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Storia Patria. Piroscafi in legno costruiti nei cantieri savonesi. A Varazze un archivio di 10 mila foto di valore storico


Piroscafi in legno costruiti nei nostri cantieri. Stiamo aggiornando sul sito web della Società Savonese di Storia Patria il repertorio dei bastimenti in legno costruiti in provincia di Savona dai nostri maestri d’ascia.

di Piero Pastorino

Arenile di Varazze – Vapore in costruzione, nome sconosciuto. (foto da Varagine.it, g.c.)

E’ un progetto in divenire di Storia Patria, dedicato ad un aspetto importante, ma poco conosciuto, della nostra storia. È recentemente uscito il libro della Collana di Fonti e Studi dal titolo I velieri costruiti in provincia di Savona tra Otto e Novecento che elenca 2.064 bastimenti con i relativi armatori, capitani, luogo di costruzione e (quando riportato nei documenti ufficiali) il cantiere.
Dopo l’uscita del libro, ho fatto ulteriori ricerche, originate da alcune immagini notate nell’archivio fotografico on-line Varagine.it, curato dall’omonima associazione di Varazze. Questo archivio raccoglie oltre diecimila fotografie, molte di valore storico, relative a Varazze ed alle sue attività; chiaramente l’industria cantieristica non poteva non essere abbondantemente rappresentata.
Sfortunatamente lo strumento fotografico è giunto troppo tardi per immortalare immagini di una Varazze dedita alla frenetica attività cantieristica ottocentesca: basti pensare che nel 1826 sono stati registrati 51 vari di bastimenti, vale a dire una media di 4,25 vari al mese.
Esistono tuttavia fotografie di epoca più recente che mi hanno costretto ad indagare ulteriormente ed ho quindi trovato che a Varazze furono costruiti anche gli scafi in legno di alcuni piroscafi. Sebbene, a causa del materiale impiegato, le dimensioni delle costruzioni furono obbligatoriamente ridotte rispetto a quelle dei bastimenti in ferro coevi, ritengo che debbano essere menzionati per completezza di informazione, in quanto frutto dell’abilità e del lavoro dei nostri maestri d’ascia.

Nel libro suindicato vengono menzionati solo due piroscafi costruiti a Varazze, entrambi per i fratelli Gaggino.
Furono costruiti da Luigi Durante nello stesso anno, 1891:
Pfo GUNONG – 619 tonn – cap. Luigi F. Gaggino – armatore Giov. Gaggino fu Giov.- Genova 219 Pfo UTAN – 605 tonn – cap. L. Borzone – armatore Francesco Gaggino – Genova 202
I fratelli Gaggino erano cugini del famoso esploratore Giovanni Battista Cerruti, il cosiddetto Re dei Sakai, che si era installato in Malesia e vi aveva fondato una base commerciale.
Anche uno dei fratelli, Giovanni di Giovanni, nato a Varazze nel 1846 e morto a Garu (Giava Occ.) nel 1918, aveva viaggiato da quelle parti in lungo e in largo, lasciando un dizionario Italiano-Malese e vari libri di memorie delle sue esplorazioni.
Tra gli altri commerci intrapresi, nel 1884 aveva acquistato per 500 dollari, l’isoletta Pulau Bukom nello stretto di Singapore, giusto in faccia alla città, e ne aveva fatto un centro di rifornimento di acqua potabile per i bastimenti di passaggio; quella che era comunemente chiamata Freshwater island (Isola dell’Acqua Potabile) fu poi dal Gaggino rivenduta al trader Syme & Co. per 3,000 dollari. Su quest’isoletta fu costruito il primo deposito di cherosene russo, successivamente trasformato nella raffineria Shell di Singapore.

Evidentemente, anche visti i nomi, i due bastimenti erano destinati ai traffici malesi. Sul sito Vargine.it si trovano le seguenti fotografie.

La compagnia Marco U. (Umile) Martinolich era anche proprietaria di un rinomato cantiere navale nell’Isola di Lussino, che costruì molti velieri e, in seguito, vapori per l’Impero Austro Ungarico e per il Regno d’Italia poi.

Da notare inoltre che il Registro RINA specifica per ognuno dei bastimenti, la ditta e il luogo di costruzione della caldaia e delle macchine, solitamente Sampierdarena o Sestri. I Fratelli Baglietto vararono: 1904 Pfo LEON PANCALDO – 25.07 tonn – Corporazione dei Piloti di Savona. Fino al 1919 fu la Pilotina del porto di Savona, dopodiché l’armatore divenne Ardito Attilio di Tommaso – Sampierdarena.

