesi che per molti mesi all’anno sono praticamente deserti. Case vuote (esempio, Borghetto D’Arroscia), abbandonate (Mendatica) e a rischio crollo. In qualche località, borgata sono arrivati gli extracomunitari. A Pieve di Teco ci sono classi elementari dove gli stranieri superano i pievesi.

E’ evidente che più si avvicina lo sviluppo residenziale alla montagna, pur col tempo necessario, e maggiore sarà il circolo virtuoso in termini economici.

Da un personaggio come Sappa ci saremmo aspettati una decisa sterzata, non solo un colpo d’ala, per il rilancio non effimero – e non basato su spot per sagre, feste e manifestazioni, singole giornate di folla – del nostro martoriato entroterra. Lui politico ed amministratore pubblico con esperienza e navigato, al culmine della carriera  e della saggezza conquistata sul campo, avrebbe dovuto dare un ultimatum per primo: o lanciamo  subito (cioè da ieri) l’entroterra o me ne vado e lascio la politica.  Anzi, andrò direttamente a risvegliare il nostro entroterra. Non è un professionista della politica alla Vaccarezza (Savona), in sella da 27 anni e senza un lavoro; Sappa ha sempre svolto una professione. Invece l’ultimatum, richiesta una cabina di regia da vecchia politica del Belpaese, l’hanno dato quelli del gruppo ‘Uniti’. Suonando il trombone. La gran cassa. E già all’opera per le prossime regionali, e pare facciano la gran corte ad uno dei due Claudio, ovvero Burlando. L’altra Claudio non si rassegna.  I due Claudio riusciranno a rifare il ‘patto segreto’, ma non troppo?

Magari qualcuno di loro (Uniti) era assiduo alle processioni e dava man forte ai portatori di statue. Fingendo di dimenticare lo spettacolo desolante di una popolazione frustrata da decenni di promesse. Ripetiamo tra inganni, orchestre e orchestrine delle illusioni. Giornalisti pennivendoli inclusi. Ci avete già fatto sognare troppo. Adesso basta!

L. Cor.

Leggi articolo de Il Secolo XIX sulle dimissioni del presidente Sappa 


L.Corrado

L.Corrado

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