Forse non tutti sanno che i giorni dei festeggiamenti natalizi hanno origine nel paganesimo.
di Michele Allegri
Se, infatti, secondo i precetti della religione rivelata, il 25 dicembre è la data di nascita di Gesù di Nazareth, figlio di Dio e Dio lui stesso, secondo la religione pagana, nell’Italia centrale, in quella stessa data, si celebrava il solstizio d’inverno, giorno di chiusura delle festività in onore di Saturno, la divinità più amata della Roma antica, il cui giorno sacro era il sabato.
La religione pagana era quella dei pagi, dei villaggi situati sui colli romani e che ad un certo punto si unirono, dando impulso alla nascita della città capitolina. Dalle campagne il culto del dio Saturno si trasferì nella neonata Urbe e divenne preminente nel periodo monarchico, in quello repubblicano e imperiale durante i quali quest’antica divinità legata alla terra e all’agricoltura, veniva omaggiata con complesse cerimonie e riti chiamati Saturnalia, da cui trae origine il periodo natalizio del cristianesimo.
Dal 17 al 24 dicembre, i romani ma anche i popoli del centro Italia festeggiavano il dio Saturno, sovvertendo le regole sociali e scambiandosi reciprocamente dei regali. Persino gli schiavi potevano protestare contro i loro padroni, schernendoli o atteggiandosi loro stessi a padroni, durante questo periodo. Tutto era all’insegna del ribaltamento, in quanto il mondo contadino si riappropriava del potere perso con la urbanizzazione, la civilizzazione dei costumi e la diffusione delle leggi. Dai Saturnalia trae origine il Carnevale, festa del ribaltamento e dello scherno.
I sacerdoti del dio Saturno erano soliti indossare un cappello nero a sfere concentriche, il cosiddetto saturnino, di forma simile al pianeta che porta il nome di questo dio. Quello stesso copricapo fu usato di seguito dai sacerdoti della tradizione cattolica-romana.
Nelle sculture, il Dio Saturno era spesso raffigurato come barbuto ma di età indefinibile che tiene in mano un falcetto ricurvo, a forma di luna, strumento usato dai contadini nei campi per tagliare il grano ma anche simbolo della divinità che può falciare la vita o castrare coloro avessero voluto detronizzarlo, a partire dai propri figli.
Scrive poi Claude Mettra nel libro Saturno o l’erba delle anime, saggio sulla melanconia “molte immagini legate al fumo, alla nebbia, alla foschia, cioè tutte quelle che conducono ad uno spazio etereo che non si vede e non si tocca, appartengono alla tradizione del Dio Saturno”.
Non è un caso che i padri della Chiesa, nonostante avessero assorbito gran parte dei culti saturnini, finirono per accostare la figura del dio Sat-urno a quella del Sat-ana ebraico. Infatti, la radice SAT delle iniziali di entrambi i nomi li pone in maniera di forte similitudine tra di loro, per il concetto di ribellione all’ordine costituito, al ribaltamento delle regole, allo schernimento dei dogmi, al sovvertimento del potere, alla cacciata dal Paradiso o dal monte Olimpo. Il fumo o nebbia dell’Inferno, regno di Satana, infatti ricorda il luogo toscano dove trovò rifugio Saturno, quando venne scacciato dall’Olimpo. La città di Saturnia che si trova in provincia di Grosseto, è celebre per le sue terme curative, calde, fumose e sulfuree che provengono dal sottoterra. Secondo la leggenda, Saturnia è nata dall’ira di Saturno che, cacciato dall’Olimpo, scagliò il suo fulmine in questo luogo, facendo affiorare acqua bollente dal sottosuolo. Il regno di Saturno, padrone del mondo capovolto, diventa quindi “quello delle profondità della Terra, all’interno di una grande caverna di roccia che brilla come se fosse d’oro fino”, come ebbe a scrivere il sacerdote e filosofo Plutarco. La nuvola o nebbia è anche un simbolo che rappresenta il caos, il big bang che i greci attribuivano al regno di Kronos, il dio che divora i figli per paura di essere detronizzato, noto appunto presso i Latini col nome di Saturno.
Il culto del Dio Saturno è infine indissolubilmente legato alla tradizione dell’età dell’oro o dell’Arcadia, un periodo ed un luogo simile a quello del paradiso terrestre quando gli uomini e le donne vivevano in ambiente agreste, in pace tra di loro e in armonia con la Natura, così come ben dipinto da Nicolas Poussin ne “I Pastori di Arcadia”.
Come viene riportato nel catechismo dei Rosacroce “Il tempo non è giunto per una rivelazione completa ma bisogna trasmettere il messaggio per aumentare la fratellanza tra gli uomini che prepara l’avvento del ritorno del Dio-Re, creduto morto, e del suo regno di pace”.
Buone festività a tutti dal vostro Michele Allegri!