Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

Settimanale d’informazione senza pubblicità, indipendente e non a scopo di lucro Tel. 350.1018572 blog@trucioli.it

Commento/Incendi boschivi, più che il dolo è la stupidità taciuta dai mass media


Ogni nuova estate ricomincia il rito dei boschi in fumo e ricomincia il gioco del dubbio: sarà autocombustione, sarà doloso o sarà una sigaretta? Nel passato di solito prevaleva la prima tesi. Ora, da un po’ di anni, prevale la seconda. E la sigaretta resta sempre lì, come fosse una ruota di scorta. Prendendosela quindi sostanzialmente con la fatalità, salvo il caso di dolo conclamato e dimostrato, e diffondendo un insopportabile senso di impotenza di fronte a un fatto grave che, secondo ogni probabilità dipende solo da noi esseri umani.

Ma il fuoco nei boschi è davvero un grosso problema ambientale, a confronto del quale il ripetuto sug­gerimento di sostituire le lam­pa­dine a incandescenza con quelle a basso consumo, che costano il qua­druplo e danno sicuri vantaggi soprattutto a che le produce sembra davvero una banalità. E non sa­rebbe male che qualcuno fornisse dati scientifici per far capire a tutti quante lampadine valga un bosco bruciato in termini di emissione di CO2, di polveri sottili, di vite animali arrostite e di orrori vari. O a quanti chilometri quadrati di pannelli solari corrisponda, in termini di energia sprecata solo per produrre anidride carbonica. Perché l’ani­dride carbonica è tale indipendentemente da dove viene. Con la differenza che quando è dovuta a un impianto industriale o alle automobili o agli impianti di riscaldamento, per lo meno è la conseguenza negativa di un qualcosa di utile. Mentre, quando è dovuto all’incendio di un bosco, è solo un puro spreco, sottoprodotto dell’incoscienza.

Ed è qui il punto: perché, quando si parla di incoscienza, se la causa non è la sigaretta, resta solo il falò. E, secondo noi, proprio il falò è il primo responsabile degli incendi. Perché la sigaretta è una piccola brace, e non è facile trasformarla in fiam­ma. Mentre, per mandare un falò fuori controllo, basta un po’ di vento improvviso. Ed è difficile credere che chi accende un falò si preoccupi di farlo a distanza di sicurezza dal bo­sco, che si preoccupi di portare con sé un estintore o di avere a portata di mano una manichetta d’acqua. Personalmente ho assistito qualche anno fa ad un fatto del genere, dove il falò non è diventato incendio solo perché c’era proprio la manichetta dell’acqua aperta a portata di mano. E il vento diffondeva il fuoco in un lampo. Sarebbe bastato un nulla, per renderlo incontrollabile.

Dunque, il maggior responsabile degli incendi boschivi – lasciando perdere l’autocombu­stione a cui non crede più nessuno – non è il dolo ma è la stupidità.

Perché il falò serve al picnic ma non solo. Perché l’idea che rami, arbusti, sterpi e tutto ciò che fa disordine vada eliminato brucian­dolo è così radicato nelle nostre tra­dizioni da far parte del nostro DNA. Perché nessuno, che abbia un campo oppure un bosco, con­sidera ragionevole portare questi materiali a una discarica. Perché il costo del trasporto e quello della discarica ven­gono considerati alla stregua di tasse non tollerabili. Perché ognuno pensa di avere il diritto, in casa sua, di bruciare ciò che vuole senza chiedere permessi e senza ren­dere conto a nessuno. E perché nessuno gli impone, al minimo, che costruisca un focolare fatto in modo tale da poter bruciare ciò che vuole in sicurezza. E non solo in Italia. Se qualcuno non ci crede, provi a viaggiare in una zona boschiva e provi guardarsi in giro in qualunque momento, d’estate come d’inverno: e vedrà fumi dappertutto. E ogni fumo significa fuoco. E ogni fuoco significa potenziale pericolo.

E l’estate? Perché più d’estate che d’inverno? Elementare: per almeno due ragioni. La prima è che d’estate c’è molta più gente in giro ad accendere falò per mille ragioni, col risultato di moltiplicare il rischio. Perché un fuoco è tale indipendentemente dal suo scopo e dal suo uso. La seconda è il secco: perché col secco il fuoco si diffonde più facilmente che con la pioggia. E d’estate la pioggia si asciuga più presto che d’inverno.

Qualche anno fa, in Liguria, un politico affermò che ormai, con l’era dei satelliti, gli incendi boschivi non sono più un pericolo perché i satelliti li vedono subito, quando iniziano, e così possono essere fermati prima che divampino. Tra­scurava che, una volta visti, i fumi vanno interpretati. Perché il fumo all’i­nizio non significa incendio ma falò: ossia, proprio ciò che abbiamo documentato.

