Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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ELEZIONI 2013: un forte astensionismo cambierà l’agenda politica? Caso Liguria


ELEZIONI 2013: CHISSA’ SE UN FORTE ASTENSIONISMO RIUSCIRA’A CAMBIARE L’AGENDA POLITICA ITALIANA? E LA LIGURIA? E ANCORA, DOPO GLI ARRESTI A FINMECCANICA, LE TANGENTI COME FILOSOFIA NAZIONALE 

“E’ probabile e anche sperabile che avremo un Parlamento breve, nato morto”.

Scrive così il prof. Giovanni Sartori padre della scienza politica in Italia, nel suo editoriale pubblicato dal “Corriere della Sera” lunedì 11 Febbraio : un vero e proprio “grido” pieno di pessimismo (del resto il titolo dell’articolo appariva già molto indicativo: “Le bugie elettorali con le gambe corte”.)

Come fa rilevare, però e purtroppo, un altro luminare come il prof. Franco Cordero, dalle colonne di “Repubblica”, sarà questo Parlamento a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, in un clima di vera e propria “follia presidenzialista” che, nel caso di una conferma a tempo dell’attuale Capo dello Stato, si troverebbe esaltata nel prosieguo di una prassi derivante da una “Costituzione materiale” mai formalizzata in alcuna sede.

La campagna elettorale in corso non appare soltanto brutta e noiosa, come segnalano la gran parte degli osservatori, ma anche pericolosa per la democrazia : tolti di mezzo, salvo accenni al tema delle tasse (quindi portafoglio e pancia), i contenuti, tutto il gioco appare incentrato sul balletto delle alleanze, in nome del ricatto di una costruzione di presunta “governabilità” che in altro non può essere tradotta che nella conservazione dei privilegi e dell’auto-referenzialità del ceto politico (diamo un’occhiata, per favore, a come sono state composte le liste, a partire da quelle dei pericolosi estremisti Vendola e Ingroia: da un lato privilegio del “cerchio magico”, dall’altro bilancino per garantire funzionari e procacciatori di voti).

Una campagna elettorale giocata esclusivamente in TV (come ha fatto notare, facendo autocritica, Ilvo Diamanti) da poche persone, magari rinchiuse in teatri le cui poltrone di platea sono occupate esclusivamente dalla “claque” (la schiera di giovani reclutata per l’ultimo comizio di Monti a Milano, osservata bene, suscita davvero impressione per la banalità anche estetica con la quale questi giovani sono stati scelti a interpretare una vera e propria recita a soggetto).

Poche persone rinchiuse – probabilmente – nella gabbia dell’incapacità complessiva di riuscire a portare il dibattito sul tema delle “finalità”, degli obiettivi di fondo, del come rapportarsi davvero a quelli che dovrebbero essere gli “universali della politica” : rischio di recuperare l’ideologia? Magari!!

Se pensiamo che al centro di questa campagna elettorale, in un quadro modificato da bipolare a multipartitico, ci sta sempre e comunque il solito soggetto con l’usato repertorio, davvero non rimane altro che domandarsi qual è il livello culturale – politico di questa classe dirigente, creata vent’anni fa dall’affermazione (diabolica) della logica del “maggioritario”.

L’unico che sta tentando la via di un rapporto con il territorio è Grillo che, oltre ad aver compreso che i temi del “leghismo” fanno ancora presa specie laddove la Lega Nord appare più incredibile per via delle recenti vicende, è anche lui solo, costretto – ovviamente- a una stucchevole ripetitività e, mi permetto di aggiungere, in una dimensione da “Capo che parla direttamente alle masse” che sta diventando inquietante.

