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Savona, rendita e patrimonio immobiliare


Opportunamente segnalato dal SUNIA (il sindacato inquilini legato alla CGIL) il tema del rapporto tra rendita e patrimonio immobiliare è diventato di stretta attualità anche a Savona.

di Franco Astengo

Opportunamente segnalato dal SUNIA (il sindacato inquilini legato alla CGIL) il tema del rapporto tra rendita e patrimonio immobiliare è diventato di stretta attualità anche a Savona. Fenomeno evidenziato dal processo in atto di trasformazione di negozi (in un momento di forte crisi del commercio al dettaglio) in abitazioni: fenomeno che investe il tema degli “affitti brevi” rivolto al mercato del turismo.

La storia del patrimonio immobiliare a Savona merita un cenno retrospettivo. Savona presenta da molto tempo una storia di forte concentrazione nella proprietà immobiliare.

Concentrazione della proprietà immobiliare realizzata da parte di una borghesia storicamente restia all’investimento e tradizionalmente legata alla rendita: la ricchezza della Città è stata accresciuta nel corso del ‘900 dalla forte propensione al risparmio da parte della classe operaia delle grandi fabbriche (in precedenza frutto in gran parte di imprenditoria straniera e in seguito di sviluppo dovuto all’intervento pubblico in economia) e del porto.

Risparmio destinato in gran parte all’acquisizione della casa di abitazione in proprietà e allo studio di figlie e figli.

Una classe operaia che ha saputo esercitare egemonia sul piano culturale, politico ed anche economico, se si pensa alla vivacità commerciale ed anche architettonica dei suoi quartieri di riferimento: dal liberty alle Fornaci, al palazzo della musica in via Verdi tanto per fare degli esempi.

Almeno a partire dai dati del censimento 1971 (quando per pochi mesi Savona superò gli 80.000 abitanti per poi entrare in una fase di costante e marcato declino demografico) la concentrazione proprietaria in poche grandi famiglie scelse – per ragioni di apparente risparmio – di avviare una vera propria fase di svuotamento del centro cittadino lasciando sfitti migliaia di appartamenti e accontentandosi di quella che poteva essere definita come “rendita marginale”: nello stesso tempo si avviava un fenomeno di declino anche dal punto di vista della qualità degli esercizi commerciali, un calo di qualità che non investiva soltanto il centro con l’ingresso delle catene di franchising in luogo di storici negozi di qualità in particolare nel campo dei tessuti e delle calzature ( ci troviamo nel momento del primo piano regolatore del commercio tra il 1974 e il 1976, segnato dall’allargamento delle categorie merceologiche e quindi della prospettiva di offerta da parte dei singoli negozi).

Naturalmente declino demografico, caduta della qualità nella presenza degli esercizi commerciali, fenomeno della “fuga dei cervelli” risultavano fenomeni strettamente legati al declino progressivo della presenza industriale (declino del resto già avviato fin dalla fine degli anni’40 e accentuato dalla mancata capacità di riconversione nella qualità dell’industria siderurgica: elemento dovuto anche a fattori di carattere geopolitico).

E’ superfluo ricordare come tra gli anni ’80 – ’90 si sia sviluppato un triplice fenomeno:

1) lo spostamento di parte della popolazione in periferia attraverso nuove costruzioni con difficoltà di realizzazione di servizi e di collegamenti: scelte compiute attraverso la cooperazione edilizia, quindi finanziate proprio dai risparmi di quella classe operaia e portuale cui si faceva riferimento oppure attraverso l’intervento pubblico (INA casa ecc..);

2) la mancata realizzazione del collegamento tra Oltreletimbro e centro città, collegamento che avrebbe dovuto promuovere una nuova fase di sviluppo : mancata realizzazione avvenuta nonostante lo spostamento della stazione ferroviaria. Nonostante un importante sforzo posto sul piano edilizio (Corso Tardy e Benech, via Don Minzoni, piazza Martiri della Libertà) l’Oltreletimbro è rimasto “periferia” staccato dal cuore del centro cittadino;

3) lo scambio speculazione edilizia / aree strategiche già industriali: fenomeno già tante volte analizzato sul quale si fondò anche la “questione morale” che avvolse le istituzioni savonesi e regionali a cavallo degli anni’80.

La scelta di una Città di servizi e di sede di tappa turistica ha nel tempo alimentato la propensione all’utilizzo del patrimonio immobiliare in funzione di rendita. Funzione di rendita accentuata dall’avvento di una proprietà di seconda o terza generazione per via di ereditarietà e quindi del tutto smemorata rispetto alla storia della Città e tesa esclusivamente a realizzare profitto immediato.

Il “problema casa” e la trasformazione delle attività commerciali in abitazioni destinate agli “affitti brevi” denunciato dal SUNIA deriva da questi fattori “storici” che in questa sede sono stati sicuramente elencati in maniera sommaria e senza quella che dovrebbe essere una migliore e necessaria capacità d’analisi rispetto ai limiti culturali di chi scrive.

