Non tira una buona aria nei porti italiani, i peggiori in Europa per le emissioni delle navi in ormeggio. Uno studio di “Transport & Enviroment” network di ONG per i trasporti sostenibili, ha quantificato per la prima volta le emissioni di CO2 delle navi che stazionano nei porti italiani ed europei per le operazioni di carico, scarico e rifornimenti. I risultati conferiscono all’Italia un triste primato.
di Franco Astengo
Il calcolo si basa sulle verifiche obbligatorie (Monitoring, Reporting and Verification) per le grandi navi dal 2018 nell’UE dalle quali si ricavano i consumi di carburante, compresi quelli dei motori ausiliari incrociandoli con i dati di stazionamento.
Nei porti italiani oggetto dello studio le maggiori imputate sono le navi passeggeri che comprendono sia le navi da crociera sia la flotta dei traghetti: insieme sono responsabili del 30% delle emissioni di CO2 agli ormeggi, seguite dalle portacontainer (28%) e dalle petroliere (14%).
Appare quindi fin troppo evidente come il porto di Savona – Vado si trovi assolutamente al centro di questo tipo di complessa problematica. La soluzione possibile è quella del cold ironing: la cosiddetta elettrificazione delle banchine, già reclamata da diversi soggetti associativi e in grave ritardo di realizzazione: l’UE aveva chiesto fin dal 2006 che ci si muovesse in questa direzione con la raccomandazione 2006/339/EC poi recepita dal decreto legislativo n.257 del 2016 che indica come termine il 2025 (praticamente domani).
Il 6 agosto 2020 è stato presentato un progetto ” per l’elettrificazione delle banchine del terminal Crociere e Traghetti a Genova e di quello Crociere a Savona e il completamento dell’infrastruttura ferroviaria di La Spezia Marittima interna al porto mercantile, per un totale di circa 41 milioni di euro“, ma a tutt’oggi non risulta essere ancora stato messo a bando.
L’elettrificazione dei porti compare anche nel PNRR (Missione 3 C2) e ad essa è dedicata la Riforma 1.3 ” procedure semplificate per la realizzazione di infrastrutture finalizzate alla fornitura di energia elettrica da terra alle navi durate la fase di ormeggio” finanziati con altre misure con 630 milioni di euro.
Ad esempio il progetto di elettrificazione del porto di Amburgo è stato realizzato con la previsione che nel 2025 saranno predisposte per l’allaccio a terra l’80% delle portacontanier che attraccano ai suoi moli, l’82% da crociera da oltre 2.500 passeggeri, il 27% di quelle tra 1.000 e 2.500 passeggeri e il 51% di quelle che imbarcano meno di 1.000 passeggeri.
Appare evidente come sia necessario il massimo impegno delle istituzioni rivolto in questa direzione: più che mai risaltano esigenze di natura politica, prima fra tutte quella dell’applicazione del principio di comprensorialità e di ruolo della Provincia, così come si evidenzia ancora una volta la difficoltà introdotta dalla legge Del Rio con l’accorpamento delle Autorità Portuali.
In primo piano, per quel che riguarda il Comune di Savona risalta la necessità di un rinnovamento nella propria rappresentanza a livello dell’Autorità Portuale della Liguria occidentale : serve un livello di rappresentanza che metta al centro del proprio operato sia i temi che si è cercato di evidenziare con questo intervento, sia la grande questione dell’autonomia del porto di Savona – Vado e delle esigenze di connessione stradale e ferroviaria necessaria per uscire dall’isolamento. La coalizione democratico – progressista che dal mese di Ottobre scorso governa Savona è chiamata a porsi con urgenza questo tema della rappresentanza del nostro Porto.
Non si affronta in questa sede per ragioni di economia del discorso il tema, peraltro urgente, dei nuovi tipi di carburante : idrogeno, ammoniaca, GN. L’Italia è ancora in assoluto ritardo da questo punto di vista proprio dal punto di vista della capacità produttiva, mentre in altre parti d’Europa sono già operanti soluzioni molto avanzate: se si pensa che il traghetto Kiel – Oslo è alimentato ad ammoniaca.
Il settore marittimo, senza imposizione di obblighi da parte dell’UE, potrebbe continuare così fino al 2040 : poi però per raggiungere la “neutralità climatica” nel 2050 sarebbe necessario, nel decennio, un taglio dell’87%. Sarà il caso allora di aprire su questi temi un ampio dibattito che appare del tutto fondamentale nel momento in cui si stanno elaborando le risposte ai bandi per il tanto invocato PNRR.
Franco Astengo