In una riunione del direttivo dell’associazione savonese il “Rosso non è il Nero” si è parlato della necessità di avviare in un prossimo futuro una riflessione sul rapporto intercorrente fra Savona e la fortezza del Priamar.
di Danilo Bruno
In effetti, aldilà della riconquista di questi ultimi decenni, il forte ha lasciato nella coscienza cittadina un senso molto elevato di oppressione poiché fu distrutta l’antica città medievale con i suoi maggiori e più importanti edifici storici per lasciare spazio ad una importante struttura militare volta sia a presidiare la zona da eventuali assedi piemontesi che a controllare una città come Savona, nota per il suo spirito indipendente e ribelle rispetto alla dominazione genovese.
Nel contempo essa vive nello spirito di tutte le persone libere e democratiche perché al suo interno Mazzini, in quel momento incarcerato, ideò la Giovine Italia nel 1831 ovvero l’idea per cui il nostro paese doveva conquistare la libertà e la democrazia attraverso un moto cosciente di popolo senza piu’ guardare a società segrete (Carboneria) o a stati stranieri (Francia in primo luogo) anzi i giovani dovevano assumersi su di se le proprie responsabilità di liberare finalmente l?italia dal giogo straniero.
Evidentemente molta acqua è passata sotto i ponti ma credo che oggi, grazie anche all’appassionato lavoro dell’assessora alla cultura Nicoletta Negro, sia possibile segnare radicali cambiamenti della percezione, che i savonesi hanno del Priamar a cominciare dal suo stesso nome poiché un conto è definirlo come “complesso monumentale”, cogliendolo nella sua storicità e nelle sue progressive mutazioni e un conto chiamarlo “fortezza”, cogliendone solo un aspetto della sua lunga e complessa storia.
In primo luogo bisogna continuare a sostenere l’attività del museo archeologico e della città, che, grazie alla Direzione Scientifica della Sezione Sabazia dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, di cui sono vicepresidente, sta conoscendo una nuova stagione di ricerche e di attività didattiche e scientifiche.
In particolare la giornata di studi sulla cattedrale, che si è tenuta il 11 giugno 2022, ha reso evidenti da un lato le relazioni fra la Savona medievale e i centri culturali ed economici del Nord e Centro Italia ma soprattutto ha specificato che il museo savonese vive in relazione allo scavo,che da oltre trent’anni l’Istituto conduce sulla fortezza per riportare alla luce l’antica città medievale e le sue strutture.
Qui, oltre ad un continuo arricchimento delle collezioni museali e delle ricerche scientifiche , si aprono tre temi importanti:
a) munire finalmente il museo di un deposito adeguato in modo che sia anche occasione di conservazione e di poter progressivamente o a rotazione esporre i materiali oltre a permetterne lo studio approfondito.Quando ovviamente parlo di esposizione mi riferisco in particolare al capolavoro della scorso anno,che è stato rinvenuto ovvero il celebre capitello corinzio,che ha letteralmente rimesso in discussione molte certezze ritenute acquisite sulla storia di Savona;
b) valutare la realizzazione di un percorso archeologico in modo da rendere fruibili al pubblico gli spazi dell’antica Cattedrale,che oggi appaiono di non facile e semplice lettura non solo per la barriera fisica esistente per ragioni di sicurezza ma anche perchè vi sono tracce di diverse sovrapposizioni storiche (non ultimo il bunker della seconda guerra mondiale);
c) completare e creare alla base della fortezza in continuità con gli scavi nella parte superiore il parco archeologico sottostante poiché la città deve riprendere in mano la propria storia,che non era tutta sul colle del Priamar ma ben presto cominciò a scendere come è attestato dai resti dell’antica struttura di San Domenico Il Vecchio ma anche dalla conceria (impianto artigianale) sita nella zona di ponente degli scavi.
A questo punto si potrebbe pure discutere cosa fare delle opere d’arte ivi esposte,che possono anche restare ma in una adeguata visione artistica di dialogo antico-moderno e non nella visione proposta dall’allora assessore alla cultura, che sapeva tanto di: ” mettiamo un pò di statue nel prato perché non sappiamo come utilizzarlo”.
Le mie sono solo alcune idee personali,che ovviamente non investono l’Istituto Internazionale di Studi Liguri ma vogliono aprire una riflessione sulla nostra e soprattutto sulla necessità di considerare che il Priamar fu in primo luogo una città ma fu anche il luogo dove per la prima volta fu affermato il principio secondo cui la Liberazione d’Italia poteva avvenire solo da una azione cosciente del popolo italiano come accadde tra il 1943 e il 1945 e a cui Savona diede un grande contributo tanto che ricevette la medaglia d’oro al valor militare.
Danilo Bruno