Dal Barolo al Rossese: il vino come fonte di ispirazione per la pittura di Eugenio Comencini.
di Luigi Iperti
La celebrazione dei 50 anni del Rossese di Dolceacqua, di San Biagio della Cima e di Soldano, mi sembra l’occasione giusta per parlare del pittore Eugenio Comencini (Savona 1939 – Torino 2015), che aveva un rapporto appassionato con il mondo del vino. Egli, amava le terre del rossese, i paesi della riviera ligure, dove aveva esposto i suoi quadri, e la Valle Roia da cui era originaria la madre.
Il Comencini, architetto e professore di pittura all’Accademia delle Belle Arti di Venezia ed alla Accademia Albertina di Torino, in realtà è stato prima di tutto un grande pittore. Ha esposto i suoi quadri in Italia ed all’estero tra cui Amsterdam, Mosca, Parigi e Barcellona. Viveva a Torino e, ogni volta che ne aveva possibilità, frequentava le Langhe, le terre piemontesi del vino, per trovare ispirazione per la sua arte. Il suo rapporto con il mondo del vino è ampiamente documentato nel libro, a lui dedicato, che uscirà a breve: Luigi Iperti, Eugenio Comencini, I colori e la luce, Editore De Ferrari Genova (€ 34)
Vi è un legame molto forte tra i ricordi giovanili del bar-osteria della madre ed il tema del vino, molto presente nella pittura di Comencini. L’ebrezza non è l’argomento dominante, bensì la convivialità, spesso interpretata in senso ironico, e l’amicizia che si alimenta negli incontri intorno ad una buona bottiglia di vino. Si aggiungono sentimenti e ricordi legati al mondo contadino, all’incontro con la terra, alle coltivazioni agricole. Ecco quindi la consuetudine del Comencini con il Monferrato con le campagne ed i vignaioli di Alba, dove ritorna, con continuità ad esporre i suoi quadri e dove la sua pittura diventa strumento di comunicazione di alcuni dei vini migliori, con la creazione di etichette innovative.
Comencini espone ad Alba, per la prima volta, alla Galleria l’Incrocio nel 1975. Vi tornerà varie volte (Museo Ratti dei vini d’Alba, Annunziata di “La Morra” nel 1977 – Veglio Arte Contemporanea 1984 – Museo Ratti, 1985 e 1988). E sarà spesso presente all’Enoteca del Roero in Canale. Il libretto di presentazione di questi eventi riserva sempre notizie sorprendenti legate al mondo dell’arte e del vino. In quello della Seconda Biennale d’Arte e Vino – Langhe e Roero del 1998, il critico Francesco Poli ricorda storie curiose raccontate dal poeta e scrittore Blaise Cendrars, grande amico del Modigliani, entrambi buoni bevitori. Le storie riguardano la loro vita a Parigi, quando Modigliani recitava versi della Divina Commedia in mezzo alla strada o quando immergevano bottiglie di vino nella Senna per raffrescarle mentre osservavano le lavandaie lavare i panni. Il Comencini è presente a questa Seconda Biennale con “Foto di gruppo femminile con Junker F.13”, del 1977, dove risalta la scena di figure attonite dagli sguardi perduti.
L’interesse del Comencini per il tema del vino è comunque anteriore alla sua prima esposizione ad Alba. È infatti del 1973 il quadro “Associazione la Corazzata 1890: nei lieti calici” a cui l’amico poeta Giorgio Luzzi ha aggiunto una postilla: “vino degli omini di Comencini”. Il vino è il cemento dell’amicizia con il Luzzi, che ricorda: «l’apertura di quelle bottiglie di vini eletti, che si trovavano immancabilmente in casa sua e di Piera, preludeva alla progettazione di una qualche tappa del percorso di collaborazione tra pittura e poesia: questa pratica era molto francese».
