Crisi idrica nel savonese. Importanti le analisi dei Geologi liguri. L’ indispensabile impegno dei cittadini e i necessari interventi istituzionali.
di Gabriello Castellazzi*
In Italia per le attività umane si intercetta solo l’11% delle acque di origine meteorica. La dispersione di un bene così prezioso è enorme, a partire dalla carenza degli “invasi”nel sistema di raccolta, fino all’incredibile quantità di acqua persa dalla rete “colabrodo” degli acquedotti.
A Savona, nel 2022, la dispersione idrica è stata del 28,2% (6,48 milioni di m3 immessi in rete e 4,65 milioni di m3 effettivamente erogati per uso autorizzato) e a Genova, nello stesso periodo la perdita è stata addirittura del 32,1%.
Secondo le analisi dei Geologi Paolo Airaldi (Presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria) e di Guido Paliaga (Presidente della Sezione ligure SIGEA – Società Italiana Geologi per l’Ambiente), oltre al necessario impegno dei singoli cittadini per una attenzione quotidiana nel risparmio delle risorse idriche è indispensabile un attento studio degli “invasi” per accrescere la “capacità idrica” della Liguria e, in particolare, di Genova, mettendo in evidenza le problematiche connesse.
A livello nazionale, secondo il “Ministero delle Infrastrutture, disponiamo di 532 grandi dighe. In Liguria 13.
ISPRA (Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) dice che all’ultimo censimento in Italia risultavano 25.999 piccole dighe.
Secondo i dati ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni) tanti “invasi” esistenti hanno una capacità ridotta per l’enorme quantità di detriti contenuti, che non vengono rimossi.
Comunque, anche secondo Coldiretti, in Italia dovrebbero essere realizzati 10.000 nuovi “invasi” medio piccoli, entro il 2030.I cittadini possono fare molto, ma è fondamentale mettere in evidenza gli interventi istituzionali senza i quali diventa impossibile trovare finanziamenti per progetti e lavori.
La Regione Liguria ha approvato il “Piano di Tutela delle Acque 2022 – 2027”e nei giorni scorsi Raul Giampedrone “Assessore al Ciclo delle Acque e dei Rifiuti” dichiarava: “ La Giunta Regionale ha approvato i primi criteri per il riutilizzo delle acque reflue urbane e le loro procedure di distribuzione. L’acqua opportunamente trattata invece di essere smaltita nei corsi d’acqua o in mare può essere infatti impiegata in una vasta gamma di utilizzi”.
Ma purtroppo non si conoscono ancora quali siano i progetti operativi per poter usufruire dei necessari contributi europei.Si ritiene utile quindi riprendere i temi riguardanti la grave carenza di acqua nel ponente savonese a partire dalle giuste considerazioni dei Geologi liguri che hanno analizzato il problema.
La recente richiesta di “stato di emergenza” per “crisi idrica”è motivata dal fatto che dalle sorgenti sgorga meno acqua e il “cuneo salino” viene spinto dal mare mettendo in crisi le “falde freatiche”in prossimità della costa. La scarsità delle piogge è all’origine del problema e la vita nei centri costieri diventa ogni anno più difficile ( 40% di pioggia in meno rispetto alla media del periodo). Le azioni concrete per affrontare questa situazione rimangono confuse e le condizioni si aggravano ogni giorno.
Tra le interessanti proposte dei Geologi Airaldi e Paliaga si ritiene utile sottolineare quella del riutilizzo delle “acque reflue”.
Già nel 1976 la “Legge Merli” venne promulgata anche “per favorire il massimo risparmio nell’utilizzazione delle acque, promuovendo processi di riciclo e recupero delle sostanze sospese”.
Tale legge venne ripresa dalla Regione Liguria con la normativa del 16 agosto 1995 n°43 per il “Riutilizzo delle acque reflue” e un “Piano di risanamento delle acque” ancora da realizzare.
Per capire la crisi idrica del savonese è necessario attingere dalle relazioni dell’ “ATO” (Ambito Territoriale Ottimale), che gestisce le risorse idriche dalle sorgenti alla depurazione.
Da questi documenti non si riesce a capire la priorità degli interventi, ne chi saranno i responsabili delle procedure per gli appalti dei lavori sulla rete idrica. Dalla loro lettura emerge un quadro confuso sui possibili interventi per il recupero delle “acque reflue”che raggiungono gli impianti di depurazione della nostra Regione.
Nel capitolo “Individuazione di strategie ed obiettivi” si legge : “è necessario conseguire un adeguato livello di conoscenza dello stato generale delle infrastrutture da gestire, e risolvere definitivamente le inadempienze e/o inadeguatezze del settore fognario – depurativo, assicurare la funzionalità e l’efficienza nel tempo dei sistemi “fognario – depurativi”, valutando anche la possibilità di riuso delle “acque reflue”per varie finalità”.
Da queste considerazioni si capisce come i nuovi cantieri non saranno attivati in tempi brevi. Fortunatamente in Liguria esistono già esempi virtuosi nell’ambito del “Programma di azione locale per la lotta alla siccità e alla desertificazione”:
La Spezia, con alcuni Comuni limitrofi (circa 100.000 abitanti), ha realizzato un depuratore biologico in località “Stagnoni”: l’impianto consente l’utilizzo di acqua depurata e riciclata per uso agricolo. Il Comune di Rapallo ha inaugurato un impianto di riciclo al servizio del porto, della pulizia delle strade ecc.
Dall’impianto di depurazione di Savona, verso il quale affluiscono le acque di molti Comuni della nostra provincia, arrivano in mare ogni anno circa 10 milioni di m3 d’acqua (uno spreco assurdo, data la situazione) e “Italia Nostra”di Savona ha pubblicato una interessantissima e approfondita relazione sul tema, facendo riferimento a norme nazionali e comunitarie.
Il rapporto ONU sulle risorse idriche mondiali dichiara: “Le acque reflue sono una risorsa inesplorata, una volta trattate possono dimostrarsi di enorme valore, in grado di soddisfare la crescente domanda di acqua dolce”.
Nel mondo si registrano situazioni interesanti: in Israele le acque reflue trattate costituiscono circa la metà di quelle utilizzate per l’irrigazione e in Giordania addirittura il 90%.
A Singapore queste acque, opportunamente trattate, sono utilizzate anche per sostenere l’approvvigionamento di acqua potabile. La stessa cosa avviene in America Latina, in Giappone, nella Contea di Orange e a San Diego in California.
Il Regno Unito è tra i pionieri nel trattamento delle acque reflue con 7.078 impianti di depurazione e riciclaggio(Londra compresa). In Scozia e nell’Irlanda del nord sono stati attivati numerosi impianti di trattamento, oltre che per l’irrigazione di terreni, anche per l’acqua potabile.
Si auspica che in provincia di Savona vengano accolte le proposte dei Geologi Airaldi e Pagliaga e venga redatto in tempi brevi un cronoprogramma degli interventi necessari a garantire le risorse idriche vitali per il nostro territorio.
*Gabriello Castellazzi – Europa Verde – Verdi del Finalese