“Albenga: chi non c’ha da fare non ci venga”, titolo del video amatoriale, del 2008, di Martina Montaldi e Valeria Petruzzelli. Toni duri e sferzanti a mo’ di filastrocca fiabesca (“i suoi abitanti sono sempre più arrabbiati….”). Con “fanciulli che vivono da carcerati” e “vecchi che inveiscono sull’immigrato alla stazione, in Piazza del Polo e nei carruggi del centro storico ”. Ecco che 11 anni dopo il prossimo nei sindaco – se sarà lui – Gerolamo Calleri annuncia nero su bianco: “Albenga avrà un assessore alla Sicurezza”. Non basta il lavoro svolto dai vigili urbani ? (unici, con Savona, a prestare servizio fino a tarda notte 360 giorni l’anno). Nè le retate dei carabinieri, assistiti in cielo dall’elicottero, nè della polizia di Stato con l’anticrimine. Tutti, o quasi dimenticano (perdoniamo chi non era ancora venuto al mondo), com’era violenta la città nel ventennio (non quello fascista) anni’70 e ’80.
Tra omicidi (clamoroso e spietato quello di Lorenzino Bianchi, piccolo boss del ponente ligure e della sua ragazza, freddati e sfigurati, in auto per via della supremazia nel territorio), sparatorie, gang locali (almeno due), dediti a rapine, estorsioni, furti, droga, ricettazione, armi, incendi dolosi, prostituzione in centro città (sic!), magliari napoletani saldamente padroni del commercio abusivo sulle spiagge, in sintonia con i ‘pataccari’ che prendevano di mira per abili truffe turisti tedeschi e lombardi. “Sono un Gastarbeiter (termine tedesco dei migranti italiani che lavoravano in Germania), sto andando al funerale di mia mamma in Sicilia, sono rimasto senza soldi, mi hanno derubato sul treno, ho ancora questo orologio d’oro (solitamente Rolex o Omega, altre volte un bracciale, una collana)….”. Si pasrtiva da una richiesta di 1500 marchi, un milione e mezzo a fronte di un valore di mercato di 7 – 8 milioni di lire. Per scendere fino a 700 marchi. Qualcuno ci cascava, per scoprire qualche ora dopo che di oro neppure un grammo “. Un business criminale durato un paio di decenni che fruttava lungo tutto il ponente ligure cifre rilevanti. I più onesti vendevano magliette sulle spiagge (5- 10 mila lire) di un noto marchio, ovviamente contraffatto. Perlomeno il danno era minimo e la qualità della stoffa non era pessima. Erano tra i 40 – 50 i magliari pendolari nella stagione estiva, qualcuno si è poi stabilito in città e alcune famiglie, oggi sarebbero la terza e quarta generazione, si sono messi all’onore del mondo aprendo attività commerciali lungo la Riviera.
Chi ricorda la piazza dei Leoni orinatoio perenne. Angoli del centro storico terra di nessuno. Tutto questo per dire che rispetto al non lontano passato spacciare Albenga per una città insicura è un insulto alla verità storica. Non opinioni, dati di fatto. Certamente oggi la presenza di una folta comunità di magrebini, a cui si sono aggiunti i migranti dei barconi della morte, che è dedita a spaccio e microcriminalità forse è più impattante, fa persino più notizia, l’allarme furti nelle abitazioni e atti di vandalismo non si può disconoscere. Diciamo che il tessuto sociale forse ha altre sensibilità, è in assenza del crimini diffuso e radicato, certamente è utile il sistematico controllo del territorio, che significa prima di tutto prevenzione, la legalità inizia dalla piccole cose e deve riguardare tutti nessuno escluso.
Tuttavia vogliamo porre in evidenza un paio di temi (sono molti di più) sconosciuti alla campagna elettorale 2019 per il governo del Municipio. Non ci risultano materia di disputa e confronto, proposta nei programmi elettorali. Seguendo gli autorevoli due quotidiani con cronaca locale e l’imbattibile mattatore Ivg.it che il nostri candidati apprezzano per il giornalismo di inchiesta, approfondimento, cultura della storia e memoria locale. Nulla di dissacrante, basta dare una occhiatina alla ‘benedetta e propizia’ pubblicità elettorale che sbuca ad ogni articolo, con la caratteristica ‘goliardica’ che leggi l’intervista o le dichiarazioni di fuoco del candidato tizio e appare il suadente volto e messaggio del candidato caio.
