Sono contrario a ogni visione retrograda e oscurantista. E così è quella di Vladimir Putin.
di Sergio Bevilacqua
Putin ha fatto la guerra NON per salvare le vite dei russi di Ucraina, ma per rallentare l’obsolescenza di risorse strategiche dell’economia russa oligarchica come gas e petrolio, e per ritardare il processo di consolidamento eurasiatico che lo avrebbe visto riportato alla sua realtà: il gestore di un Paese di media dimensione sistemica, arretrato tecnologicamente e istituzionalmente, aggressivo, che avrebbe dovuto rinunciare a grandeur secolare per lasciare il campo al nuovo globale virtuoso.
La politica putiniana è incapace di concepire, per motivi d’interesse personale e del piccolo gruppo di oligarchi minerari che vengono a vivere (fare i viveur) in Occidente, che il futuro del popolo russo, come dell’intera umanità, è nell’olismo. Un passaggio fondamentale dell’olismo è proprio il consolidamento eurasiatico, che Putin non vuole, perché metterebbe a nudo gli enormi danni causati al popolo russo dalla sua gestione e degli ultimi 30 anni, tenuta nascosta da un meccanismo economico interno bugiardissimo, di matrice pseudo-islamica.
Un pò di sofferenza ci sarà e c’è, in Occidente e in Italia, ma il breve termine confligge con il medio-lungo. La strategia anti-Putin è corretta e va sostenuta con tenacia. L’Eurasia deve fondersi e queste barriere opportunistiche di guerre e prezzi delle materie prime devono cessare per lasciare lo spazio al mercato, dei beni e dei raw materials e a infrastrutture di collegamento tra Europa e Asia.
Non sarà come scrivono certi aspiranti fuggiaschi egoisti, ed è certo che il percorso olistico che l’umanità ha intrapreso non si fermerà al confine delle Canarie, del centro America o a cavallo degli Urali, dove questi furbetti intendono trasferirsi.
Il GLOCAL è destino e i suoi confini sono, come per le attività patrimoniali fruttifere, i rendimenti marginali decrescenti, non la cattiveria umana. E così il LOBAL, che non è disperata difesa di rendite da posizioni superate (Putin e la “sua” Russia, che non è né Tolstoj né Šostakovič), ma concreta strategia economica e civile. Gli anacronismi verranno certamente superati, ma non dall’Aquila americana, bensì da ciò che inconsapevolmente forse difende, cioè la regola dei rendimenti marginali decrescenti e dalla organizzazione, naturale come il GLOCAL, del suo inverso, il LOBAL.
Ciò detto, ringrazio da sociologo per i consigli che questi aruspici del crollo della civiltà occidentale somministrano con sincerità e dovizia, ma che considero errati, alla luce di 50 (cinquanta) anni nel corpo vivo dell’economia italiana e mondiale, ben riflettuti per ipotesi e consuntivo.
E, mentre i catastrofisti vendono immobili a Modena e Treviso, causando turbolenze dovute alle loro paure, io mi tengo la mia collezione d’arre e di antiquariato (anche se il valore si è già ridotto a un decimo, ma immutato è il suo valore morale per me), la mia cittadinanza e il mio Paese, e non me ne vado, ben consapevole di non essermici mai peraltro identificato romanticamente oltre misura.
Draghi se ne andò (auspico per tornare) lasciando un Parlamento osceno a rinnovarsi come un lupo mannaro sotto non la classica luna piena ma la canicola estiva. Per quello era contento, e rideva: aveva somministrato d’accordo con la volpe Mattarella una sonora punizione al Parlamento, ai ridicoli leader della Repubblica delle Banane, e alle cicale numerose nel popolo italiano. Una sonora punizione. Vedere muoversi e sudare questi politici da strapazzo sotto il sole ferragostano è molto divertente anche per me.
Mollare questo organo lobotomizzato dall’asportazione di metà almeno, cioè l’assenza di partiti degni di questo nome, sarebbe stato molto divertente anche per me, come lo è stato per Mario Draghi, che ho conosciuto nel 1985 e che stimo davvero come persona.
Mi farà comunque piacere, cari astuti fuggiaschi del lusso, sapere che siete sereni per qualche semestre di più altrove. Rimane che i catastrofisti non li capisco, proprio scientificamente… Prevedere una catastrofe è impossibile e il gioco del bridge mi ha insegnato il calcolo delle probabilità. Al lupo al lupo lo si sente da 30 anni, e il vero lupo l’abbiamo avuto 60 anni fa.
Comunque buon viaggio a loro e, se vorranno far sapere dove sono in fuga lo comunicassero, che sarà la volta che ci faccio una scappata in vacanza.
Ovviamente se qui in Italia, Europa e Occidente sopravvivrò… Ma per favore!
Sergio Bevilacqua