Nel 1977 Comencini dipinge: “Pranzo da Veglio a La Morra” che espone a La Testuggine di Cuneo e l’anno dopo “Omaggio al Barolo”, un grande e coloratissimo acrilico esposto alla Enoteca Regionale del Barolo a Barolo, in occasione della mostra dell’aprile del 1988. In un suo scritto il Comencini ne spiega i dettagli: «Nella parte centrale c’è una rivisitazione del Bacco con otto devoti (Los Borachos, Madrid, Prado). Sulla tela gli otto devoti sono rimasti in sei. I personaggi attorno alla parte centrale sono a destra il macellaio, la Madonna con il bambino, i due contadini che si servono del barolo su una panchina, la signorina seduta con l’ombrellino sul cofano del pulmino Alba Barolo e dei bambini.
Tutte queste figure sono tratte dalle fotografie di Luigi Foglio postino e ritrattista vissuto a Barolo dal 1886 al 1978. Lungo i margini in alto ed in basso sono riprodotti angoli caratteristici, degli undici paesi della zona del Barolo». L’amico Luzzi interpreta il rapporto di Comencini con il vino: «Complesso ed elementare al tempo stesso, il vino è divenuto affascinante e misterioso, essenziale e consuetudinario, ricco di vitalità e piacevole: in ogni caso profondamente legato all’uomo ed alle sue giornate. Così, enfatizzato, intensamente connesso con quanto di umano traspare alle manifestazioni vinose, così immediato, quasi passionale è il rapporto che sempre unisce il vino ad Eugenio Comencini.
Egli ha dedicato al vino, al suo mondo, ai suoi attori lunghi attimi della propria ispirazione e del proprio estro: i dipinti, i bozzetti, poi divenuti etichette da vino, sono testimoni di questo legame intenso. In modo quasi ironico, certamente con grande immediatezza e semplicità, Eugenio Comencini esprime del vino i caratteri essenziali, più importanti: al di sopra di tutto, quell’umanità che traspare da un calice e che al di là delle sensazioni piacevoli solite della degustazione, arricchisce chiunque incontri sul suo cammino». Innumerevoli sono le occasioni in cui la pittura di Comencini viene associata al vino.
Il numero di aprile/maggio del 2003 della rivista di enogastronomia “Taste Vin” di Asti gli dedica la copertina, riproducendo il quadro “Bacco in taverna” del 1985, e pubblica la presentazione di Marco Rosci: “Eugenio Comencini, forma e linguaggio”. Il Rosci conclude il suo scritto: «Comencini non può, di sua natura, né rivisitare né concettualizzare: preferisce, senza complessi, disegnare e dipingere etichette per l’Erbaluce e il Barbera e diplomi per Società Operaie».
Sempre nel 2003 alla festa di San Giovanni del 24 giugno, a Vezza d’Alba, l’Enoteca Regionale de Roero presenta “Il salto dell’acciuga” di Nico Orengo, con la copertina del pieghevole illustrata da un disegno di Comencini ed a settembre alla sua mostra a Pianezza vi è una sezione dedicata alle Etichette da Vino. Sul pieghevole è riprodotta l’etichetta del Roero Arneis ed il quadro “La casa di Bartolo a Barolo”.
Comencini ha dimostrato interesse alle etichette fin dai primi tempi in cui ha cominciato ad associare la sua arte al tema del vino. Una delle prime etichette, 1975, è quella del Rossese della Buscara di Mario Laura di San Biagio della Cima, un piccolo paese dell’entroterra tra Ventimiglia e Bordighera, luogo natio dello scrittore Francesco Biamonti. In un suo bel articolo del 1983 ci parla delle etichette e di quello che dovrebbe essere il contenuto tecnico delle stesse, facendo riferimento al Manuale del bevitore saggio del Ratti del 1974. Ma l’argomento più interessante e più personale è l’intervista a Enrico Paulucci, Presidente dell’Accademia Albertina. Si tratta di un pittore famoso nella Torino di quegli anni, con un’età che potrebbe essere quella del padre del Comencini e quindi quasi una conferma che pittura, vino ed etichette siano aspetti corretti del cammino di una vita dedicata all’arte. Anch’egli è di origine ligure, con ricordi di infanzia legati al vino. Inoltre è anche autore di due etichette, di cui una realizzata per il vino Campo Romano, di Luciano De Giacomi di Alba, che rappresenta “un gallo che canta al sole davanti alle vigne delle colline albesi” ed una per il Barbera novello delle Cantine Luigi Bosca di Canelli, “con due grappoli con foglie in un campo verde sotto un grande sole giallo”.
