Già don Bosco aveva avuto l’intuizione. Varazze era legato ad un momento difficile della sua vita, mentre si recava alla stazione ferroviaria cade a terra svenuto. La malattia si rivela gravissima e prima di morire, assistito da Pietro Enrica, ecco una testimonianza giurata.
Oggi la comunità salesiana non è più presente- come peraltro accade ad Alassio nel silenzio generale ‘rotto’ comunque da un articolo di Trucioli.it– ma sono i laici che “proseguono con passione il sogno di don Bosco nella struttura varazzina, così come in quella alassina”.
Una seconda testimonianza è quella di Claudio Caiano, uno dei volontari della Fondazione: ‘In vita don Bosco visitò in altre occasioni la nostra città, dove sostò anche malato oltre 40 giorni, in grave pericolo di vita. In quella occasione sognò la la missione che, negli anni a venire, avrebbe portato la fede cristiana nelle Americhe. In tarda età, considerato ormai santo da morto, proprio a Varazze ottenne grandi miracoli di guarigioni per alcuni nostri concittadini del tempo. Da allora il carisma salesiano, l’oratorio festivo, le scuole dove studiò anche l’amatissimo presidente Sandro Pertini”.
Don Bosco voleva tra subito tra i suoi collaboratori persone che non avendo la vocazione sacerdotale, inserendo un’apposita figura all’interno della famiglia della sua congregazione; i salesiani cooperatori. Proprio da questa idea , è partito il progetto pilota a Varazze.
ARTICOLO ‘il Bollettino Salesiano’, la rivista fondata da S.Giovanni Bosco nel 1877.