Eppure, se si fosse tentato di ritrovare il coraggio della verità, gli argomenti non sarebbero mancati:

Il primo, naturalmente, quello della legge elettorale, al riguardo della quale nessuno ha presentato proposte precise, che avrebbero dovuto essere accompagnate da proposte riguardanti il finanziamento della politica: un tema questo delicatissimo perché lorsignori che fanno i comizi tendono a dimenticare Lusi e Fiorito (tanto per far due esempi bipartisan, non dimenticando il gruppo IDV alla Regione Liguria) ma elettrici ed elettori dimostreranno in questo di avere sicuramente la memoria lunga. L’unica proposta che arriva, in questo campo, è quella – davvero demagogica – della riduzione del numero dei parlamentari. Proposta demagogica e fuorviante rispetto al tema della rappresentatività democratica che, in questo caso, risulterebbe ancor più fortemente a rischio, ma che appare eclatante e facile da formulare.

In secondo luogo il tema dell’Europa: elettrici ed elettori hanno vissuto sulla loro pelle, in quest’ultimo periodo, il peso della cosiddetta “Europa delle banche” derivante da quello che è stato definito un vero e proprio “deficit democratico”. Nel corso della campagna elettorale il dibattito, però, verte esclusivamente sul come applicare al meglio i dettami liberisti di “questa Europa”, oppure qualcuno si limita a sognare i bei tempi nei quali si poteva “stampare” (moneta ovviamente: per i miliardari l’inflazione a due cifre, abolita la scala mobile, non rappresenta sicuramente un problema).

Il terzo tema sarebbe stato quello di una grande “operazione di verità” intorno allo scandalo MPS e al gravissimo processo di finanziarizzazione dell’economia, che sta all’origine della crisi e della disperazione di tanti, giovani e meno giovani, fino al punto di trascinare una serie impressionante di suicidi per perdita del lavoro e della propria dignità.

Lo scandalo MPS ha fornito occasione per un’inaccettabile sequela di dichiarazioni di stampo cominternista, rilasciate sia da parte di esponenti del mondo bancario (incredibili Draghi e Visco, quest’ultimo capace anche di chiedere più poteri per la Banca d’Italia: ovviamente da concedere considerata la brillantissima prova fornita anche questa volta, dopo i precedenti exploit dell’ex-governatore Fazio) sia del ceto politico: nella fattispecie dal PD che, per negare tutto, naturalmente impedisce di distinguere i diversi livelli di responsabilità, pure presenti anche in altre parti politiche.

L’occasione sarebbe stata (ma siatene certi, non sarà) preziosa per aprire davvero il discorso sulla corruzione in questo Paese: non nella forma esclusivamente penale come vorrebbe qualcuno, ma nella sua forma più specificatamente e proprio “politica”, di corruzione che non solo ha sperperato le più preziose risorse del nostro Paese, ma ha anche inquinato nel profondo le coscienze, le sensibilità culturali e di consapevolezza democratica a livello di massa.

Invece, non affrontando questi temi (e altri) con il linguaggio della verità, la campagna elettorale è andata avanti seguendo il solito schema con una perseveranza quasi “sacchiana”: ci sarà il sorpasso? Ci sarà l’accordo PD-Monti dopo le elezioni e, in questo caso, che fine farà Vendola? Sinceramente dilemmi non solo poco appassionanti ma, come ho cercato di far rilevare, soprattutto distorcenti dalla realtà.

Quale effetto potrà avere, alla fine, sul voto, questo stato di cose?

L’obiettivo dovrebbe essere quello, da parte delle elettrici e degli elettori più consapevoli, di riuscire a spostare, almeno parzialmente, l’agenda politica.

In verità di soggetti partecipanti alla tenzone in grado di sviluppare, partendo da un’opposizione consapevole della propria autonomia di progetto e delle esigenze di fondo della società, in particolare di quelle sue parti ricondotte brutalmente in una dimensione di “classe” da parte della gestione della crisi da parte dei padroni, non mi pare di intravederne.