Inoltre, dei Fratelli Baglietto:
1916 Pfo GORIZIA – 22.9 tonn – Campanella Tito fu Pietro – Cornigliano
Dal cantiere Pietro Baglietto furono varati:
1905 Pfo VIS – 49.79 tonn – Luigi Ciappei fu Carlo – Livorno
1906 Pfo GIUSEPPINA – 35.00 tonn – Cav. Decio d’Alì – Trapani
Il cantiere di Giuseppe Casella costruì i seguenti piroscafi:
1906 Pfo FERRUM 1 – 58.23 tonn – (Armatore non indicato)
1907 Pfo FULMINE – 39.04 tonn – Società Anon. ILVA – Genova
1908 Pfo FRATELLI BARABINO – 45.00 tonn – Fratelli Barabino
I Fratelli Guastavino vararono:
1907 Pfo SESTRI – 19.13 tonn – Nav. Gen. Ital. Società Riunite Florio e Rubattino – Genova
1907 Pfo VARAZZE – 19.27 tonn – Nav. Gen. Ital. Società Riunite Florio e Rubattino – Genova
1908 Pfo BALILLA – 34.42 tonn – Soc. Anon. Carbonifera Ind.le Italiana – Genova
Il cantiere di Tommaso Vedeo:
1913 Pfo PERSEVERANZA – 21.60 tonn – Gaetano Guerrera – Napoli
La Società An. Cantieri Alessandro Piaggio di Genova costruì a Varazze: 1920 Pfo CAPRAIA – 40.34 tonn – La Magona d’Italia – Firenze
Indicato solamente dal Registro RINA del 1911 (ma senza il nome del costruttore) c’e’ un 1905 Pfo DARLING – 8.25 tonn – Conte Carlo Raggio (con la nota: Battello Aut. Italiana).
Infine, a Loano dalla Soc. An. Cantieri S. Bertorello & C. – Genova 1919 Pfo ARCO – 25.87 tonn – Guido D’Acqui & C. – Genova.
Risulta anche un Piroscafo ROMOLO di tonn 15.06, costruito a Savona nel 1894 per gli armatori Bertorello G. & Parodi E.; il cantiere non è indicato e si trova solo sul Registro RINA del 1911. Evidentemente costruire uno scafo in legno in un posto, la caldaia in un altro e le macchine in un altro ancora non doveva essere un esercizio semplice e ben presto queste costruzioni “ibride” sparirono. A Varazze restarono i cantieri specializzati in nautica da diporto d’eccellenza, ma questa è un’altra storia…

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Il Comune di Savona nel Medioevo

Domenico Ciarlo e Furio Ciciliot

Domenico Ciarlo ne ha curato l’edizione – Le rappresaglie dei cartolari dei lodi di Savona (secoli XIII-XIV) – ed il volume di 96 pagine rappresenta il numero 12 della nostra «Collana di Fonti e Studi». Cosa rappresentino i lodi-rappresaglie è ben indicato dallo stralcio che segue tratto dall’introduzione che l’autore ha voluto premettere al volume. In pratica da esse recuperiamo vicende importanti di assalti corsari, per mare e per terra, cui furono sottoposti savonesi nel pieno medioevo.

Alcune di queste vicende eccezionali, vere e proprie narrazioni dal vivo, saranno ricostruite nel corso della presentazione del volume, curata da Domenico Ciarlo Furio Ciciliot, martedì 21 febbraio 2023, ore 15.00, Biblioteca del Liceo Chiabrera, vico Gallico, Savona. La presentazione sarà preceduta da una sintetica ricostruzione delle vicende che riguardano la nascita del Comune medievale savonese.

Probabilmente, nella memoria collettiva, il riferimento più immediato a cui viene associata la parola “rappresaglia” è quello degli eccidi perpetrati con cieca, disumana e violenta barbarie durante la Seconda Guerra Mondiale. I tratti salienti di quelle rappresaglie erano il contesto bellico, lo scopo di deterrente, che servisse ad annientare tramite il terrore ogni forma di resistenza, il coinvolgimento di innocenti, la sproporzione tra offesa ricevuta e vendetta attuata.

La rappresaglia medievale, invece, è connotata essenzialmente da uno solo di questi tratti salienti: il coinvolgimento di persone che non hanno alcuna responsabilità nel danno che la rappresaglia vuole risarcire, ma che vengono coinvolti per una singolare applicazione del concetto di solidarietà. Il termine medievale represalia (dal verbo latino reprehendere) indica infatti il mezzo con cui ci si “riprende” ciò che è stato sottratto.

Per aversi rappresaglia, tuttavia, occorre che una determinata autorità giudiziaria o un determinato potere politico siano impossibilitati a ottenere e rendere giustizia in via ordinaria: ciò accade quando l’offensore o danneggiatore è sotto la giurisdizione di un’entità politica straniera, che si rifiuta di collaborare. Essendo l’offensore giuridicamente irraggiungibile, la rappresaglia mira a rivalersi con la forza su qualsiasi suo concittadino che capiti a tiro. La rappresaglia medievale rimane dunque limitata, quanto ad entità, al recupero del maltolto o al risarcimento del danno subito, ed è una pratica di mero carattere economico, pur coatta e, per i nostri parametri di valutazione, ingiusta.

Le prime attestazioni di questa pratica sono distribuite in tutto l’Alto Medioevo, nelle leggi che ne condannano e vietano l’applicazione oppure nei trattati che tentano di attenuarne gli abusi, ma essa risulta poi generalmente accettata e normata negli statuti comunali e applicata con frequenza a partire dal XIII secolo (…) Domenico Ciarlo

 


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