Chi si trova a contare gli anni, forse i giorni, di un ‘fine corsa di vita’ e ha vissuto la realtà del giornalismo di provincia, difficile riesca a ricordare tutti i colleghi che hanno conosciuto o praticato la ‘gavetta’. Molti possono ancora testimoniare tra ingiustizie, prevaricazioni, illusioni, speranze, pensioni sudate. Le lunghe giornate in redazione o star dietro, in periferia, a notizie di nera e di bianca (consigli comunali, ad esempio) con orari no stop.
E una marea di giovani ‘aspiranti’ e precari che oggi non se la passano meglio di ieri. C’è la concorrenza tra carta stampa (quotidiani in caduta libera di copie in edicola) e informazione on line che fa a gara tra chi arriva prima a mettere in rete persino il comunicato stampa e veline ormai inflazionati. Una ‘selva umana’ e di aspiranti con pochi diritti e aspettative senza fine. Spesso da 7 € a notizia. E’ questa la gratificazione più comune pure con l’editore di provincia che magari può esibire una platea fino a 200 mila ‘lettori’. I direttori e redattori hanno, invece, contratti da stampa periodica. Tutto in regola, normale, normalissimo !
Lo scenario che vede colpito Massimiliano Salvo apre tuttavia le porte a riflessioni ed interrogativi. Un déjà vu alle spalle. E dopo solidarietà e comunicati che fanno notizia, che gli succederà ? Mentre il primo storico (pur sempre autorevole) quotidiano ligure può titolare nell’edizione del 18 maggio 2022 in prima pagina: “Il lavoro in Liguria è tornato al 2021: 11 mila nuovi posti”.
Salvo ‘produceva’ a Repubblica, si legge nei comunicati, fino a 400 collaborazioni (articoli) all’anno. E se ci fossero colleghi di provincia che ne possono ‘fatturare’ o esibire almeno 2400 ? Senza essere a libro paga ? Forse consapevoli che sia meglio tacere pur di non perdere il ‘lavoro’, unico sostentamento in famiglia. Chi si preoccupa e fa valere i loro diritti ? Il giudice del lavoro ? Il sindacato di categoria? Quanti colleghi, anche nel passato, non vedevano, non sentivano, sensibili a mogli, amanti, amici di cordata da sponsorizzare ? La giustizia non è di questo terra. E la fortuna può essere una roulette. C’è da augurare che non abbandoni anche il collega Salvo.
COMUNICATO DELL’ASSOCIAZIONE LIGURE DEI GIORNALISTI del 3 gennaio 2022-
Care colleghe, cari colleghi
La decisione di Repubblica di mettere alla porta Massimiliano Salvo, uno dei fondatori del Comitato nazionale precari, non rinnovando il suo contratto precario annuale ha suscitato emozione nell’opinione pubblica e nelle forze politiche, promosso manifestazioni di solidarietà a partire dalle organizzazioni sindacali fino a singoli cittadini. Questo è bene.
Ma “provare a durare” oltre un’emozione o l’espressione del proprio sdegno sarebbe molto importante: per Max, certo, ma anche per gli altri suoi colleghi precari che potrebbero trovare ulteriori ragioni per organizzarsi e tentare di fare valere i loro diritti. Non sarà facile, ma abbiamo il dovere di provarci.
Per questa ragione sono ad invitare tutte le colleghe e i colleghi a trovarsi martedì mattina intorno alle 12e30 in De Ferrari (sotto il porticato della sala trasparenza) per un volantinaggio che dia conto ai cittadini della condizione dei giornalisti precari, per chiedere alle forze politiche di sostenere le richieste che i giornalisti precari sosterranno al tavolo del governo sull’equo compenso, per chiedere ai grandi gruppi editoriali di riconoscere i comitati precari aprendo un negoziato che – coinvolgendo Cdr, associazioni regionali di stampa ed Fnsi – migliori le condizioni di vita e lavoro dei colleghi e delle colleghe che lavorano senza la tutela del contratto nazionale di lavoro. Venite e passate parola. Associazione Ligure dei giornalisti
Da Cgil Genova, Liguria e Slc Genova (4 gennaio 2022) esprimono solidarietà a Massimiliano Salvo, il giornalista precario di Repubblica a cui non è stato rinnovato il contratto dopo 10 anni per aver denunciato la propria situazione ed essersi rivolto a un giudice del lavoro. “La situazione di Salvo è purtroppo comune a migliaia di giovani che si trovano costretti a rinunciare ai propri diritti pur di poter lavorare, nelle piccole aziende come nei grandi gruppi editoriali” spiegano Fulvia Veirana, Igor Magni, Fabio Allegretti segretari generali Cgil Liguria, Cgil Genova, Slc Genova. “Un precariato spesso irreversibile e senza prospettive – concludono – ma in pochi hanno il coraggio di denunciare per paura di perdere il posto proprio come è successo al giornalista.” (Vedi su trucioli.it la sorte toccata a Guglielmo Olivero a La Stampa Savona con un profondo silenzio della maggioranza dei colleghi pensionati e non. E ancora sempre a La Stampa i casi di Angelo Fresia e Barbara Testa da Trucioli.it….) ).