Rivolgo a tutte e a tutti un mio interrogativo: non sia mai che un’astensione molto elevata (diciamo tra non voto, bianche e nulle vicina al 30%) e l’evidente deficit di rappresentatività di un parlamento eletto con questa legge elettorale, potrebbe risultare decisiva per far sviluppare un primo spunto di riflessione perché, modificate alcune regole del gioco nel senso del favorire l’ampliamento di possibilità dello “agire politico” si arrivi alla soluzione auspicata dal prof. Sartori, allo scopo di riavviare un discorso che, nel breve periodo, non potrà che essere di transizione (e per una ,almeno embrionale, ripresa di presenza di una sinistra autonoma d’alternativa un primo banco di prova)?

Franco Astengo

L’ARRESTO DEL PRESIDENTE DI FINMECCANICA: LE TANGENTI COME FILOSOFIA AZIENDALE

Le tangenti come “filosofia aziendale”: questo giudizio emerge dal procedere delle indagini che hanno portato all’arresto di Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica, il più importante gruppo industriale pubblico.

Si rileva un quadro davvero problematico che solleva, ancora una volta, il tema dell’intreccio tra questione morale e questione politica.

I rappresentanti dei partiti e delle coalizioni impegnati nella campagna elettorale non hanno parlato di questo intreccio, micidiale per le sorti della nostra economia: una situazione ormai strutturale, ben più grave di quella registrata al tempo di Tangentopoli anche perché si collega, inevitabilmente, alla questione morale riguardante il sistema dei partiti e il loro finanziamento, causando danni gravissimi anche, e soprattutto, sul piano del discredito delle istituzioni e dell’intervento pubblico.

La campagna elettorale avrebbe potuto essere un’occasione sarebbe preziosa (come c’è già capitato di scrivere in questi giorni, ma mai come in questo caso si può affermare: repetita juvant) per aprire davvero il discorso sulla corruzione in questo Paese: non nella forma esclusivamente penale come vorrebbe qualcuno, ma nella sua forma più specificatamente e proprio “politica”, di corruzione che non solo ha sperperato le più preziose risorse del nostro Paese, ma ha anche inquinato nel profondo le coscienze, le sensibilità culturali e di consapevolezza democratica a livello di massa.

Invece, non affrontando questi temi (e altri) con il linguaggio della verità, la campagna elettorale è andata avanti seguendo il solito schema con una perseveranza quasi “sacchiana”: ci sarà il sorpasso? Ci sarà l’accordo PD-Monti dopo le elezioni e, in questo caso, che fine farà Vendola? Sinceramente dilemmi non solo poco appassionanti ma soprattutto distorcenti dalla realtà.

L’arresto di Orsi ripropone il tema con grande evidenza, sottolineando come la qualità complessiva del management pubblico sia davvero d’infimo ordine proprio sotto l’aspetto etico, ma anche al riguardo dell’operatività (non faccio l’elenco: dalla P4, che aveva sede se non ricordo male al Provveditorato Generale delle Opere Pubbliche, alla Protezione Civile tanto per fare soltanto due esempi tra gli ultimi).

Così, ma è un vecchio discorso, si apre la strada alle privatizzazioni selvagge e alla sparizione d’interi settori produttivi (si pensi all’Ansaldo Energia) com’è stato, nel passato, a causa delle stesse ragioni della chimica e dell’agroalimentare.

Pensiamo, almeno per un momento, alle centinaia di migliaia di operaie e operai che hanno visto sfumare il loro posto di lavoro proprio a causa degli effetti del vortice di corruzione che ha distrutto la realtà industriale italiana.

Occorre una proposta politica credibile che spazzi via questo stato di cose proponendo un diverso meccanismo di nomine ma, soprattutto, avanzando una proposta di programmazione pubblica dell’economia articolata in piani di settore, partendo da lì, da quel punto, per fronteggiare la crisi e recuperare l’idea di una politica industriale in questo Paese.

Politica Industriale distrutta e mortificata proprio dalla pratica tangentizia, ma che va riproposta proprio nei termini della regia pubblica, sfidando l’idea che si trattati di una proposta obsoleta, fuori dal tempo che, invece, potrebbe – al paio di quella della pubblicizzazione delle banche – apparire come il simbolo di una moderna sinistra d’alternativa.

Franco Astengo


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F.Astengo

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