La Liguria ha una nuova Area Wilderness: Bric Agnellino, vetta settentrionale maggiore del complesso montuoso del monte Carmo (1.642) , il più elevato ed ultimo verso est della catena alpina ligure.
di Franco Zunino
Un nuovo successo per istaurare un principio! Dopo tre anni di attente valutazioni e sopralluoghi, sia il Consiglio comunale di Giustenice sia quello di Magliolo, due splendidi paesi incastonati sul retro della riviera ligure occidentale, hanno deliberato la designazione di propri settori di quella che è stata complessivamente denominata Area Wilderness Bric Agnellino, la vetta settentrionale maggiore del complesso montuoso del Carmo.
Il valore selvaggio e naturalistico di quest’Area Wilderness è elevatissimo, e, per la sua biodiversità, la fa annoverare al primo posto tra le ormai quasi oltre 80 Aree Wilderness designate in Italia, in 12 Regioni e ben 25 Province; ciò in quanto vi sono presenti innumerevoli specie rare ed endemiche della flora e della fauna alpina. Così come lo è la sua bellezza paesaggistica e scenografica, specie per chi la osservi dalla strada provinciale che sale al Colle del Melogno, e, per la sua posizione dominante sul grande arco della riviera ligure occidentale, per chi la frequenti.
Mentre il Settore di Giustenice – denominato Monti di Giustenice – pur comprendendo una parte settentrionale e selvaggia in Val Maremola giunge ad estendersi anche attorno al Monte Aguzzo ed al versante rivierasco, quello di Magliolo – denominato Costa dei Balzi Rossi – completa quella che è comunque la parte più selvaggia e meridionale della Val Maremola. Entrambi si estendono fino allo spartiacque con la Val Bormida.
La loro estensione è di circa 800 ettari per il Comune di Giustenice (dei quali 477 ettari di demanio comunale, che sono intesi come Zona di Tutela Ambientale interna a maggiore protezione), e di circa 400 ettari quello di Magliolo (con una Zona demaniale interna di 41 ettari – nella quale ricade la Costa dei Balzi Rossi, già da qualche anno attrezzata con una ferrata per una risalita alpinistica – che è comunque di minimo impatto urbanistico, e che la presenza dell’Area Wilderness ancora di più valorizza); quindi per un totale di circa 1.200 ettari. Peraltro, il Comune di Magliolo non si è limitato alla designazione del proprio Settore di Area Wilderness; ha anche accolto la proposta dell’AIW di annettere all’altrettanto importante Area Wilderness del Bric Gettina o “Purin“, designata nel 2016 dal limitrofo Comune di Rialto, una fascia del proprio territorio comunale estesa circa 70 ettari (dei quali circa 60 di demanio comunale) che dalla cresta del Bric Gettina e Rocca Cucca giunge al sentiero (oggi pista ciclabile) che dal Colle del Melogno scende fino a Finale Ligure. Un completamento che valorizza anche quest’altra Area Wilderness, finora ritenuta quella con maggiore biodiversità tra le Aree Wilderness italiane, oggi record forse battuto – o equiparato – dalla nuova Area del Bric Agnellino.
Lo stato morfologico-paesaggistico ed ambientale di quest’area la fa annoverare tra le più selvagge (ovvero prive di ogni forma di strade e moderne strutture) e ricche di biodiversità rimaste lungo la riviera ligure; e proprio per questo la si è voluta tutelare come unicità ambientale, sebbene, ciò, nel rigoroso rispetto delle utilizzazioni e sfruttamenti delle risorse naturali rinnovabili, specialmente per le parti appartenenti ai privati, ragion per cui nessun impedimento sarà posto loro per le utilizzazioni forestali, la raccolta dei funghi e, soprattutto, per l’attività venatoria.
Ed anzi, proprio, e soprattutto, i cacciatori avranno nell’Area Wilderness una specie di garanzia contro l’eventualità che trattandosi di un’area che rientra come Sito del programma “Bioitaly Natura 2000” dell’Unione Europea, e quindi delimitata come ZSC, possa un domani essere vincolata d’autorità come Parco Regionale. Un’eventualità notoriamente da anni sempre caldeggiata dalle forze ambientaliste nel tentativo di chiudere sempre più aree alla caccia – sebbene l’attività venatoria sia l’ultima o la meno impattante delle pratiche outdoor; necessità che viene meno, e che si potrà contestare con i formali atti deliberativi dell’Area Wilderness, quali prova di una lodevole scelta spontanea dei Comuni di assicurarne l’autonoma conservazione di propria iniziativa; e che proprio per questo la proposta potrà essere, almeno ragionevolmente, respinta.
