Ad Albisola è nato il ‘cenacolo degli alfabeti’. E’ apolitico, apartitico e non ha fini di ma si prefigge di promuovere l’arte, favorire il dibattito culturale e superare anche le contingenze economiche. Giovanni Poggi celebre maestro e ceramista albisolese ha compiuto novant’anni.
di Gianfranco Barcella
La lavorazione dell’argilla di Albisola è antica di migliaia di anni. Già in epoca romana nel territorio vi erano fornaci che producevano mattoni ed anfore, utilizzate per il trasporto di vino, olio e cereali. I primi a produrre ceramica sarebbero stati i monaci del monastero di San Benedetto di Colonaga di Albisola Marina, già priorato dipendente dall’Abbazia di Santa Giustina di Sezzè (Sezzadio). All’inizio del Quattrocento ad Albisola ebbe inizio l’artigianato della ceramica. Dalla spiaggia si cavavano argilla rossa e terra bianca, ottime per confezionare il biscotto. Si producevano soprattutto stoviglie. Le tecniche di lavorazione erano l’ingobbio e il grafito. Si realizzavano anche maioliche, cioè ceramiche decorate su smalto.
Nel Cinquecento iniziò la produzione di piastrelle da rivestimento, dette laggioni, e di maioliche a berettino, decorate con motivi in azzurro carico, simili a quelli tipici degli azulejo portoghesi e spagnoli. Si fabbricavano anche oggetti smaltati di bianco e poi decorati con figure stilizzate in blu. Nel 1569 tredici erano le fornaci nella zona di Albisola Marina e nel 1612 un mulino macinava i colori, a Ellera, oggi rimasta una frazione. Le fornaci arrivarono a ventitré nel 1640. I decori prescelti erano paesaggi marini, con rocce, fiori, animali, barche e velieri. Altri decori si ispiravano alla mitologia classica e ad episodi della Bibbia.
Ogni famiglia di ceramisti adottò un suo marchio: i Grosso usavano la lanterna di Genova, i Corrado la corona, gli ordini religiosi chiedevano ceramiche marcate con figure di santi o con stemmi. Esemplari di questa epoca si conservano al Museo diocesano di Albenga. Tra la fine del XVI secolo e i primi decenni del successivo, alcune famiglie di maiolicari di Albisola si trasferirono a Pavia, contribuendo così allo sviluppo della Maiolica di Pavia.
Nel Settecento il colore azzurro gradatamente venne abbandonato e la produzione si limitava a boccali, a brocche, cioè a terrecotte semplici. Esemplari di questa tipologia sono al Museo Trucco di Albisola Superiore: si tratta di ceramiche graffite, conventuali, di ingobbiate, comunque di prodotti semplici e popolari. Andrea Levantino ebbe il merito di rinnovare la produzione, grazie all’uso del nuovo colore rosa manganese.
Nell’Ottocento Bartolomeo Seirullo introdusse il colore bruno chiaro. Si produceva anche una terracotta economica, a smalto bruno e decorata con strisce o con macchie scure. Queste semplici stoviglie erano anche esportate oltre Oceano. All’inizio dell’Ottocento entrò in produzione la terraglia nera e a metà del secolo fece la sua comparsa il pentolame da fuoco, prodotto esclusivamente da grandi fabbriche di ceramica. I ceramisti tradizionali continuavano a lavorare oggetti di terracotta gialla ingobbiata, poi verniciata a solfuro di piombo, quindi decorata con l’utilizzo di stampi Modellavano anche i pastori di Natale (detti macachi), venduti alle fiere di paese.
Dal 1862 la manifattura Poggi iniziò a produrre in serie piatti bianchi di ceramica. Con Nicolò Poggi inizia la ceramica artistica. I nomi eccellenti di questo periodo sono Giuseppe Piccone e Bausin Mazzotti. Con il Futurismo, Albisola si riempì di artisti: Tullio d’Albisola (pseudonimo di Tullio Mazzotti), pubblicò nel 1938 con Marinetti, il Manifesto Futurista della Ceramica e Aereoceramica e aprirono la strada ad altri Maestri tra cui Manlio Trucco, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi e Arturo Martini.