Nell’intervista il Paulucci racconta del suo rapporto con il vino: «Coincide con i miei ricordi di infanzia. Ho trascorso i miei primi anni per lunghi periodi a Monterosso nelle Cinqueterre; nel rustico della casa materna si svolgeva in autunno il rito della pigiatura, come si faceva pateticamente allora, con i piedi in grandi tini quadrati di legno. Forse per questo che il profumo del vino mi riporta sempre a quel tempo felice». Alla domanda sulle etichette il Paulucci risponde «Ho subito pensato che l’etichetta migliore è quella tipografica classica, poiché la nobiltà del vino è nel suo stato civile.
Tuttavia come avviene anche in Francia, partite di vino con l’etichetta firmata possono essere un titolo efficace per la gloria di un buon vino» e poi ancora: «Penso che con le etichette si potrebbe scrivere una storia del vino: da quelle sbiadite, scritte a mano, di cento anni fa alle ultime dorate e festanti».
Il tema del vino diventa spesso oggetto di dotte conferenze, in cui storia del vino, arte e temi economici-turistici trovano uguale dignità. Comencini è ormai molto conosciuto tra i cultori del vino e come tale diventa, nel 2006, protagonista di una bellissima operazione culturale, che merita di essere ricordata con qualche dettaglio. Daniele Savi, operatore nel settore dei vini, mette in contatto il Prof. Riccardo Zipoli, docente di letteratura persiana, con Maria Teresa Mascarello e Giuseppe Rinaldi, esponenti della Associazione culturale Giulia Falletti di Barolo. Il Prof. Zipoli è un profondo conoscitore delle opere del poeta persiano Hāfez del secolo XIV di cui ha scoperto numerosi versi ispirati al vino. All’incontro di queste personalità partecipa attivamente il Comencini. Insieme decidono di dare alle stampe un volumetto, “Versi sul vino” con trecento novantaquattro versi di Hāfez ed illustrazioni di Comencini, che lavora due anni, come lui stesso racconta, a realizzare i disegni a china, le tempere e gli acquarelli, consultando diverse opere riproducenti miniature persiane: «Ho scoperto la ricchezza di una cultura, che non conoscevo, e della vita che si svolgeva tra le numerose e diverse etnie esistenti in quel grande impero». Le miniature disegnate dal Comencini sono ricche di colori e rappresentano nobili personaggi, principi e principesse, suonatori e danzatrici in un paesaggio agreste ricco di verde, alberi e ruscelli.
