Michele Salvati ha scritto su Il Corriere della Sera: In un bel libro appena pubblicato, Federico Rampini ricorda un articolo uscito con grande evidenza sul Washington Post l’estate scorsa: It’s the culture, stupid! L’articolo riguarda l’Italia.
Contiene un giudizio sempre più diffuso sulle cause del declino economico italiano, sul blocco più che decennale nella crescita della produttività: sono l’illegalità, la delinquenza, l’evasione fiscale, la corruzione, l’inefficienza pubblica, l’assenza di meritocrazia e, all’origine, uno storico difetto di spirito civico. Tutti caratteri che, tollerati e anzi alimentati dalla politica per troppi anni, hanno ingrippato la macchina dell’economia. Non si tratta di un giudizio originale: letterati e storici l’hanno declinato da secoli in molti modi e hanno puntato il dito verso le cause più diverse: l’assenza di una rivoluzione protestante e il predominio del papato, la soggezione di gran parte del territorio italiano per lunghissimi anni a potenze straniere, e altre ancora.
Più di recente, sociologi e politologi, con metodi empirici moderni, hanno dimostrato che il “capitale sociale” ovvero la presenza di un forte spirito civico è una variabile che ha favorevoli ripercussioni economiche, e la sua assenza assai sfavorevoli, come nel nostro caso. Purtroppo gli studiosi non danno alcun suggerimento su come intervenire in una situazione in cui il capitale sociale, il retaggio storico di atteggiamenti, comportamenti, valutazioni condivise e pratiche diffuse, sono sfavorevoli: come si fa a “cambiare la testa” agli italiani, a trasformarli in finlandesi? Mettiamola sullo scherzo: non possiamo importare una riforma protestante – ammesso che questa sia la causa lontana di un buon capitale sociale oggi – oppure procurare alle regioni che non l’hanno avuto, un Medioevo con una vivace autonomia comunale!
Galli della Loggia dice: <Oggi si ruba perché non c’è nient’altro da fare, perché la politica non riesce a essere e ad animare più nulla>. Già, ma come spiegare allora che in Italia si rubava anche ieri, quando c’erano partiti e valori forti: com’è finita la Prima Repubblica? E come spiegare che in altri Paesi si ruba assai meno anche se gli stessi fenomeni di irrilevanza delle pratiche democratiche, di evanescenza delle grandi ideologie, di concentrazione dei partiti sulla pura conquista delle amministrazioni pubbliche si registrano massicciamente anche da loro? No, purtroppo torniamo daccapo, alla maggiore tolleranza per la corruzione e l’illegalità, al minore spirito civico, che la nostra storia, lontana e recente, ci ha lasciato in eredità.