Nel 1954 Enrico Baj e Asger Jorn idearono gli <Incontri Internazionali della Ceramica>, presso le Ceramiche Mazzotti. Albisola partecipò alla Mostra di Arte applicate di Monza nel 1923, alle esposizioni universali di Parigi del 1924 e del 1937 e a quella di Berlino del 1938. Tra gli altri artisti del Novecento e oltre che hanno lavorato ceramiche nel territorio di Albisola si ricordano: Oscar Saccorotti, Antonio Sabatelli, in arte Saba Telli, il pittore e ceramista Ignazio Moncada, Eliseo Salino che era anche scultore, Piero Maggioni orafo e ceramista, la pittrice e ceramista Mirella Fiore, Mario Gambetta pittore, incisore e ceramista, Giovanni Acquaviva, pittore e ceramista futurista, Aureliolo Caminati, pittore e ceramista; Ego Bianchi, pittore e ceramista; Emilio Scanavino, ceramista pittore e scultore; Ideo Pantaloni, pittore, scultore e litografo. Il ceramista svedese Ansgar Elde, il pittore e ceramista Ignazio Moncada e il pittore e scultore cubano Alfredo Sosabravo si sono serviti dei forni di fabbriche di Albisola. A testimonianza di tutto questo resta la “Rassegna Internazionale di Ceramica Contemporanea” e il Museo Civico dell’Arte Contemporanea.
L’arte della ceramica, dunque, non è stata solo un lavoro ma è stata una passione viscerale che ha nutrito e ha dato un senso alla vita intera di molti artisti.
Ricordiamo come esempio mirabile Giovanni Poggi che ha appena compiuto novant’anni ed ha le mani nell’argilla sin da fanciullo. I primi manufatti l’ha realizzati chiedendo il permesso alla madre. Appassionato di ciclismo ha paragonato il percorso della sua vita alla classica corsa di Primavera <Milano – San Remo>. Lui sostiene di essere giunto ormai a San Bartolomeo al Mare. Discende da un’antica famiglia di vasai albisolesi. Nel 1954 ha iniziato la sua carriera come torniante presso la manifattura per la produzione di ceramiche artistiche “C.A.S” di Santa Margherita Ligure. Quattro anni dopo, assieme a Mario Pastorino ed Eliseo Salino, fonda la manifattura San Giorgio, così denominata perché inaugurata il giorno della ricorrenza del santo.
Da quel giorno lo studio di Poggi ha ospitato numerosi artisti italiani da Lucio Fontana a Milena Milani, da Aligi Sassu a Sandro Cherchi, da Gianni Dova a Giannetto Fieschi, da Mario Rossello ad Agenore Fabbri. Nell’ambito internazionale vanno ricordati il danese Asger Jorn che nel 1959, ha realizzato con l’aiuto di tutti i collaboratori della fabbrica un grande pannello ad altorilievo per lo Staadtgymnasium di Aahrus e il cubano Wilfredo Lam, portatore di correnti surrealiste mediante il suo incontaminato universo creativo. Ancora oggi nella sua manifattura si avvicendano artisti italiani e stranieri, mantenendone e valorizzando ancor più il già alto livello culturale e artistico.
