La famiglia di imprenditori Fotia (Savona-Vado) risponde colpo su colpo in sede penale, civile, amministrativa. Dopo l’ultima pronuncia del Tar sulla Scavo-ter S.r.l, un comunicato stampa: “Il Tar ha fatto il suo lavoro, ma chiede alla prefettura di rivedere la sua posizione alla luce della sentenza del tribunale di Savona (13 agosto 2012) che ha respinto l’istanza di sequestro di beni”. E ora sul tema rapporti mafia-pubblica amministrazioni-politica e sospette infiltrazioni, il clamoroso verdetto del Consiglio di Stato sul Comune di Bordighera. Fissa i paletti della legittimità. Quali sono?
Nel comunicato Scavo-ter, indirizzato agli organi di informazione, si dice tra l’altro “Il Gruppo Fotia attende il responso della prefettura, dopo la decisione del tribunale, affinchè provveda a rivedere la decisione interdittiva in materia antimafia del 21 giugno 2012….per dimostrare non solo l’assoluta estraneità a qualsiavoglia attività illecita in sede di acquisizione e realizzazione di commesse pubbliche e di appalti di fronte allo spregevole tentativo di diffamare il lavoro di dirigenti e maestranze, al fine abietto di favorire la concorrenza sleale e ricavare vantaggi”.
Insomma i Fotia (iscritti all’Unione Industriale della Provincia di Savona, settore edile) non sono più disposti – vedi tutte le battaglie e citazioni legali intraprese anche nei confronti di blog, web, siti internet, giornali – ad essere ‘iscritti’ come un’azienda ed una famiglia che sulla base di semplici sospetti, abbia ‘ contiguità mafiose’.
Ad esempio, nel caso specifico della Scavo-ter e del provvedimento del Tar non c’è dubbio che è intervenuto un fatto nuovo importante. Il no dei giudici del tribunale penale (in sessione collegiale) ad una misura chiesta dalla Dia (Direzione distrettuale antimafia) ed un’ulteriore memoria presentata dall’Avvocatura dello Stato. Ci sono in ballo da una parte posti di lavoro, dall’altra l’assegnazione di commesse pubbliche, il lamentato danno gravissimo di immagine e credibilità sul mercato degli appalti, nei rapporti con gli istituti di credito. La cessione di linee di credito nell’ordine di decine di milioni. Il destino, insomma, di un’azienda tra le più importanti della provincia e la maggiore nel settore del movimento terra.
Il discorso sintetizzato in parole povere è semplice. Se esistono elementi concreti, di certezza, sentenze che provano l’esistenza di un ‘filo rosso mafioso’ è un conto, se invece si colpisce un’azienda, una famiglia di origine calabrese in questo caso, esclusivamente sulla base di rapporti investigativi, allora non siamo più in uno stato di diritto. Con tutto ciò che comporta e impone in una società democratica, ma di facile arbitrio.
La svolta, di conseguenza, può arrivare solo da sentenze che sanciscano la verità giudiziaria. E’ quanto chiedono a gran voce i Fotia.
Per una storia assai diversa, ma pur sempre a sfondo mafioso, è quanto reclamava l’ex sindaco di Bordighera, Giovanni Bosio, dopo lo scioglimento del consiglio comunale nel novembre 2011. Ora è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato. Conterrà pure una clamorosa svista – come hanno fatto notare diversi articoli di giornale – sulla recente condanna (peraltro non passata in giudicato) di alcuni pregiudicati calabresi. Sta di fatto che emergono dal responso del massimo organo della giustizia amministrativa aspetti chiave ai quali si dovrebbero attenere i giudici chiamati a pronunciarsi su casi di sospette “infiltrazioni mafiose”.
Serve soprattutto a fare chiarezza, in un momento in cui la Liguria è al centro di diverse inchieste scottanti sulla criminalità organizzata (‘ndragheta soprattutto) ed i rapporti con la politica-affari-voto di scambio. Così come accade in altre regioni italiane, non solo del Sud. Vedi recenti casi in Lombardia, con arresti clamorosi di insospettabili.
Quali sono le linee guida indicate dal Consiglio di Stato? Singoli casi di intimidazione – e in provincia di Savona finora questo filone non pare sia emerso – o anche di condizionamento, pur se accertati, non sono sufficienti a sciogliere un Comune per infiltrazioni mafiose, perché la volontà elettorale può essere superata solo con elementi più forti.
Un episodio di omesso controllo sull’affidabilità morale in un appalto deve produrre una sanzione nei confronti del funzionario responsabile, ma non segnala da solo una ‘scorretta gestione di risorse pubbliche con vantaggio per la criminalità organizzata’.
Su queste basi, il Consiglio di Stato ha annullato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Bordighera con i suoi 11 mila abitanti. Il provvedimento fu firmato dall’allora ministro degli interni, attuale segretario della Lega Nord, Roberto Maroni ed aveva superato l’esame del Tar che respinse il ricorso del sindaco.
Altro elemento che merita attenzione, messo in luce da alcuni osservatori. La sentenza del Consiglio di Stato non smentisce la presenza ‘ndrangheta sul territorio del ponente e la sua ombra sulla politica (lo stesso sindaco Bosio del Pdl è indagato per voto di scambio in attesa, occorre ribadirlo, di una sentenza). Ha un rilievo che supera il caso specifico del Comune ligure, soprattutto nella parte in cui illustra le caratteristiche degli elementi che possono fondare la decisione di scioglimento.
Proprio per tutelare al massimo la volontà elettorale, la norma sullo scioglimento per mafia era stata riformata nel 2009 stabilendo che i presupposti vadano individuati in “elementi concreti, univoci e rilevanti“.
La pronuncia declina queste caratteristiche, spiegando che gli elementi di infiltrazione devono essere “assistiti da un obiettivo e documentato accertamento della loro realtà storica” (concreti), sicuramente rivolti a modificare i processi di decisione (univoci) e pesanti a tal punto da “compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale” (rilevanti).
Se il quadro non è così delineato lo scioglimento è illegittimo.
La sentenza integrale del Tar Liguria sulla Scavoter di Vado Ligure della famiglia Fotia.
Il Comunicato stampa della Scavo-ter Srl del 12 gennaio 2013