E’ fenomeno da contrastare lo svuotamento del centro cittadino che sta allargandosi anche ai quartieri immediatamente adiacenti come Villapiana ormai centro multietnico dovuto alla presenza di migranti impegnati in gran parte in settori non immediatamente produttivi ma indispensabili nella crescita dell’età media della popolazione savonese come quello della cura alle persone oppure a piccoli commerci di scarsa qualità, oltre che in un settore edilizio del tutto periferico rispetto a flussi concreti di crescita.

Si tratta di mettere in campo una grande capacità di rinnovamento del tessuto urbano: l’attuale amministrazione comunale sta sviluppando una progettualità molto intensa soprattutto al riguardo del recupero di importantissimi contenitori storici e di avviate modifiche nella traccia urbana per renderla adeguata a livelli di moderna vivibilità.

La chiave di una futura prospettiva di sviluppo risiede però nel recuperare alla Città prima di tutto funzioni produttive inserendosi nel quadro dell’innovazione tecnologica, promuovere una infrastrutturalità ferroviaria e viaria tale da far uscire il comprensorio dall’isolamento, dalla creazione di adeguate condizioni di rapporto vivibilità/lavoro, da uno stretto legame tra una effettiva strutturalità della presenza culturale e l’adeguamento urbanistico e architettonico già in atto di importanti contenitori storici, rifiutando di essere relegati in un meccanismo di turismo “mordi e fuggi”.

Va creata una nuova tensione verso l’investimento produttivo, commerciale, di miglioramento nella possibilità dell’abitare e del lavorare partendo dal centro cittadino fino a raggiungere le zone suburbane anche oltre la stretta cerchia cittadina: insomma si tratta di non adeguarsi al declino e su questo punto stiamo vivendo una stagione sicuramente diversa da quella che ha caratterizzato i decenni trascorsi.

Franco Astengo

La Guida Turistica (ufficiale) della Provincia di Savona edita nel 1966

2/NOTA DI TRUCIOLI.IT – L’ultima (1966) Guida turistica della Provincia di Savona– curata da Nello Cerisola–  riportava, ora si tratta di Savona capoluogo- di cenni storici, dati meteorologici, distanze, collegamenti, agenzie autolinee (7), fiere e mercati, specialità gastronomiche, servizi turistici, Uffici del Touring, Uffici Viaggio, agenzie prenotazioni appartamenti e camere, Servizi pubblici, posti telefonici, Forze dell’Ordine, ospedale e cliniche, uffici sanitari, medici condotti (Bogliolo, Burnengo, Folco), farmacie (24 compresa di cui una all’interno dell’Italsider), Banche e uffici cambio, Corpi consolare (7),  taxi (7), Facchini in stazione ferroviaria (1 cooperativa), noleggio autovetture, concessionari auto (22), officine auto (24, ora sono 6), elettrauto (11 ora sono 4), Monumenti e opere d’arte, monumenti e opere d’arte (14),  edifici monumentali (46),  Monumenti (4), Gallerie d’arte (4), albergi e locande (21), ristoranti e trattorie (67), bar (123), Stabilimenti balneari (24), Sport (33 centri), zone di caccia (9), zone pesca di fiume (2), cinematografi e teatri (11), itinerari turistici (6), fari in mare (6), zone di pesca lungo la costa (12). La pesca notturna con lampara: cefali, seppie, longobardi, branzini, anguille, orate, saraghi, triglie, gronghi, ombrine, scorfani, struccini, sogliole. Con canna da lancio:  mormore, pesce zuppa, pagari, saraghi, verdoni, struccini, gallinelle. In primavera passaggio di acciughe, sardine,  borghe. In settembre-ottobre, passaggio di delfini, pescecani presso l’imboccatura del porto.

Trenta le località turistiche elencate, nella guida, tra costa ed entroterra. Il direttore responsabile della pubblicazione, registrata in tribunale, Silvio Sabatelli. Copie stampate 20 mila.

Veniano a oggi. La lenta decadenza di Savona ha diverse origini, il politologo e studioso anche di tematiche economiche, Franco Astengo, né ha indicate diverse, approfondendo cause, motivazioni, cenni a priorità negli interventi.

Se si parla del numero dei ‘ricchi’ in Italia, dell’ammontare del patrimonio liquido ed immobiliare, nulla sappiamo sulla realtà di Savona e provincia. Chi sono i più ‘benestanti’ (cassaforte ed immobili) nella sola Savona? Quando si pubblicavano ogni anno le denunce dei redditi era possibile ricavare pure il numero di immobili di proprietà, non era ancora esplosa la corsa alle Srl anche a livello di famiglie possidenti. Dal nostro archivio stampa emerge che negli anni ’70-’80, 3 famiglie possedevano singolarmente dai 221 a 98 proprietà tra ville, alloggi, locali destinati a negozi, magazzini, garaxe-box, iscritte a catasto.