“Giovanni Poggi compie novant’anni, sembra incredibile, ma è davvero così- ha scritto in un post l’assessore savonese Nicoletta Negro,- Novant’anni di vita intensa, più di sessanta trascorsi a lavorare all’interno della sua manifattura da lui fondata, nel lontano aprile del 1958 insieme agli amici Eliseo Salino e Mario Pastorino: le Ceramiche San Giorgio. Il compleanno di Giovanni Poggi, e mi sgriderà bonariamente per quello che dirò, non è solo il suo, ma è il compleanno di una comunità intera, che lui riunisce intorno a sé da tanti anni, diventandone il simbolo di una storia importante, legata all’antica tradizione ceramica, che diventa sperimentazione grazie all’incontro con gli artisti che hanno fatto grande il nome di Albisola, ma che continua ad esistere ancora oggi, attraverso il fratello Piero, il figlio Matteo e alla cognata Silvana, che senza clamore e vanità lavorano incessantemente, perché tutto continui miracolosamente a funzionare. Giovanni ama ogni centimetro della fabbrica, ma il suo cuore da Ellera, in realtà non è mai andato via; lo testimoniano i tanti pannelli prodotti e donati per contribuire all’atmosfera fiabesca del borgo, che si è trasformato nel tempo, in una vera e propria galleria a cielo aperto. Lui è il leader della sua azienda, ma diventa anche istrionico guida turistica, quando i numerosi Danesi che arrivano ad Albissola Marina per ripercorrere la vita e i luoghi di Asger Jorn, scendono dalla collina dove è ubicata la Casa Museo, per visitare le Ceramiche San Giorgio. In Danimarca infatti, Giovanni Poggi è una specie di eroe dai <super poteri creativi>, premiato dalla città di Silkeborg 2018 con il prestigiosissimo premio Drewsen, riconoscimento concesso agli stranieri che onorano la Danimarca, attraverso azioni importanti e lui lo fa quotidianamente, custodendo e promuovendo proprio la figura e le opere di Asger Jorn”.
Indubbiamente Giovanni Poggi ha portato avanti un’azienda che ha non solo una tradizione decennale ma è diventata un orgoglio per l’Italia intera. Nonostante il lievitare dei costi di produzione continuerà a lavorare, pur stringendo un po’ i denti e riuscirà a soddisfare le richieste degli estimatori della sua preziosa opera. Soggiunge Nicoletta Negro: “Giovanni racconta gli aneddoti della sue avventure artistiche, fra fatiche e scorribande e mentre lo fa ride, si commuove, ti abbraccia e ti sgrida, il tutto in pochi minuti, chiunque tu sia, qualunque sia la tua storia, perché l’unica legge non scritta, è quella che, varcata la soglia della fabbrica, tu sia pronto ad innamorarti della ceramica artistica. A me è successo ad innamorarmi dell’arte, proprio varcando quella soglia, da ragazzina e da allora noi due non abbiamo mai smesso di chiacchierare, sognare, progettare, ridere e piangere insieme, e sempre guardandoci negli occhi mi sono sentita dire brava, ma mi sono presa anche sonore sgridate, quelle che fanno riflettere, perché arrivano da chi ti vuole bene e così, fra una pacca sulla spalla ed un monito, la nostra amicizia è arrivata sino a qui. Io cinquanta e lui novanta, ma senza timore di smentita, il ragazzino, fra noi due, è lui! Per questo e per mille altri motivi, il compleanno dello “Zione”, come ama chiamarlo sua nipote Simona, garbata ed intelligente Assessore alla Cultura del Comune di Albisola Superiore, non può che essere celebrato con un grande abbraccio corale, caldo e avvolgente, da parte di tutti noi e… altri novanta di questi giorni!”
Speriamo che <quel ragazzino senza tempo> abbia sempre più considerazione anche dalle autorità pubbliche per garantire al suo <cenacolo di bellezza> un futuro ancora più prospero.
