Aveva riempito il sacco di carbone, con un certo compiacimento o forse solo con la sensazione di star facendo una cosa giusta.
Non capiva molto di politica, non ci si raccapezzava tra veline che diventavano ministri, uomini di potere che si circondavano di ragazzine, mafiosi che facevano gli stallieri nelle ville dei potenti, ma una cosa l’aveva capita: con questo governo i ricchi erano diventati più ricchi e i poveri erano diventati più poveri. E questo, al suo buonsenso di popolana nutrito da secoli di convivenza con gli esseri umani, bastava per farle decidere che il governo meritava solo carbone.
Volò col sacco di carbone fino al palazzo del governo. Si fermò a cavallo della sua scopa e cominciò ad aprire lentamente il sacco. Immaginò che al mattino le guardie avrebbero guardato stupite quei pezzi di carbone finiti chissà come sul balcone accanto alle bandiere. Qualcuno del governo avrebbe bofonchiato contro l’inefficienza dei sistemi di sicurezza. Qualcun altro avrebbe fatto una soffiata ai giornali e alle TV controllati dal governo per accusare i sovversivi, i quali, ancora una volta, per invidia avevano compiuto un gesto d’odio contro il miglior governo della repubblica. Chissà se qualcuno si sarebbe ricordato della propria infanzia quando la mamma lo ammoniva che ai bambini cattivi la Befana avrebbe portato solo carbone?
Aprì il sacco e cominciò a inclinarlo per far cadere il carbone. Fu allora che lo sguardo le cadde su delle ombre sotto un ponte. Guardò incuriosita nell’oscurità e con un po’ di fatica, con i suoi occhi di vecchia che riuscivano a vedere quello che le pupille dei giovani non sapevano più vedere, riconobbe delle persone che cercavano di ripararsi dal freddo con pezzi di cartone che si tiravano addosso come coperte.