A questa libro ne seguono altri, sempre illustrati dal Comencini, nel 2002 Mele & Mele e nel 2016 Pesche & Pesche, con ricette di torte di mele e di pesche, quest’ultimo uscito postumo con una speciale dedica a Eugenio Comencini appena scomparso. Anche qui nei disegni ogni tanto appare il bicchiere o la bottiglia di vino. Anche il rapporto di amicizia con Massimo Martinelli è nato e si è sviluppato attorno al mondo del vino. “Comencini, facci divertire” è il titolo che il Martinelli sceglie per la sua presentazione in occasione della mostra all’Enoteca Regionale del Roero in Canale nel 1999. E sotto il titolo scrive: «Da tempo non ho più avuto occasione di bere in maniera smodata in compagnia di Eugenio Comencini (o in maniera saggia… poiché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria) e quindi discutere di temi che ci stanno a cuore: il vino, appunto, la cucina, l’arte! […]. Se la sua mole può incutere un certo rispetto, i suoi quadri sono invitanti per la sobrietà dei temi nei quali è connaturata sempre una profonda ironia, così come nei disegni, o nei frammenti che colora all’istante e ti mette sotto il naso con fare sornione. Comencini ama il vino (ha disegnato belle etichette, proprio per ornare in maniera diversa le bottiglie), ama le colline e gli ambienti rustici e genuini».Quello con Martinelli è un rapporto o meglio un’amicizia di lunga data che si esprime in pubblicazioni congiunte sempre sul tema della cucina e del vino ed affermazioni di plauso permeate, qualche volta, di sottile ironia: «La prima volta che vidi Comencini a La Morra era di primavera ed il verde nei campi era tenero. Lui parlò di quadri, seppi dopo che era il suo mestiere, ma non disattese gli astanti con accenni al vino, a cose di campagna, così da suscitare simpatia. Nelle Langhe, infatti, ti misurano per quello che puoi sapere di taijarin e di vino, oltre che di donne, per il gioco del pallone o per le tue capacità personali.
E Comencini artista ha indubbiamente molte capacità e molte qualità […]. Ovviamente dalle Langhe ha tratto ampi motivi di ispirazione […] con certi suoi favolosi interni d’osteria, paesaggi sapientemente dimensionati, gruppi di bevitori, i quali compiono le loro funzioni alacremente e con polso fermo, come ben si addice alla gente rurale che nel vino ripone fiducia e dal vino trae giovamento». Sotto questi segni si apre alla Cantina Comunale di La Morra, molti anni dopo, nel marzo 2009, la mostra congiunta di Eugenio Comencini e Massimo Martinelli. Le Langhe, come dice il Martinelli, sono per Comencini fonte di ispirazione, vita e passione, perché egli ama profondamente questa terra, ne conosce ogni angolo più nascosto e ne apprezza la gente. Seguiamolo in un suo scritto dove ripercorre questi luoghi attraverso le fotografie dell’amico medico e grande fotografo Piero Masera scomparso a soli 40 anni: «Se dovessimo seguire un viaggio ideale di Piero Masera seguendo le sue fotografie dovremmo discendere da Barbaresco fino ad Alba, e, quindi risalire a Treiso.
Dell’ultima località abbiamo due paesaggi autunnali dove il rosso delle foglie delle viti accompagna le ondulate colline di verdi intensi e chiari, quasi giallini, sulle quali spunta il bianco delle cascine e dei ciabot o della strada. Ben diversa è la Treiso d’inverno o con la neve azzurra e bianca fra i filari e la leggera foschia del fondo dove risalta a destra un rosa rosso delle cascine. Da Treiso andiamo a Neviglie e dal Barbera passiamo al Dolcetto d’Alba e alla primavera ricca di colori pastellati e quasi irreali. Allontanandoci dal Tanaro ci avviciniamo al Belbo, e, a Borgomale, scopriamo un castello con le case attorno a una chiesa illuminata dai primi raggi di sole. Attraversato il fiume caro a Pavese, troviamo a Castino i covoni di grano dopo la mietitura, con in primo piano i filari delle viti ancora verdi e sullo sfondo le cascine e le case, con dietro l’ombra azzurra del versante di un’altra collina […]».
E cosi via prosegue Comencini fino all’Albese dove possiamo ammirare: «Le vecchie case di pietra coi balconi di legno e coi contorni delle porte e finestre dipinti a calce. In questa foto compare anche la gente di Langa, vecchi e giovani seduti a chiacchierare in un momento di riposo. […]. Infine vediamo i ritratti di Gepu suonatore di fisarmonica e di Steu con i loro cappelli e i loro baffi bianchi. Non e facile dimenticare le luci del mattino sulle Langhe di Piero Masera... perché sono immagini armoniose, spartite come una pagina di musica, illuminate come vetri trafitti dalla luce […]».<
Luigi Iperti