L’amministrazione del sindaco Cangiano sostiene di aver ereditato un debito consistente (lasciato dalla giunta di Rosy Guarnieri), risanato il bilancio che oggi è in attivo. Resta un capitolo, nero su bianco, di ‘somme da incassare’ per 2 milioni 463.500 euro quale potenziale provento dei condoni edilizi ancora da definire (vedi il grafico accanto). Albenga ne ha 376 che risalgono al condono del 1985, 119 del condono 1994-’95, 155 del condono del 2003. Sarebbe interessante approfondire sui casi più eclatanti oppure singolari. E ancora quali sono le cause principali della lungaggine ? Burocrazia o questioni legali ? Non sarebbe utile porre la parola fine ad una statistica che rende l’Italia del Paese inconcludente e dove spesso le priorità finiscono per essere ignorate ? Dal 1985 si sono alternati i sindaci Angelo Viveri, Mariangelo Vio (breve periodo), Mauro Zunino, Antonello Tabbò, Guarnieri e Cangiano, ma anche il record provinciale di 7 commissari straordinari.
Altro argomento a proposito di denaro e bilancio. La causa Comune – Acquedotto San Lazzaro, società capofila dell’ing. Camillo Enrile di Finale Ligure, imprenditore solido, accorto, schivo, rotariano in quel di Alassio con interessi nel settore dell’acqua (servizio idrico cittadino e per l’agricoltura da Andora a Finale Ligure). Si tratta della disputa sui compensi per la riscossione delle quote per la depurazione. La causa è davanti alla Corte d’appello di Genova, Un ballo un milione di euro che la San Lazzaro rivendica come compenso per aver incassato, per diversi anni, per conto del Comune. Si tratta della discussa quota per la depurazione delle acque. Un problema per anni rimasto latente, esploso nel 2017. Per farla in breve sono venuti al pettine nodi lasciati irrisolti e che finivano per coinvolgere la gestione dei pozzi, acquedotti, fognature e depuratori (la città nè è sprovvista, in attesa dell’allaccio con quello consortile di Borghetto S. Spirito). Il tutto che riduce i profitti per i privati ed impone la chiusura di rapporti tra aziende ed amministrazioni pubbliche.
La società di Enrile si è rivolta al Tribunale civile di Savona chiedendo il ‘riconoscimento’ del compenso nel suo ruolo di esattore. La giunta Cangiano controbatte che quel compito rientrasse tra le competenze del gestore e quindi anche il suo compenso deve ritenersi compreso nelle condizioni contrattuali. Il tribunale ha dato ragione al Comune, da qui il ricorso in appello.
Se vince la squadra di Tomatis difficile ipotizzare che in caso di ribaltamento della sentenza si arrivi ad una transazione, piuttosto che ricorrere in Cassazione. Se sarà Calleri sindaco, anche in considerazione dei buoni rapporti che l’imprenditore Enrile ha avuto con il centro destra (è stato tra i sostenitori di Claudio Scajola), l’ipotesi transattiva è possibile ? Un epilogo che tutto sommato conviene ad entrambi i contendenti ? Ci sono già pronunce della Suprema Corte nel merito ? Sono casi analoghi ? Sarà pure vero che per un bilancio di una città come Albenga non è un milioni in può o in meno che porta al pre-dissesto, la cifra ed il contenzioso di denaro pubblico non sono noccioline.
Una terza problematica che riguarda gran parte dei comuni – città e di cui spesso si scopre la dimensione, sono i crediti di non riscossi a proposito della Imposte e tasse comunali Ici e Imu, Tari e Tasi, suolo pubblico. A Borghetto Santo Spirito il Comune è stata ad un passo dal fallimento proprio perchè sono venuti a galla una montagna (milioni) di mancati incassi che si protraevano nel tempo e due cause che giunte all’epilogo – sempre nascoste nelle pieghe dei bilanci – hanno comportato un esborso milionario, oltre al capitale, interessi ed oneri legali. A fronte di queste realtà emerge dunque in tutta la sua importanza la sorte dei condoni.
Albenga, l’idea del candidato sindaco Calleri: “Anche Albenga avrà un Assessorato alla Sicurezza”