In pratica, la scelta dell’Area Wilderness deve infatti vedersi come una soluzione di compromesso tra una non difesa di aree che per la loro bellezza e scenografia si sono preservate proprio per la loro situazione morfologica, e la necessità di assicurarla. Un’assicurazione che ha storici ed importanti esempi in America ed in Finlandia dove aree simili per selvaggità, proprio per le ragioni conflittuali con le popolazioni locali, anziché proteggerle con l’imposizione di Parchi, si sono scelte le più territorialmente severe ma permissive in quanto all’utilizzo di risorse naturali rinnovabili, Aree Wilderness. Prova che continuare ad assicurare questa situazione con un impegno di salvaguardia locale non rappresenta un sacrificio inaccettabile come avviene per le aree protette nazionali e regionali, che proprio in quanto tali sottraggono potere all’autonomia locale e diritti ai proprietari privati.
Perché nonostante questo, le Aree Wilderness assicurano proprio quella forma di protezione che di solito è la principale motivazione per richiedere vincoli d’autorità. Aree che, peraltro, godono comunque di un riconoscimento nella classificazione internazionale delle aree protette stabilita dall’autorevole IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), uno dei rami dell’ONU, che le annovera addirittura tra le aree protette mondiali più tutelate.
Non per nulla, merito di quest’Area Wilderness va anche, e proprio, data al positivo accoglimento della proposta da parte del mondo venatorio, che ne ha capito l’importanza per la difesa dei territori e dell’ambiente in cui i cacciatori agiscono; una difesa saggia e non ideologica, ovvero ragionevole che essi stessi rispettano (a tal punto dall’avere essi stessi inserito in un Rifugio, la zona frequentata dal Camoscio, onde garantirne la sua protezione). Ragionevolezza che non nega neppure l’uso e la frequentazione di alcuni itinerari anche alle mountain bike, mezzo che, quando non disciplinato, pure non pochi problemi crea al mantenimento dei sentieri e alla conservazione dei delicati habitat montani; e l’Area Wilderness può essere anche un motivo proprio per assicurare questa disciplina, ovvero impedendo e/o controllando le spericolate e dannose discese da downhill ed enduro, ma non gli itinerari turistici ragionevolmente stabiliti.
Dallo stretto punto di vista naturalistico quest’area geografica appartenente al complesso del Monte Carmo rappresenta una realtà biogeografica unica, dove una grande varietà di specie di flora e di fauna tipicamente alpine giungono qui all’estremità orientale della loro distribuzione e dove esse si vengono ad incontrare con quelle tipicamente appenniniche (il limite geografico tra le due catene montuose è infatti stato stabilito solo poco più di una decina di chilometri più a nord, nel famoso Colle di Cadibona o Colle di Altare).
Una presenza anche influenzata dalla stretta vicinanza della costa marina, quindi anche con presenza di specie climaticamente affini. Non si cita qui il lungo elenco di queste specie proprio per il loro elevato numero, ricordando però che in moltissimi casi di tratta di vere e proprie rarità, spesso anche endemismi reperibili solo qui o in pochi altri luoghi, cosa che rende queste montagne una vera e propria nicchia biogeografica. Particolarmente rilevante sono la presenza di un piccolo nucleo di Camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) e la segnalazione del Rododendro (Rhododendron ferrugineum); entrambe specie tipicamente alpine qui all’estremo sud-orientale (ligure) della loro distribuzione.
Tra le altre specie floristiche almeno degne di una citazione per la loro rarità, ci sono la Pinguicola (Pinguicola vulgaris), la Primula impolverata (Primula marginata), il Garofano pavonio (Dianthus pavonius) e il Garofano forcato (Dianthus forcatus), tutte specie del solo Piemonte e Liguria occidentale, nonché il Raponzolo con foglie di betonica (Phyteuma betonicifolium), endemismo della Liguria che giunge solo fino al savonese. Faunisticamente è probabile che vi sopravviva, almeno nelle parti più meridionali ed esposte alla riviera, la Lucertola ocellata (Timon lepidus), una delle maggiori rarità zoologiche italiane, qui nel suo areale di maggiore diffusione. Interessante è anche la situazione geo-morfologica, con diverse grotte e cavità, alcune anche di recente scoperta e di particolare valore, e certamente non scevre di future scoperte geologiche, ma anche faunistiche rare, come ad esempio, la probabile presenza del non comune Geotritone di Strinati (Speleomantes strinati).
E’ intenzione delle amministrazioni comunali e dell’Associazione Wilderness di presentare presto l’Area Wilderness Bric Agnellino con una pubblica cerimonia inaugurativa.
Franco Zunino
(Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness)
I Monti di Giustenice, con a sinistra la cima del Monte Carmo e a destra il Bric Aguzzo, visti dalla strada provinciale per il Colle del Melogno. Foto Elisa Perrone
Dalla cresta del Bric Agnellino di Magliolo verso i Monti di Giustenice, con una fioritura della rara Primula impolverata (Primula marginata). Foto Franco Zunino
Dai Monti di Giustenice verso lo spartiacque con la Val Bormida, con il Bric Agnellino e la sottostante Costa dei Balzi Rossi. Foto Elisa Perrone