La secolare tradizione cantieristica navale di Varazze , già presente e documentata nel Medioevo, toccò il suo massimo fulgore nella prima metà dell’Ottocento. Poi, con il progresso industriale, la costruzione degli scafi in legno venne progressivamente abbandonata a favore di quelli in ferro prima e in resina poi.
di Tiziano Franzi
Ma Varazze ha sempre avuto nel proprio DNA la propensione per costruire imbarcazioni e questa si è tramandata fino ai giorni nostri, di generazione in generazione. Purtroppo con il tempo questa è scemata e oggi è attivo in Varazze un solo maestro d’ascia , Franco Cattaneo, che nel suo cantiere in località Mola persevera indefesso nell’antica arte di questo glorioso “mestiere”.
Ma quello di maggiore prestigio nella storia di Varazze è stato il cantiere Baglietto (u cianté) , attivo dal 1854 al 1983, guida per il periodo in cui fu
della famiglia Baglietto. Poi gli edifici del marchio “del gabbiano” sono passati più volte di proprietà e recentemente abbattuti nella loro totalità.
Mio padre, Giambattista Franzi, ha lavorato per decenni in tu cianté come disegnatore, all’epoca della sua stagione d’oro, quando quegli splendidi yacht venivano commissionati dai più importanti nomi della finanza, dello spettacolo, dell’industria e non solo, che affidavano ai Baglietto di Varazze la costruzione dei loro yacht padronali.
Ma in queste pagine voglio tracciare per sommi capi (perché poche sono le informazioni reperibili) l’inizio della storia dei Baglietto, quando tutto cominciò per l’iniziativa di un uomo che, senza titolo di studio né conoscenza del mestiere, diede inizio a un’avventura, a un sogno che si fece realtà, che ne porterà il nome a tramandarsi di generazione in generazione.
Parlo di Pietro Baglietto ( detto u Muntagnin )e insieme a lui, in una “intervista impossibile” – grazie soprattutto all’aiuto della pronipote Emanuela Baglietto – rivivremo quei mitici anni in cui si dedicavano intere esistenze al mare, nelle più svariate forme.
Signor Pietro Baglietto, il cognome che lei porta è stato – ed è tutt’ora- legato alla costruzione di imbarcazioni. Mi vuole parlare degli anni dei suoi inizi, non facili, suppongo.
Non furono anni facili, certamente, ma, nel mio piccolo, coltivavo allora un sogno che ho visto diventare realtà negli anni e che ho poi affidato ai miei eredi, sapendo che sarebbero stati in grado di fare meglio di me, come in effetti è accaduto.
Sono nato nel 1841 in una famiglia di modeste origini, ma di sani principi e di grande volontà nel lavoro, di cui era capofamiglia mio padre Giobatta (detto Baciccia) che era proprietario di un’officina di fabbro ferraio e prestava la sua mano d’opera nei diversi cantieri che allora erano attivi sulla spiaggia di Varazze, lavorando quel ferro che si doveva unire alla perfezione con il legno che veniva dall’entroterra, per dare corpo a una imbarcazione. Era un lavoro fisicamente impegnativo e io, piuttosto mingherlino di corporatura, non mi sentii in grado di seguire le sue orme. Avevamo un cortile al Solaro, un orto a centro metri dal mare, dove costruimmo un capanno di 200 metri quadrati, che fu l’antesignano dei cantieri Baglietto. Lì cominciai a dare forma a piccoli scafi di gozzi e canotti da pesca e da diporto. Il lavoro non mancava, per fortuna, e mi fu anche commissionata da un gruppo di notabili genovesi la costruzione della “Barchetta”, una piccola jole,destinata a essere donata a papa Leone XIII in occasione del giubileo del 1881.
In seguito un’altra jole di mia fabbricazione, la “Ora e sempre”, di dodici metri, costruita per il Rowing Club di Genova risultò imbattibile in tutte le regate. Cominciai allora a realizzare piccole barche da diporto a vela. La prima opera importante fu il cutter “Rosy” – lungo 7,50 metri con albero e a vele Baglietto – per il conte e senatore del Regno di Sardegna Ponza di San Martino di Torino. Intanto però non smisi di costruire barche più piccole, come le lance a remi per le navi in costruzione nei cantieri Odero e Ansaldo di Genova.
Poi lei costruì il suo primo cantiere sulla spiaggia, sempre a Varazze.
Decisi infatti di affacciarmi al mare con un mio cantiere, proprio sulla spiaggia, come ce n’erano molti altri a Varazze( credo di essere stato uno dei primi a fare un cantiere chiuso. Fino ad allora erano stati cantieri a cielo aperto), dal Solaro a San Nazario. Ottenni la licenza per la costruzione nel 1890, sul litorale oggi di fronte ai giardini pubblici in piazza santa Caterina.