Non parliamo solo di ‘ricchi’. Come ignorare che a Savona e in parte alla provincia la ‘morte’ (cessione) della storica Carisa ha causato un durissimo disastroso inceppamento, a catena, al ‘motore economico’, agli investimenti produttivi, soprattutto nel capoluogo dove l’istituto di credito aveva il suo punto di forza. Un secondo colpo è stato assestato dall’agonia e poi vendita della Carige.

Non sono mai stati rivelati quanti importanti imprenditori (alberghieri, edili e commerciali) sono stati ‘uccisi’ (vendita o cessione ‘forzata’, libri in tribunale, concordati preventivi) dopo che le loro aziende avevano registrato anni di sviluppo. E’ toccato persino ad una decina di veterane aziende agricole famigliari della piana ingauna. La Carige erogava e incoraggiava i mutui e quando i contraenti si trovavano in difficoltà e chiedevano dilazioni non brevi, si chiudeva il ‘rubinetto’. O cedere le aziende, anche svendendo, o si falliva.

E oggi? Passa quasi sotto silenzio la moltiplicazione di banche del Basso Piemonte, in particolare del cuneese. Sono già 14 gruppi bancari, oltre alla Azzoaglio, tra Varazze e Ventimiglia. Anche l’estremo ponente è rimasto orfano di una propria banca, dopo la cessazione della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia. Con Alassio, Albenga, Laigueglia senza più Banca Galleani, elargitrice (anni ’60-’70) nella crescita immobiliare, nuovi alberghi e negozi. Da qualche anno chiudono agenzie e sportelli di importanti marchi di banche storiche( ne è rimasta una a Laigueglia, Ceriale, Borghetto, Borgio, Noli), Mentre in diverse ‘opulente’ città balneari, arrivano in buon numero banche cuneesi che, tra l’altro, non sono avare nella distribuzione della pubblicità ai media cartacei  con cronache locali e un paio di social più diffusi.

Innovativa e originale  l’impegno pubblicitario, con IVG.it, dell’Educazione finanziaria nelle scuole con il progetto Banca Alpi Marittime che ha inaugurata una moderna sede, anche tecnologica, nei locali dell’ex hotel 4 stelle Riviera Suisse.

Chissà se sarà l’inizio, grazie all’arrivo di piccole e media banche, di rilancio da parte di una provincia che era considerata ‘povera’. Una spinta al risveglio socio-economico, alla facilità di accesso al credito anche per le famiglie che possono permettersi un mutuo, il ricorso al prestito. Forse è causale che soprattutto in riviera, nei cartelli di concessioni e ristrutturazioni edilizie, compaia con significativa presenza, il nome di società che hanno sede nel Basso Piemonte. Mentre le imprese edili della Provincia di Savona che erano 109 nel volume edito dall’Unione Industriali, ora sono ridotte 11).

C’è una vera e propria esplosione di ‘artigiani edili-piccole imprese’, anche negli appalti dei Comuni, di cittadini romeni, albanesi, bulgari. Nelle varie attività commerciali ed artigianali è straniera un’impresa su 1o. Gli ultimi dati ufficiali pubblicati dai media locali in provincia di Savona le imprese straniere sono 3.240 e dal 2013 ad oggi hanno fatto registrare una crescita del 15%. Ad aumentare sono soprattutto il commercio (+26,2%) e le attività turistiche, di alloggio e ristorazione (+36,7%). In notevole aumento altre attività di servizi per la persona, in particolare parrucchieri ed estetiste. A curiosare idealmente fra i passaporti degli imprenditori, emerge che quello albanese è il timbro più diffuso (con un aumento medio del 5%), presente al 90% nel settore dell’edilizia. Ma a far segnare gli aumenti maggiori sono stati gli immigrati dal Bangladesh (+80,2%,) e dalla Cina (+44,1%), entrambi concentrati nel commercio. Tra i giovani imprenditori, i più diffusi sono quelli cinesi, con una presenza del 13% sul totale. Aumentano nelle aziende estere anche gli addetti, passati dai 4.326 del 2013 ai 4.950 (+14,4%). I dipendenti hanno registrato un aumento del 22,7% (da 1.445 a 1.909), mentre gli addetti familiari sono cresciuti del 9,8% (da 3.007 a 3.472).

Un caso particolare si registra in viale Pontelungo ad Albenga, il più chiacchierato anche per la presenza di giovani nord africani dediti a ‘cavallini’ di spaccio di stupefacenti, furti su auto e nei locali pubblici, negozi, atti di vandalismi, pestaggi tra connazionali. Ebbene in tratto di strada di 800 metri tra le attività commerciali 38 sono gestite da extracomunitari, 5 da italiani. Ma Albenga, ‘capitale ligure dell’agricoltura, con la sua estesa piana (45 km2, vede oltre migliaio di lavoratori stranieri impiegati nelle aziende agricole, in particolare floricoltura e aromatiche. (L.C.)

 


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F.Astengo

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