Non sono a conoscenza se fuori dei confini nazionali l’uso della cosiddetta “manina” sia, come in Italia, così frequentemente usato per scopi che non sono certamente conformi all’etica che ti dovresti aspettare da chi è eletto in nome del popolo, responsabili degli atti amministrativi nazionali, regionali, provinciali, locali.
E’ risaputo che, ad esempio, nei corridoi del Parlamento italiano, piuttosto che nelle aule dello stesso, la “manina“(di tutti i colori) funziona da sempre, per fare inserire nelle leggi o leggine, finanziamenti, atti già concordati da sottoporre al voto, quel “particolare” che favorisce, di volta in volta, interessi di lobbies amiche di partiti o di singoli esponenti della politica e delle loro clientele. Una volta a te, una a me !
Un ulteriore brutto esempio l’abbiamo vissuto ultimamente con la denuncia di una “manina” che tentava di modificare un documento concordato dal Consiglio dei Ministri. Non proprio quisquilie a vantaggio di riciclatori ed autoriclatori di capitali all’estero, con un colpo di spugna totale, galera inclusa. E l’annuncio improvvido, perché subito ritirato, del vice presidente Di Maio (M5S) di un esposto alla magistratura. Peraltro reduce da quando aveva annunciato di denunciare e mettere in stato d’accusa il galantuomo presidente Sergio Matteralla di estrazione democristiana.
L’ultima versione del sottosegretario Giorgetti, a La 7, attribuisce all’opera – manina dei tecnici incaricati di riportare gli appunti concordati in precedenti riunioni di preconsiglio. Dunque per il potente leghista al governo un semplice svarione che però ha innescato un polverone di accuse e la difesa della “mia onorabilità e lealtà di Matteo Salvini“ , unico ministro dell’Interno della storia repubblicana che detiene il potere del Viminale (con polizia e servizi segreti interni) e segretario del maggiore partito del Paese, con consensi in costante crescita come dimostrano le ultime elezioni amministrative nel Trentino Alto Adige, persino primo partito nella bilingue città di Bolzano.
L’incresciosa vicenda del governo giallo verde, me ne ricorda una simile che ho subito poco prima della scadenza del mio ultimo mandato da Sindaco (eletto dal 1975 al 1990); come vedremo, è successo anche a Noli. E mi riferisco alla stesura e votazione del primo Piano Particolareggiato del Centro Storico. E con curiosi strascichi fino ai nostri giorni.
All’inizio del 1990, a completamento di una serie di riunioni con i progettisti per definire nei dettagli tutte le proposte dalla Giunta (allora composta da personaggi, alcuni dei quali ancora viventi e presenti in Noli), veniva chiaramente stabilito che, nel centro storico, era vietata la trasformazione da struttura alberghiera in abitativa.
Anche se su questo punto, sino all’ultimo c’era stata qualche “titubanza“, la riunione definitiva, alla presenza dei progettisti e del responsabile dell’ufficio tecnico urbanistica del Comune di Noli, stabiliva definitivamente la validità della proposta.
Il Piano portato in Consiglio poco prima della scadenza del mandato, viene adottato (non ricordo il parere della minoranza) dando per scontata la lettura, per poi subire il suo iter che lo porta all’attenzione della Regione Liguria.
Subentra l’amministrazione Carla Bologna Fois (PLI dal 1990 al ’95); il Piano arrivato in Regione, non viene approvato per carenza di specifici confini territoriali da ristabilire, e, rinviato al Comune con le modifiche richieste da approvare, rimane nel cassetto per molti anni, in attesa di quello nuovo adottato nel 2006 dalla Giunta Repetto (che prevede la proposta dell’albergo diffuso sulla collina del castello), mai approvato; riadottato nel 2016 dalla Giunta Niccoli ( con abrogazione di tale proposta) ancora oggi non approvato. Piano che sarà inserito nel nuovo PUC (Piano Urbanistico Comunale) di prossima adozione.
Però, subito dopo l’arrivo in Regione, il Comune viene a conoscenza che una struttura alberghiera non è stata inserita dalla norma di cui sopra.
Ecco così apparire la MANINA: incredibile, ma vero!. Da parte di chi?
Vengo immediatamente consultato da un Assessore (tutt’ora vivente); confermo quello che era stata la volontà della precedente amministrazione, per cui la verità su quella norma viene ristabilita. Tanto mi viene comunicato in seguito dallo stesso.
Ormai fuori dalle istituzioni, con il Piano mai approvato e quindi inefficiente, non ho insistito in modo approfondito per stabilire chi ha “istruito la manina“, così da identificare il Giuda del momento.
LUTTI CITTADINI
Pisano Armando 90 anni, di Tosse, ha lasciato le due figlie con le rispettive famiglie.
Fontana Francesca (Franca) nubile nolese di 89 anni, ha lasciato la nipote con tutta la sua famiglia. Persona riservata, alta di statura, da molti anni, per motivi di salute, si era trasferita presso la nipote a Ceriale.
Carlo Gambetta