A proposito di cenacolo, a pochi passi dall’atelier di Giovanni Poggi e nato il “ CENACOLO DEGLI ALFABETI”
Il cenaculum, nell’antica Roma era la sala della domus nella quale si cenava. Di solito era posta ai piani superiori. Per antonomasia è stata la stanza dove Gesù fece l’ultima cena con gli apostoli, istituendo il sacramento dell’Eucarestia e dove poi discese sugli apostoli lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste. Gli occhiali simboleggiati nel logo del “Cenacolo degli Alfabeti” rappresentano lo strumento per leggere ovvero l’acquisizione del sapere, mentre la penna rappresenta lo strumento per scrivere ovvero per divulgare il sapere. E’ proprio attraverso la lettura che si acquisisce la conoscenza e grazie alla scrittura si elabora e si divulga la conoscenza. La lettera Omega essendo l’ultima dell’alfabeto greco, rappresenta un segno di umiltà, dote in contrapposizione alla superbia del sapere. Se ci riferiamo all’Ultima Cena, Il Cenacolo del Ghirlandaio, Il Cenacolo Vinciano corriamo con il pensiero anche al luogo dove si radunavano letterati ed artisti che seguivano un medesimo indirizzo estetico, spesso con un proprio capo accolto e ammirato come maestro. Il dizionario Treccani riporta anche il valore spregiativo del termine cenacolo come conventicola e chiesuola.
Ma non è pertinente alla pregevole formazione albisolese, partorita nella manifattura ceramica Giuseppe Mazzotti che è sta avviata nel 1903 da Giuseppe (Bausin) Mazzotti cui sono succeduti i figli Torido, Tullio e Vittoria. Nel 1959 i fratelli Mazzotti si dividono con la conseguenza che l’attività paterna viene a cessare. Torido, primogenito del fondatore, avvia una nuova azienda, mantenendo come da accordi con i fratelli, la titolarità del nome Giuseppe Mazzotti e l’uso industriale dei calchi e del marchio della fabbrica, fondata nel 1903 dal padre Giuseppe (Bausin) Mazzotti. Alla fabbrica fanno capo la moglie Rosa e il figlio Giuseppe Bepi che vi assume progressivamente il ruolo di direttore commerciale. Nel 1983 Tullio Mazzotti, figlio di Giuseppe Bepi, inizia la collaborazione con la manifattura Giuseppe Mazzotti. Nel 1988 Torido muore e l’anno successivo il figlio Giuseppe Bepi Mazzotti diventa l’unico titolare dell’atelier Giuseppe Mazzotti 1903 continuando la produzione di Torido.
Nel 2005 a sua volta lascia l’attività al figlio Tullio che continua l’opera ceramica delle creazioni Giuseppe Mazzotti di Albisola. Inizialmente l’azienda era ubicata nell’antico borgo albisolese di Pozzo Garitta, poi ha aperto una succursale ad Albissola Superiore e nel 1934 ha riunificato le sedi alla foce del torrente Sansobbia dove ancora oggi l’attuale Giuseppe Mazzotti mantiene la propria attività. Le manifatture Mazzotti hanno segnato l’arte ceramica del Novecento, sia con le proprie produzioni artigianali, oggi molto ricercate sal mercato dell’antiquariato, sia per i rapporti che hanno con il mondo dell’arte.
Ma i ceramisti come tante altre categorie oggi sono impegnati prioritariamente a trovare i soldi per pagare le bollette della luce e del gas dai costi esorbitanti, pagamenti che si accavallano con sempre maggiore vigoria. Un plauso particolare va tributato ai figulinai della <Città delle arti>, che cercano di dare risposte anche culturali a problemi di natura prevalentemente economica e politica.
Si tramandano un’arte da generazioni e ne sono affezionati, ben felici ogni mattina da aprire le porte delle loro storiche botteghe anche ai giovani discepoli. L’aumento dell’elettricità incide fortemente sulle loro attività. Bisogna illuminare bene il manufatto per poter forgiare un prodotto rifinito ad arte ed i forni elettrici consumano moltissimo. I forni che sono ancora a gas, usufruiscono d’un bene ancora in gran parte comprato all’estero e pertanto soggetto a restrizioni ed a speculazioni. L’idea dell’autonomia energetica era troppo avveduta per la nostra classe politica. Ma Albisola resta come scrive il giornalista Gianni Oliva: “Un luogo dove l’argilla diventa immagine e riempie l’atmosfera di messaggi; un cenacolo di botteghe” di arte e cultura.
Gianfranco Barcella