Elezioni provinciali: in ogni caso serve una riflessione politica e progettuale.
di Franco Astengo
Il 18 dicembre 2021 si svolgeranno le elezioni del Consiglio Provinciale di Savona. Sono stati pubblicati, infatti, i Decreti del Presidente n. 233 “Indizione dei Comizi Elettorali” e n. 234 “Costituzione Ufficio Elettorale e Seggio Elettorale”.
Nonostante che le elezioni si svolgano in secondo grado con l’elettorato attivo e passivo formato soltanto dai componenti dei consigli comunali appare comunque necessario un intervento di carattere politico rivolto sia ai temi di carattere istituzionale sia a quelli di natura più direttamente programmatici legati alla realtà del territorio.
L’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 aveva confermato il rango costituzionale delle Province: sarebbe stato logico restituire l’elezione dei relativi consigli e del Presidente (eletto direttamente secondo il disposto della legge 81/93) al voto dei cittadini.
Si è ritenuto di mantenere, invece, il voto di secondo grado, accentuando il processo di costruzione di un nuovo notabilitato. Si tratta, insomma, di un ulteriore passaggio nella costruzione di un regime sorretto da un ceto burocratico professionale (Max Weber torna di grande attualità) con la massa delle cittadine e dei cittadini ridotta a far da spettatrice: insomma la famosa “democrazia del pubblico” ormai trasformato in “democrazia recitativa“.
Ribadito questo concetto, di non democraticità dell’elezione di secondo grado almeno nella situazione data, è il caso però di intervenire anche nel merito dei contenuti.
Così si possono semplicemente definire alcuni tratti di critici ai quali sarebbe doveroso opporre almeno un primo accenno di progettualità alternativa.
Qualche anno fa il CNEL aveva definito la provincia di Savona come divisa in tre parti: oggi invece si può dire che due parti, quella del savonese costiero e della Val Bormida siano sostanzialmente unificate in una situazione che – usando una terminologia tanto usuale da essere scambiata per banale- può essere definita come post – industriale, La costa Savonese e la Val Bormida presentano, infatti, caratteristiche socio – economiche complessivamente affatto diverse da quelle del Ponente (fatta salva la presenza industriale della Piaggio a Villanova d’Albenga).
Questo dato richiede una capacità di elaborazione riguardante specificatamente l’area costiera e quella della Val Bormida. Una capacità di elaborazione tale da intrecciarsi ovviamente con quella relativa al Ponente all’interno di un progetto sostanzialmente armonico di nuovo modello di sviluppo. Per muoversi in questa direzione deve essere sostituito il principio che ha portato all’area di crisi industriale complessa (proprio sul piano del “pensare alla crisi” da mutare in “pensare al progetto”). Nell’ ipotesi dell’area industriale di crisi complessa è assente la comprensione dello strumento economico complessivo di riconversione del modello di sviluppo territoriale.
Al posto dell’area industriale di crisi complessa va costruito un soggetto di coordinamento nel quale la Provincia assuma un ruolo di coordinamento e veda protagoniste le amministrazioni comunali prima fra tutte quella di Savona (che non fa parte della già citata area industriale di crisi complessa). Un coordinamento utile a far sì di dimostrarsi in grado di porsi come interlocutore diretto della Regione e del Governo rispetto all’erogazione dei fondi del PNRR (anche se, rispetto a questo elemento, rimane da conservare una buona dose di scetticismo). Emergono inoltre alcune questioni assolutamente dirimenti poste sul piano della sinergia politica industriale -ambientale (tema particolarmente delicato nel frangente) , della politica economica complessiva del territorio e degli strumenti finanziari disponibili (macro e microcredito).
In assenza di uno strumento posto in grado di aprire un dialogo concreto con Governo e Regione si corre il rischio che è già stato segnalato da situazioni analoghe è di legarsi ad accordi di governance dove, ci venga scusato il gioco di parole, non si governa. Magari si partecipa come oggetto dell’intervento di crisi e sulla ricerca di fondi e politiche d’immediata emergenza. Masi finisce con il soccombere dove, alla lunga, i soggetti forti sono altri, come la sinergia Regione –Invitalia, e dove la destinazione dei fondi reali, PNRR e non solo, appare vincolata da scelte di esclusiva natura di convenienza geo-politica.
Ci sono poi altre questioni di fondo che non possono essere trascurate. Questioni che non ci risultano finora essere state discusse, in modo approfondito, in sede istituzionale:
-
-
Se la richiesta dell’ottenimento di aree di crisi industriale complessa sia più adatta per l’emergenza, vedi questione fondi che la Regione può attivare, che non per la programmazione reale.
-
Se non ci siano delle criticità rispetto a un ruolo subordinato degli enti locali entro questo genere di architettura istituzionale.
-
Se ci siano effettivamente fondi adatti a programmare in tempi certi, e da parte di chi, la riconversione e la bonifica del territorio e in quali tempi.
-
Quanto queste politiche possano produrre saldi occupazionali positivi, di lungo periodo ed economicamente significativi. Quale modello possa poi coprire il resto ovvero la parte significativa di popolazione che non verrà raggiunta dalle politiche industriali e del lavoro.
-
Come in sede locale si possa ricavarsi un proprio incisivo spazio di governance multilivello fatto concretamente di collaborazioni, sinergie, istituzioni che cercano e indirizzano fondi bypassando lo spazio nazionale. E sterilizzando il primato dell’impresa così come è previsto dal diritto comunitario.
-
Quale modello complessivo di territorio emerga anche sull’uscita dalle situazioni di nocività ambientali , di presenza di fonti energetiche alternative, di capacità di affrontamento dei termini di innovazione tecnologica e digitale, pensando a lavorare sul colmare il gap del digital-divide. Una colmatura di differenza che costituisce la vera frontiera possibile per una riunificazione del territorio rispetto alle divisioni correnti, superando chiusure e corporativismi settoriali.
- Vanno così individuate tre priorità, poste sul terreno della sanità, dell’uscita dall’isolamento, dal rilancio delle attività produttive :a) il rovesciamento territoriale dell’intervento sanitario e il mantenimento del ruolo pubblico degli attuali presidi;b) il completamento delle infrastrutture ferroviarie dalla Maersk verso Savona e il raddoppio verso il Piemonte sia sulla direttrice per Torino sia su quella per Alessandria. Operazione da condurre assieme ad una riflessione sul tracciato del raddoppio della linea Finale – Andora e all’antico progetto del tratto autostradale Albenga – Predosa;c) la bonifica delle aree industriali dismesse sulla costa e in Val Bormida
Franco Astengo
ARCHIVIO DI TRUCIOLI.IT: fai un click sull’immagine per ingrandire la lettura
ELEZIONI PROVINCIALI 2009 QUANDO VOTAVANO I CITTADINI
-