Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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L’ingegnere: “Milano-Cortina (Olimpiadi invernali). Si tace e si dovrebbe sapere. Le gravi carenze e c’è chi pensa ad avveniristici taxi volanti per ricchi”


Non ci sono soltanto le Olimpiadi di Parigi ad allietare questa calda estate. L’avvio di quelle invernali, tra Milano e Cortina, è previsto nel febbraio 2026. E ci riguardano direttamente, visto che si svolgeranno a casa nostra. Dovremmo essere ormai a buon punto. Ma che, almeno per quanto riguarda le infrastrutture destinate alla mobilità, temo ci riserveranno non poche delusioni.

di Massimo Ferrari

Non tanto a Milano, per la verità, visto che il capoluogo lombardo è l’unica grande città italiana in grado di offrire un modello davvero europeo. Un Passante ferroviario in cui confluiscono numerose linee suburbane, una vasta rete tranviaria e filoviaria (elettrica e, quindi, per definizione pulita), soprattutto quattro linee di metropolitana, cui se ne sta aggiungendo una quinta, avviata per metà a partire dall’aeroporto di Linate alla fine del 2023 e di cui ora sono in corso i collaudi per il completamento fino a San Cristoforo. Per spostarsi – almeno nell’ambito comunale, perché il vasto hinterland continua ad essere abbastanza caotico – i visitatori non dovrebbero avere difficoltà.

Però a Milano, città notoriamente pianeggiante dove le montagne si vedono all’orizzonte solo nelle giornate molto limpide, si svolgerà soltanto la cerimonia di apertura, oltre all’hockey ed al pattinaggio. Il grosso degli incontri è localizzato in Valtellina, in Alto Adige e sulle Dolomiti. Un modello di manifestazioni diffuse che ormai si è affermato. Basti pensare che gli incontri di surf, anziché a Parigi o sulla costa normanna, si svolgeranno addirittura in Polinesia, agli antipodi del globo. Mentre le partite dei Mondiali 2026 si giocheranno tra Messico, Canada e Stati Uniti.

Scelta giusta, mirata ad evitare eccessive concentrazioni di pubblico ed a distribuire sul territorio i (presunti) benefici economici. A condizione, ben inteso, che si possa contare su collegamenti efficienti. Quelli che, probabilmente, mancheranno nell’inverno del 2026. A cominciare dalla Valtellina, i cui impianti, a Bormio ed a Livigno, distano circa 200 chilometri da Milano. Ma che non sempre sono agevolmente raggiungibili.

In primo luogo perché si dovrà contare esclusivamente sulla strada, ampliata ed ammodernata, e tuttavia sempre vulnerabile, specie nella stagione avversa, tra rischi di frane e di nevicate copiose.

Il prolungamento della ferrovia, ora attestata a Tirano, fino a Bormio, pure caldeggiato da numerose associazioni locali, non è mai stato preso in seria considerazione. In compenso, già nel 2023 e per tutta la stagione estiva corrente, i treni sono sospesi per consentire lavori di messa in sicurezza in valle, con pesanti disagi per pendolari e villeggianti. Lavori che non modificheranno sostanzialmente l’offerta negli anni a venire. La linea continuerà ad essere a semplice binario e neppure saranno eliminati i numerosi passaggi a livello che penalizzano anche il traffico viario.

Il sindaco di Livigno Remo Galli

A Livigno, enclave extra doganale ad oltre 1.800 metri di quota, si continuerà ad arrivare attraverso il Passo del Foscagno, che sfiora i 2.300 e che in inverno viene tenuto faticosamente aperto, spesso col transito dei veicoli costretto tra due pareti di neve. Al di là del confine, gli svizzeri ipotizzano la realizzazione di una lunga galleria in grado di connettere Livigno alla stupenda rete delle Ferrovie Retiche (quelle del famoso Trenino Rosso del Bernina), che si spingono fino a Coira – e da lì a Zurigo – per mezzo di due trafori sotto le Alpi, uno dei quali, l’Albula, è stato recentemente ricostruito. In assenza di treni ed in carenza di strade, da Milano si pensa invece di ricorrere a piccoli aerotaxi, soluzione buona forse per qualche vip dal portafoglio molto ben guarnito.

