Quell’anno in Val Bormida e per tutto il circondario si fece un gran parlare del “libro apocrifo del Cayro” più che della “pinacoteca scomparsa” di cui si conoscevano le preziosissime opere in essa conservate, ma nessuno dei cairesi sapeva indicare dove fosse ubicata questa famosa pinacoteca.
Neanche i più anziani si erano mai posto il problema di dove fosse stata realmente questa pinacoteca, solo alcuni discendenti di una famiglia Del Carretto avevano fatto capire che si trattasse di una grande sala sotterranea, non molto distante dal Castello e dal Palazzo Scarampi della torre quadra.
Ai primi di agosto di quell’anno giunsero in Italia alcuni valbormidesi che vivevano a Londra e che ogni anno passavano un periodo con i parenti a Mallare e a Cairo, con il desiderio di trovare il libro apocrifo.
Pare che uno di questi fosse un impiegato del catasto sotterraneo, con gli uffici situati nella torre di Londra [“Cadastre of underground tunnels and walkways throughout Europe”] ed avesse reperito alcune mappe antiche del centro storico di Cairo con alcune indicazioni che potevano aiutare a trovare i locali dell’antica pinacoteca scomparsa.
Questa famosa Pinacoteca era già in voga alla fine del ‘600 e risulterebbe che lo stesso protofisico Pietro Larghero, quello stesso che nel 1623 aveva voluto l’erezione della chiesa campestre dedicata alla Madonna del Bosco, avesse poi fatto dipingere un affresco di grandi dimensioni sulla quale era ritratto il paese di Cairo M. durante l’assedio dei “gallorum et allobrogorum” avvenuto il 2 luglio 1625.
Una copia dell’affresco eseguita su tela di grandi dimensioni fu collocata nel Palazzo Scarampi di piazza Savonarola, e successivamente collocata nella Pinacoteca poi scomparsa. Ne esisterebbe un’altra copia eseguita nel 1787 dal frate cappuccino pittore Anastasio Fontana su richiesta del fratello Matteo Fontana e conservata tuttora dai discendenti.
Dal quadro si vede che non vi era ancora la chiesa di San Lorenzo in quanto venne ampliata e ultimata dopo il 1631, per adempiere al voto solenne, fatto pubblicamente in riunione collettiva, dai cairesi sopravvissuti alla peste.
Bruno Chiarlone