4 GENNAIO 2022 DA GLOBAL PROJECT – Che il settore del giornalismo sia uno di quelli con il grado più alto di precarietà è cosa nota da tempo. Nonostante siano passati dieci anni dall’entrata in vigore della Carta di Roma, nel 2021 solo un terzo dei centoventimila iscritti all’Ordine poteva vantare una retribuzione continuativa e solo il 10% del totale un regolare contratto.
Se a questa atavica precarietà si aggiunge un tentativo di organizzarsi per migliorare la propria condizione, allora si rischia addirittura di essere percepiti come una minaccia e ci si può trovare da un giorno all’altro in mezzo alla strada, magari dopo anni di “gavetta” e sacrifici di ogni tipo. È il caso di Massimiliano Salvo, da 10 anni nella redazione genovese di Repubblica, a cui il capo redattore ha comunicato all’alba del nuovo anno che l’azienda lo aveva messo alla porta: il suo contratto da precario con partita Iva, reiterabile annualmente, non è stato rinnovato.
Una vicenda vile e drammatica come tante, senza dubbio. Ma in questo caso c’è un’ombra di malafede che grida davvero vendetta e che getta l’ennesima maschera su quanto sia politicamente osteggiato l’impegno sindacale a Repubblica come in tutta la grande editoria.
«Ho deciso di denunciare e provare a combattere il precariato che caratterizza le vite di tanti giornalisti. Ovvero, fare sindacato» scrive Massimiliano in uno stato su Facebook, «ho raccontato il precariato dei giornalisti in piazza, sui social, durante le manifestazioni di altri lavoratori. Parallelamente, con il Coordinamento dei precari di Repubblica (che raggruppa 90 precari storici delle redazioni locali) abbiamo cercato di ottenere un incontro con l’azienda per discutere e migliorare i nostri contratti».
L’impegno di Massimiliano diventa sempre più intenso: è tra i giovani che danno vita al coordinamento nazionale dei precari di Repubblica, diventa membro della giunta del sindacato ligure dei giornalisti e rappresenta la Liguria nella Commissione Lavoro autonomo della Federazione nazionale della Stampa italiana. E alla fine dello scorso anno, dopo i continui muri alzati dall’azienda, insieme ad altri giornalisti precari delle varie redazioni di Repubblica decide di rivolgersi a un giudice del lavoro.
Insomma Massimiliano ha tutti i requisiti del giornalista “scomodo” tanto per la proprietà quanto per la direzione editoriale, di quelli che la precarietà non solo vuole scrollarsela di dosso, ma vuole raccontarla, farla diventare un elemento associativo per l’intera categoria e combatterla in forma organizzata. Una vera e propria “serpe in seno” per Repubblica, per usare un’espressione di carattere popolare. E infatti viene messo alla porta, dopo aver portato in dote al giornale ben 4 mila articoli, una media di 400 all’anno. «Non posso sapere se la vicenda politico-sindacale e le mie rivendicazioni personali per avere il giusto riconoscimento del mio lavoro e di quello degli altri abbiano indotto Repubblica a non rinnovarmi il, seppure illegittimo, contratto» commenta Massimiliano, «di sicuro, improvvisamente, le strade con la testata cui ho dedicato tutto me stesso nei primi 10 anni della mia vita lavorativa si separano, almeno per il momento».
Una storia che potrebbe assomigliare a quella di un rider, di un facchino, di un lavoratore o lavoratrice dello spettacolo. Una storia che lascia l’amaro in bocca, ma anche tanta rabbia, come scrive l’Associazione ligure dei giornalisti: «altro che tutele crescenti. Altro che modernità. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. E’ la stampa precaria, bellezza. Ma noi non ci rassegniamo. Oltre a descriverla con sdegno ci ostiniamo ad impegnarci per cambiare la condizione di tutti i precari e dare cittadinanza al lavoro».
DAL SITO WEB HUFFPOST SI LEGGE….