E pensare che fino al dopoguerra anche noi eravamo ben provvisti di linee ferroviarie di montagna, alcune decisamente spettacolari che oggi potrebbero costituire un’attrattiva turistica in sé, se non fossero state smantellate negli anni Sessanta, quando si pensava che la motorizzazione di massa avrebbe risolto ogni problema di spostamento. Così come per la val di Fiemme, in Trentino Alto Adige, dove pure si svolgeranno alcune gare, che un tempo sarebbe stata raggiungibile con la linea Ora – Predazzo, di cui l’associazione Transdolomites richiede da anni un serio impegno volto al ripristino, organizzando convegni e seminari in varie località della regione. Il fatto è che, una volta abbandonata, è molto difficile ripristinare una ferrovia, anche quando il sedime non è stato mangiato dalla vegetazione o invaso da costruzioni quasi sempre abusive.

Gian Luca Lorenzi sindaco di Cortina

Il caso più eclatante è proprio quello di Cortina, l’altro polo delle Giochi invernali del 2026. La perla delle Dolomiti aveva già ospitato le gare olimpiche nel lontano 1956. Allora la famosa località ampezzana, preferita da intellettuali del calibro di Indro Montanelli o Dino Buzzati, era ancora raggiungibile in treno. Tanto che il traffico automobilistico, pur a quei tempi relativamente scarso, era stato contingentato e la maggior parte degli atleti e dei supporter, incluso il Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, avevano potuto raggiungere le piste senza particolari difficoltà, grazie alle vetture azzurre che salivano da Calalzo, stazione terminale del Cadore in cui si attestavano i vagoni letto provenienti da Roma ed il rapido “Freccia delle Dolomiti” da Milano.

Furono anche acquistate nuove elettromotrici per ammodernare il materiale rotabile. Pochi anni dopo, però, nel 1964, tutto venne abbandonato in favore dei bus, i quali esercitano scarso appeal sui potenziali turisti, che quasi sempre, perciò, preferiscono viaggiare in auto. Da qui il ricorrente rimpianto per la Ferrovia delle Dolomiti e le intenzioni di ripristino del trenino azzurro. Promesse che si sono puntualmente rinnovate, da parte della Regione Veneto, anche in occasione dell’aggiudicazione dei Giochi 2026. E che, come sempre, sono rimaste lettera morta.

Intendiamoci, ripristinare l’antico collegamento ferroviario non è cosa semplice. Non tanto per il tracciato, che, in gran parte trasformato in pista ciclabile, è tuttora riconoscibile e facilmente recuperabile. Ma per il contesto in cui si trova la conca ampezzana. Il capolinea della ferrovia, tuttora in funzione a binario unico, si trova a Calalzo, località ad oltre trenta chilometri da Cortina, ma distante dalle linee veloci che corrono in pianura.

Arrivarci da Venezia, da Vicenza o da Padova richiede dalle due alle quattro ore di viaggio che i lavori di elettrificazione ora in corso non abbrevieranno di molto. E allora si preferisce ricorrere ad un escamotage, ribattezzando la stazione di Calalzo col doppio toponimo di Calalzo/Cortina, come se fosse la stessa cosa. Oppure proponendo, a cura di Fondazione Fs, un lussuoso convoglio da Roma, con letti e ristorante al seguito, la cui circolazione, tuttavia, è limitata a pochi giorni all’anno.

Forse sarebbe meglio pensare alla ricostruzione del segmento nord – quello che scende a Cortina da Dobbiaco – visto che una quota consistente di visitatori sensibili alla salvaguardia ambientale sono austriaci, tedeschi ed altoatesini, culturalmente più propensi a servirsi del treno. E che, grazie al completamento del traforo di base del Brennero (ormai in fase di realizzazione avanzata), arriveranno in fretta in Val Pusteria dal Tirolo o dalla Baviera.

Ma neppure di questo si parla seriamente, mentre a Cortina si vorrebbe addirittura stravolgere la vecchia stazione che vide il passaggio di famosi attori, come Alberto Sordi in “Vacanze d’inverno”, e che attualmente funge da terminale per i bus. Con un ambizioso progetto di riqualificazione che, nei fatti, snaturerebbe il pregiato edificio in stile eclettico rendendolo irriconoscibile.

E, vista la crescente popolarità delle escursioni in bici, neppure si pensa di agevolare gli spostamenti su due ruote. Tenuto conto che non tutti i ciclo amatori sono giovani muscolosi, forse non sarebbe male dotare i bus (qui, ma pure in Valtellina) di rimorchi e ganci per il trasporto di bici al seguito. Se proprio non si può arrivare a Cortina o a Bormio direttamente in ferrovia, perché non agevolare chi viaggia con le due ruote a bordo dei treni fino a Tirano, a Dobbiaco o a Calalzo? Ma anche questa semplice ed economica soluzione sembra troppo impegnativa per chi pensa soltanto agli avveniristici taxi volanti.

Massimo Ferrari


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M. Ferrari

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