Si chiamava Leon,ma il suo vero nome era Antonio La Scorta. Un nome che nell’infanzia e nell’adolescenza gli era costato i lazzi dei compagni che lo chiamavano “ruota di scorta” . Poi, da adulto, forse per un inconscio senso di rivalsa, in una delle nottate passate con gli amici nelle cantine del paese a cantare, bere, mangiare, raccontò una strana storia. Disse che le sue origini erano spagnole e che un suo trisavolo nacque ad Alcalà de Heneres, la stessa città natale di Miguel Cervantes, padre di Don Chisciotte.
Aggiunse per colorire il tutto la probabilità che il trisavolo fosse l’ispiratore del grande personaggio, poiché gli assomigliava fisicamente. Nell’enfasi del racconto azzardò l’appartenenza alla famiglia nobile La Scorta dei Burli de Catena, poi nei secoli fagocitata dal progresso e dalla modernità.
Quella notte fecero un brindisi al nobile Leon e in quelle successive non mancò mai più un riferimento a quel nome. Così, col passare del tempo, Antonio diventò Leon per tutti e se ne compiacque non poco. Si sposò, ebbe due figlie ed invecchiò serenamente come è possibile farlo tra le gioie e i dolori della vita. La sua vena ironica non venne mai meno, sicché alla sua adorata moglie affibbiò il nomignolo di Dudu’, diminutivo di Dulcinea, per restare nella ormai nota metafora Donchisciottesca.
Leon e Dudu‘, ormai pensionati, passavano il tempo nel lavoro dei campi e ogni tanto si permettevano un giretto con il vecchio fuoristrada, senza una meta precisa, tanto per togliersi di lì, come diceva lei. Ritornavano quella sera di fine settembre da uno di questi viaggetti e come sempre andavano ad una velocità condizionata dall’età del conducente e del mezzo. Si stavano avvicinando al paese e Dudu’ guardava il panorama come se lo vedesse la prima volta. “Fermati!Fermati”disse ad un tratto Dudu’, c’è qualcosa di strano in cima a quel prato! Lui si fermò e fece qualche metro indietro . Scesero e guardarono in alto dove iniziava il bosco fitto; qualcosa si muoveva in modo strano. Sembrava un animale in agonia. Leon affrontò la salita con passo deciso, ma a metà del cammino si fermò ansante. Maledetta età! Intanto guardò in alto e capì cosa stava succedendo. Due poiane stavano lottando, almeno così sembrava. Il maschio, più piccolo, era nell’erba in posizione strana e la femmina con le ali aperte lo sovrastava. I rostri erano agganciati l’un l’altro e la femmina tirava riuscendo a far muovere un poco il compagno. Allora Leon capì. La femmina cercava di far volare il maschio sicuramente ferito. Poi rinunciò e si alzò in volo e dopo un ampio giro scomparve nel bosco.
Leon si avvicinò e con cautela, adoperando la sua maglia per evitare il grosso becco e gli artigli, prese l’animale e lo scese a valle. Aveva un’ala spezzata forse per l’impatto con una vicina linea elettrica,esito di una manovra di volo azzardata. “Come sempre-disse Dudu‘-voi a combinare cazzate e noi a cercare di riparare.Non porterai mica a casa quell’uccello!?”
“Già -rispose Leon–due uccelli sono troppi!”.- “Se è per questo-ribatté Dudu‘- questo qui è solo ferito, non morto!“. Risero. Lui era in fondo compiaciuto dell’arguzia della moglie tanto da fornirle lui stesso occasioni di divertenti battute. A casa , alla poiana diedero un po’ d’acqua e un pezzetto di carne cruda non senza qualche difficoltà. Poi Leon cominciò a telefonare a vari enti per cercare una sistemazione del pennuto. Alla fine, la Forestale assicurò che il giorno seguente due agenti sarebbero venuti a ritirare l’animale per portarlo ad un centro specializzato nel recupero di volatili feriti. E così fu. Gli agenti compilarono un verbale con informazioni sul luogo del ritrovamento, perché, dissero, in caso di guarigione, la poiana sarebbe stata liberata proprio in quel posto.
Passarono i giorni, i mesi e ogni tanto Leon pensava a quel rapace, ma non osava chiedere informazioni temendo una risposta non felice. Ne parlò con Dudu‘ e furono concordi che era meglio non sapere e immaginare un lieto fine alla storia. Una sera al rientro da uno dei soliti viaggetti “di piacere“nello stesso punto si fermarono . Nel cielo volteggiavano con le acrobazie del corteggiamento due poiane. “Sono loro!”- disse Leon. “Si ,forse lo sono” aggiunse Dudu’. Lui allungò la mano e prese quella di lei. La commozione era nell’aria. Poi Dudu’ sbottò: “Andiamo che è tardi!”.-“E’ tardi?” rispose Leon. “Sì è tardi! Muoviti!” E così la commozione si nascose nelle irsute parole del vivere quotidiano.
Nello Scarato