Maestranze del primo cantiere Baglietto
Davanti a quel cantiere nel 1894 fu varata la“Cisco”, la prima barca a deriva mobile in Liguria.
Progetto per uno yacht a deriva mobile
Qualche anno prima, nel 1891 il “Miss Mary” – yacht costruito su piani dell’americano Nathaniel G. Herreshoff- venne portato al cantiere dal proprietario Henry Cassinelli, per modificarlo in modo da renderlo più veloce: il cutter da mediocre diventerà un vero campione. Era così iniziata l’esperienza “internazionale” dei Cantieri Baglietto, che non ha avuto più fine.
Sempre nel 1894 il “Wasp” ottenne ogni primato nelle competizioni nazionali.
Nel 1906 è la volta di “Giuseppina”, di Decio d’Alì di Trapani, figlio di Giuseppe, industriale, armatore e senatore del Regno di Sardegna , che aveva scelto quel nome in onore della moglie, Giuseppina Adragna d’Altavilla: era il più grande yacht a motore con vela ausiliaria dell’epoca, della lunghezza di 22,60 metri.
Si trattava comunque di un cantiere-capannone in legno, vero?
Sì, la tradizione della cantieristica varazzina era sempre stata quella di avere fabbricati direttamente affacciati sul mare, formati da capannoni che talvolta venivano rimossi per essere spostati di qualche decina di metri. Alcuni, in passato, non erano neppure veri capannoni, ma semplici tettoie in legno e stuoie.
E quando fu realizzato il primo cantiere Baglietto in muratura?
Nel 1908, con il nome S.I.A.M., cioè Società Italiana Automobili Marittimi.
Queste, le automobili marittimi – prima chiamate canotti marittimi o canotti automobile -, erano all’avanguardia a inizio secolo e io mi cimentai con passione anche in questo ambito della nautica, perché sono convinto che la tradizione possa e debba essere coniugata con il progresso, per dare i risultati migliori. Così mi lanciai con entusiasmo in questa nuova impresa che, devo dire, fu anch’essa coronata dal successo. Il Futurismo aveva imposto il mito della velocità e così anche il mio cantiere aprì le porte al progresso.
Nel 1906 fu costruita il” Pampa”, che dopo aver vinto molti premi a Monaco, realizzò il sogno del barone Obchorena nelle acque della Senna a Parigi.
Fu poi la volta del “Ragagui”, che trionfò in regato a Buenos Aires, cui seguirono l'”Hurrah”, il “Banzai”, il “Sultan”, la “Luisa”, la “Novella” e il” Darling”: scafi sempre più potenti e sempre più grandi.
E dopo che la fama del nome Baglietto aveva ormai superato i confini nazionali, il cantiere mise la sua esperienza al servizio della Marina Militare.
Proprio così. Seguendo il desiderio di innovazione, il cantiere S.I.A.M. Baglietto realizzò il primo idroplano, con i motori ideati dagli ingegneri del Genio Aeronautico Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni, antesignano dei futuri aliscafi.
Poi, nel 1911, a sett’antanni, passai la mano a mio figlio Bernardo, che si farà coadiuvare a dirigere le maestranze dal fratello maggiore Giobatta, di ritorno da San Francisco, dove era emigrato ai primi del ‘900.
Mi piace concludere questa “intervista impossibile” con la dichiarazione dell’architetto Renzo Piano, che introduce il libro ” Baglietto – A dream on the sea – Un sogno sul mare “ di Emanuela Baglietto ( che ringrazio ancora vivamente ).
Costruire barche è il più bel mestiere del mondo.
Ed è anche uno dei più antichi.
Assieme a costruire case, coltivare campi,
pescare pesci, ed esplorare il pianeta.
E per far questo mestiere ci vuole talento,
ma anche tante altre cose,
con l’abilità del costruire e la precisione del gesto.
E ci vuole anche coraggio,
perché una barca deve galleggiare sull’acqua,
il mare è grande, e fa paura.
E poi in una barca si cerca anche la bellezza
Perché la sua forma deve avere il dono dell’essenzialità,
saper sfidare la forza di gravità
e l’energia delle onde.
Infine, c’è la sperimentazione dei materiali,
l’abilità di togliere tutto ciò che è superfluo
e non sprecar nulla.
C’è l’essenza dio una genovesità che mi appartiene,
e che mi ha sempre affascinato
nell’opera dei cantieri Baglietto.
Sin da piccolo, sulla spiaggia di Varazze.
Tiziano Franzi