La notizia è passata a quanto pare inosservata. La Tui (colosso tedesco e leader di vacanze nel mondo) lascia il ‘mercato’ del Piemonte. L’annuncio dalle colonne de Il Sole 24 Ore del 31 agosto scorso e al quale non è seguita alcuna presa di posizione. Circostanza abbastanza anomala. Con inevitabili interrogativi. Il fatto. A tutta pagina il giornale di Confindustria titolava “Settembre attenua il crollo del turismo” (in Italia). Per il Piemonte un’allarmante dichiarazione di Mally Mamberto, presidente del Consorzio incoming Italia e tra le più qualificate operatrici turistiche del Bel Paese, oltre che liguri.
Dichiarava il 31 agosto a Caterina Ruggi d’Aragona che ha scritto il documentato servizio sui dati dell’estate 2012: “In un panorama a macchia di Leopardo, colpisce la decisione della Tui di non programmare più il Piemonte dopo il meno 20 % a settembre 2012 ed il – 20 per cento di tedeschi anche in Toscana, provocato da una politica inappropriata di prezzi (dalle tasse di soggiorno all’ingresso nelle chiese…”.
Più in generale il giudizio della Mamberto, sempre dalle colonne del giornale di Confindustria, ricordava: “Di fronte alla drammatica flessione del mercato italiano (-30 %), ad evitare il disastro è la crescita di quello russo (più 10%) e tedesco ( + 5 per cento)…”.
La determinazione della Tui le cui credenziali di forza, managerialità ed strategie di successo non hanno certo bisogno di nuovi attestati, dovrebbe rappresentare motivo di preoccupazione. Cosa significa in termini reali l’abbandono di una Regione come il Piemonte e delle sue potenzialità? Quale impatto anche sul fronte dell’immagine e del prestigio? Non conosciamo dati e statistiche (Tui) in merito al Piemonte. Sarebbe utile sapere e capire qualcosa di più, a meno che la mancanza di qualsiasi reazione (almeno per quanto emerge da internet e dai web on line) che lascia quantomeno perplessi, sia dovuta ad un ripensamento o ad un improbabile malinteso. O ancora auspicato ripensamento.