‘Piemonte. Le fonti perdute’. Due dermatologi, docenti, specialisti in idrologia medica, hanno scritto un libro fresco di stampa. Diciamo subito che colma un’ vuoto di memoria’: 108 pagine per ricostruire un tesoro-risorsa del Piemonte dimenticato, tra il 1930-1940. Ben 34 le terme censite, con la presenza di medici, ora inattive, trascurate, trasformate, snaturate rispetto alla vocazione. Non è un escursus all’insegna della critica o della polemica, ma una testimonianza, una esperienza di storia da lasciare ai posteri. Non solo, strumento di riflessione e forse valorizzazione. La prima presentazione degli autori, Gian Carlo Levra e Gian Franco Strani, riservata a Rai 3 Regione. Una trasmissione-intervista, made in Castelnuovo don Bosco (Asti), realizzata sabato 15 aprile. Levra, broncologo e Strani, già primario dermatologo al Mauriziano. Uniti dall’amore, dallo studio, dalla passione della scuola di specialità in idrologia. Sul prossimo numero di trucioli.it, recensione del libro.
La stragrande maggioranza dei cittadini piemontesi, liguri, del Nord Ovest in particolare, conosce, ha letto, delle Terme di Acqui, Lurisia, Valdieri, Garessio, Agliano, Bognanco; sa poco o nulla delle 34 terme attive prima dell’ultima Grande Guerra. Erano 11 in provincia di Alessandria, 4 in provincia di Asti, 6 in quella di Biella, 3 nel cuneese, 5 nel territorio di Verbania, una in quel di Vercelli. La loro ‘riscoperta’ non deriva da una malcelata volontà di promozione per futuri affari. E’ la riproposizione della ‘carta di identità’ delle terme di una regione che non aveva soltanto l’industria dell’auto, in netto declino e smantellamento; che non ha solo il valore aggiunto dei suoi vigneti, di etichette blasonate, delle mondine delle risaie, della pastorizia alpina, delle aree di produzione ortofrutticola; che non attrae unicamente per l’oro nero dei tartufi e per la famiglia più facoltosa e ‘produttiva’ d’Italia (Ferrero), seria, riservata come si conviene ai veri impredntiori. E’ forse il consumismo di tutti al mare, la corsa alla seconda casa sulla Riviera o tutti a sciare, ci hanno fatto dimenticare le ‘acque della salute’ . E diciamolo anche di un volano economico nelle diverse realtà.
In attesa di leggere le pagine del libro dei due illustri e benemeriti scrittori, possiamo anticipare un particolare sulle origini alassine del prof. Strani. La mamma, Teresa, era di Alassio, dove vive una cugina; il papà medico dentista a Pinerolo. Andando a ritroso, si può risalire ad Aicardo Cazulini conte di Arnasco e ai suoi discendenti (1236). La famiglia Cazulini controllò di fatto la Castellania per buona parte del Medioevo e dell’età moderna. Diedero inizio alla costruzione di quello che attualmente viene chiamato il Castel di Bezzo, che appare piuttosto come una grossa villa in stile vagamente rinascimentale, poi ripetutamente ampliato, e rimaneggiato nella prima metà del seicento. I Cazulini e la popolazione della Castellania ricostruirono di sana pianta la medievale chiesa di Santa Maria Assunta, nello stesso sito della precedente, ma sotto forme barocche. A cavallo tra il Cinquecento e Seicento, a seguito di un grave fatto di sangue accaduto all’interno della famiglia dei Cazulini, motivato da questioni di eredità, cui si aggiunsero problemi di ripetuto mancato omaggio feudale nei confronti dei marchesi loro superiori feudali, in un periodo in cui si verificò un lungo e complicato passaggio di giurisdizione dal Del Carretto di Zuccarello (dichirati decaduti dall’impero) e Finalborgo (estinti), ai Del Carretto di Balestrino, questi ultimi intentarono una lunga causa contro i Cazulini al fine di estrometterli da Arnasco. La lunga e dispendiosa lite (proseguita per circa 200 anni) finì per portare alla rovina economica la famiglia Cazulini che finì per perdere anche il feudo.