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Liguria e Basso Piemonte

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Savona madre del ‘118’, orfani di un progetto regionale di emergenza


Tagli alla Sanità, notizie allarmanti sulla riduzione delle prestazioni, liste d’attese da terzo mondo, sul dramma in cui si dibattono centinaia di cittadini. C’è un tema che non dovrebbe mancare nell’agenda delle priorità. L’organizzazione dell’emergenza, l’automedicale, i corsi di formazione del personale addetto.  Un tempo a Savona arrivano da tutta Italia per ‘imparare’. Oggi quel patrimonio avviato nei primi anni ’90 viene di fatto dimenticato, ignorato. Per quale ragione? Una riflessione per iniziare. Lo zampino della politica, dell’assessore regionale competente, non tiene in dovuto conto che la Regione Liguria ha personaggi come il dr. Franco Bermano ed il collega Salvatore Esposito che hanno creato, tra i primi in Italia, con altri colleghi, la cultura del ‘pronto soccorso’, ovvero salvare una vita umana di fronte ad un’emergenza. C’è chi propone di affidare a loro maggiori poteri strategici e decisionali, sottraendoli alle scelte del politico di turno al timone dell’assessorato.

Il nodo centrale è l’emergenza. Savona, Pietra Ligure, un pronto soccorso all’avanguardia? Domanda: ma cosa può accadere ad un cittadino che abiti a Urbe, a Sassello o in un altro centro non facilmente raggiungibile, in casi cosiddetti gravi, dove i minuti possono salvare la vita? C’è il ruolo fondamentale del ‘118’. L’automedicale, il medico, l’infermiere, il defibrillatore. Chi legge le cronache assai copiose e certosine da alcuni mesi a questa parte, sulla corsa alla riduzione delle spese nelle Asl, negli ospedali, nelle strutture sanitarie, resta deluso constatare che da parte dell’assessore regionale (Claudio Montaldo) manca il pilastro, il faro  dell’organizzazione dell’emergenza.  E’ probabile che il big non abbia mai mai letto o approfondito il progetto del 1991 dei medici savonesi nell’ambito del pronto soccorso. Erano anche gli anni di ottimi medici come Vanara, Selis e tanti altri.

Quel progetto dava grande importanza e priorità alla tutela della vita, in modo concreto. Si partiva dal presupposto che laddove era difficile fare riferimento ad un pronto soccorso ospedaliero, in tempi brevi,  esisteva un presidio  con automedicale durante le ore diurne e specializzato nell’emergenza. Si organizzavano corsi di specializzazione.  Oggi tutto questo è venuto meno.

Allargando il discorso, si può sostenere che il progetto dell’emergenza regionale, di fondamentale importanza, deve essere affidato ai medici competenti e sottratto ai politici. A quei camici bianchi che hanno dimostrato esperienza, preparazione, capacità operative ed organizzative. E qui riproponiamo, sperando di non essere fraintesi, personaggi della levatura di Bermano ed Esposito.  Si dia a loro l’incarico di riorganizzare l’emergenza non solo nel savonese, ma nell’intera regione, senza perdere altro tempo.  Ci sono aree ad alto rischio, ci sono aree dove è più facile morire per ritardi e carenze organizzative.  Dove l’aumento di automedicali non è un lusso, un’esigenza salvavita fondamentale.

Da anni ormai si sta tamponando, si sta rincorrendo questo o quel disagio che finisce per far clamore solo se scoppia il ‘caso’ e poi tutto torna nel dimenticatoio.  E non è, a detta di chi nel passato ha retto con buoni risultati il settore Sanità, un progetto esorbitante, costoso, ma parte dall’urgenza di fare formazione dell’emergenza sul territorio. L’Asl riprenda questa strada, con medici ed infermieri, come accadeva dagli anni ’90 in poi.

Il progetto emergenza fece scuola in Italia, con esordio proprio a Savona nel 1991. L’idea di un coordinamento attraverso il 118, tra vigili del fuoco e pronto soccorso.  Cosa è rimasto? Era stata un’innovazione ed un modello citati in molti convegni. In Francia, in Germania, in Austria, in Svizzera, chiamavano i medici esperti di Savona a parlare  di quel progetto all’avanguardia, della sua filiera organizzativa. Efficienza e costi contenuti.

Un ultima annotazione ancora in chiave Savona. Sembrano sparite, inesistenti le associazioni a tutela dei diritti del malato. Un tempo erano due, molto attive, presenti, efficaci, temute. Erano interlocutori importanti per chi era al vertice delle Usl, poi Asl.  Ora si avverte l’assenza, il vuoto. E’ un peccato, un danno, una pesante carenza.

Ci saranno pure regioni d’Italia che stanno peggio (sotto ogni aspetto della Liguria), però non può essere di consolazione al fatto di una realtà ligure dove le fughe di pazienti verso altre regioni più ‘attrezzate’  sono all’ordine del giorno. Per i cosiddetti ricoveri-interventi  d’elezione molti cittadini, appartenenti soprattutto a certe classi sociali, lasciano la Liguria. A tutti però sarebbe utili ricordare: se un giorno si trovassero ad affrontare l’emergenza immediata quali sarebbero le conseguenze?  I presidi locali sono insostituibili e se non funzionamo al meglio si mette a repentaglio la vita.

Non c’è solo il capitolo dei debiti arretrati anche per l’emigrazione sanitaria. Dimenticando magari le vere cause che la determinano. Le scelte, spesso incomprensibili, dell’assessorato regionale. La politica faccia un passo indietro e dia la possibilità ai medici capaci di lavorare con scienza e coscienza.


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