E, in ogni caso, gli incendi vanno raggiunti: ma per raggiungerli possono volerci ore.

Allora, che fare?

Prima di tutto vietare qualunque tipo di fuoco; poi sensibilizzare la popolazione e sanzionare pesantemente chi li accende. Trovare e imporre modi meno idioti per bruciare gli sterpi. Fare in modo da individuare immediatamente ogni fuoco e spegnerlo prima che sia troppo tardi.

Può darsi che questo significhi più sorveglianza, più fatica e più costo. Ma, per quanto tutto ciò possa costare, sarà sempre infinitamente meno caro e meno dannoso che continuare a subire gli incendi boschivi, come cosa inevitabile e con tutte le loro conseguenze.

Questo articolo è stato scritto nel 2007, è stato inviato a molti giornali importanti e nessuno l’ha pubblicato.

Poi ne ho parlato con un comandante della Forestale: mi ha detto che sì, in linea di massima ho ragione, ma impedire alla gente di accendere fuochi nei boschi non è possibile.

Un paio d’anni fa, durante un incendio sui monti di Genova, il sindaco apparve in televisione. E, mentre era lì, diceva: “vedete, oltre l’incendio principale, ora se ne sta sviluppando uno laggiù e poi un altro laggiù: ecco la conferma che ci sono chissà quanti piromani”. Non le venne neppure in mente che gli altri incendi, appena iniziati, potevano essere causati da frasche incendiate trasportate dal vento. E che i piromani, semplicemente, non esistessero.

Oggi 22 agosto 2012, sul “Corriere della Sera” a pag. 22 c’è un articolo che titola “Arrestato il piromane del bosco in cui ha perso la vita un operaio. Sotto accusa per il rogo mortale: è il proprietario del terreno”.  Ma poi nel testo si legge che “dopo una rapida indagine, gli agenti sono risaliti al sessantenne proprietario di un terreno attiguo al bosco. Secondo una prima ricostruzione, l’autotrasportatore avrebbe bruciato del fogliame nel suo campo e il vento ha propagato il rogo agli alberi. L’imperdonabile leggerezza ha provocato un’altra tragedia come quelle accadute all’inizio d’agosto nel Bolognese e vicino Parma, dove a morire furono due pensionati che avevano acceso delle sterpaglie”. Dunque, perché titolare “arrestato il piromane”? Almeno queste tre persone non sono piromani: sono solo degli sciocchi che hanno agito con leggerezza, proprio come scrive il Corriere. Poi, in situazioni del genere, non c’è dubbio che si scatenino anche dei piromani, magari solo per imitazione come accadde con gli idioti criminali che uccisero una persona gettando un sasso da un cavalcavia autostradale sulle auto di passaggio, e poi trovarono tanti emuli che fu necessario numerare i cavalcavia e provvederli di reti anti-cretino.

Dunque ho provato a riproporre il mio articolo originale con questo piccolo cappello e con due considerazioni, una di ordine generale, una di ordine moralistico e una di ordine pratico. La prima è che l’unico modo per mettere fine a certi incidenti sta nel trovarne la causa vera e nell’additarla a un pubblico più vasto possibile: nel caso degli incendi boschivi, finché non si capirà il pericolo di un comportamento irresponsabile e finché si continuerà a prendersela con presunti e inesistenti piromani non si combinerà nulla di buono. Il secondo è che i media – dunque anche i giornali – dovrebbero avere il compito principale di diffondere le notizie per contribuire alla qualità della nostra vita: finché preferiranno fare titoli falsi moralistici, non serviranno a nulla. Il terzo mi fa venire in mente la volta in cui andai all’assemblea di Intesa San Paolo per capire qualcosa del debito pubblico italiano e ne ebbi, dall’allora amministratore delegato, una risposta sfuggente e deludente: accadde tre anni fa, io che non conto nulla mi preoccupavo e quelli che contano tanto e fanno politica non se ne curavano. E allora conclusi nel modo in cui desidero concludere il mio articolo sugli incendi boschivi: se sono un problema serio, allora davvero non capisco perché non si faccia nulla di serio per combatterli e ne concludo con un giudizio estremamente negativo su chi potrebbe far qualcosa (media compresi) ma non lo fa. Se invece non sono un problema serio, allora vorrei essere lasciato in pace, vorrei che la piantassero di titolare come se fosse serio: e lascerei che ad occuparsene siano gli specialisti, i vigili del fuoco, i Canadair e quant’altro, finché non li hanno spenti tutti.

Filippo Bonfiglietti

 

Le foto sono state scattate in giorni qualunque, sull’autostrada da Albenga a Ventimiglia.

 


Avatar

F.Bonfiglietti

Torna in alto