Poco burocratici, chiari, caldi ma non troppo confidenziali. Messaggi di posta elettronica a regola d’arte. Ecco le istruzioni per l’uso.
Obiettivo, posta in arrivo “zero”. In un articolo di pochi giorni fa Silvia Killingsworth, giornalista del New Yorker, raccontava il suo tormentato rapporto con Inbox Zero, sistema per archiviare le email ricevute in base a cinque criteri: cestinare, delegare, rispondere, rinviare, fare. Lo scopo di Inbox Zero, scrive Killingsworth, «è il raggiungimento costante della condizione “posta in arrivo: zero”». Ma non è tutto. I redattori del magazine americano Atlantic Wire sono invece partiti dalle loro caselle per stilare la lista di “email lifestyle”. C’è “il nichilista”, amante dell’eliminazione senza lettura; “l’accumulatore”, che non butta nulla e legge tutto; “il nostalgico”, che conserva migliaia di messaggi non letti; “il negazionista”, che ha disattivato il conteggio dei messaggi non letti; “il distruttore”, che conserva in tutto non più di una cinquantina di messaggi ecc.
112 mail di lavoro al giorno. Secondo la Georgia Tech, uno dei maggiori centri di ricerca tecnologica negli Stati Uniti, ogni giorno, in media, un lavoratore dipendente invia e riceve complessivamente 112 mail. Una su sette si occuperebbe di gossip.
Tutta una questione di metodo. Anche nella gestione della posta elettronica è tutta una questione di metodo. Per prima cosa è opportuno organizzare i messaggi in cartelle, in modo da avere sempre sotto controllo i messaggi che riguardano lo stesso argomento o che, per esempio, arrivano dallo stesso mittente. In questo modo ritrovare anche dopo parecchio tempo una mail importante non sarà difficile. In secondo luogo è bene organizzare la gestione dello spam: spesso siamo bersagliati da fastidiosi messaggi pubblicitari la cui ricezione può essere evitata. Ogni tanto, però, alla casella dei messaggi indesiderati è bene dare un’occhiata: possono inavvertitamente finire lì i messaggi importanti che arrivano da mittenti che non conosciamo.
Regole di scrittura per un’email ad arte. Per scrivere correttamente una mail di lavoro bisogna rispettare alcune regole. Racconta Luisa Carrada, esperta di comunicazione aziendale, a proposito del primo messaggio di posta elettronica ricevuto: «Mi fu inviato nel 1994 dalla segretaria del mio gruppo, in azienda. Risposi dicendo: “Si, l’ho ricevuta” e la sensazione era di imbarazzo perché non sapevo bene che tono usare, in che modo salutare una persona che vedevo tutti i giorni».
L’oggetto, la parte più importante. L’oggetto è la parte più importante del messaggio: serve a capire, o a far capire alla persona cui si scrive, che cosa si vuole comunicare. Quando si chiede qualcosa, nell’oggetto bisogna indicare anche entro quanto tempo.
Burocratese, no grazie. Quando si scrive a persone che non si conoscono non è sempre facile trovare il tono giusto. “Egregio” è una parola che non si usa quasi più, meglio “gentile”, ottimo per gli uomini e per le donne. Le formule “dott., ing.” vanno bene quando ci si rivolge a sconosciuti ma già dal messaggio successivo si può passare al nome e al cognome. La formalità va mantenuta sempre con persone che appartengono ad ambienti molto rigidi: rettori, ambasciatori, vescovi ecc. Da evitare anche gli eccessi di confidenza: se si è incerti tra il “tu” e il “lei”, meglio il “lei”. Il “tu” si può usare senza grossi problemi quando ci si rivolge a persone che appartengono alla stessa comunità ideale (tra colleghi di lavoro, anche di aziende diverse, per esempio).
Emoticon e faccine. Consiglia Carrada: «Io sono per usarle pochissimo e solo tre, quelle che più si capiscono: sorriso J, occhiolino 😉 e triste L. A volte aggiungere una faccina può aiutare. Dal vivo abbiamo il sorriso, la gestualità, il volume della voce. Nell’email no. Ad esempio se il capo fa un rimprovero al collaboratore, una cosa è mettere un punto, una cosa è mettere un sorriso. Nell’email ci manca il linguaggio non verbale e bisogna rimediare». Altra questione cui prestare attenzione è l’uso delle maiuscole: è opportuno usarle con parsimonia poiché, insegna la netiquette, farlo equivale a urlare. Se non lo si farebbe in una conversazione verbale, non c’è ragione di alzare il tono della voce nella scrittura.
Come presentarsi. Se non si conosce la persona cui si scrive bisogna presentarsi con naturalezza, come si farebbe nel mondo non virtuale, e in maniera sintetica. Non esagerare con i link che spostano l’attenzione dal messaggio al web. Le email di lavoro, poi, andrebbero sempre accompagnate dalla firma automatica con i riferimenti telefonici.
La chiarezza, per cominciare. La regola principale nella scrittura di una mail è la chiarezza. A differenza di quanto avviene nella comunicazione verbale, dove si può tornare su un argomento anche nel corso della conversazione senza comprometterne la comprensione, quando si scrive è bene seguire un percorso lineare. Le informazioni più importanti vanno messe in testa. Spiegazioni ulteriori, dettagli, verranno dopo, magari strutturati secondo un elenco puntato. Meglio evitare i continui cambi di colore e di formato del carattere, che distraggono e distolgono l’attenzione del lettore.
Alzarsi e parlare di persona. Evitare le espressioni come “con riferimento a”, “le comunichiamo che”, “a tal proposito”, e tutte quelle troppo burocratiche. Tenersi alla larga anche dai termini inglesi, soprattutto quando si hanno dei chiari corrispondenti italiani. In generale, poi, se la mail la si sta scrivendo al collega di scrivania, meglio alzarsi e parlargli di persona.
Contestualizzare gli allegati. Gli allegati devono essere contestualizzati, sintetizzati e spiegati. Prima di inviarli, poi, è opportuno controllare che siano stati salvati in un formato di facile lettura per chi li riceve. Fare anche attenzione a non inviare allegati troppo pesanti che intasano la posta altrui.
Lettori in copia. In copia bisogna mettere soltanto le persone che devono veramente venire a conoscenza della conversazione. Chi è messo in copia, poi, non deve mai rispondere, soltanto prendere atto del discorso. La copia nascosta, poi, sarebbe bene eliminarla. Carrada: «È fonte di un sacco di problemi: è successo di gente che ha inoltrato allegati per sbaglio creando grossi guai. Capita di mandare o inoltrare mail per sbaglio, lavoriamo nella fretta, e l’email una volta partita non la possiamo richiamare indietro».
Stop ai “cordiali saluti”. Peggio dei “cordiali saluti” ci sono soltanto “cordialmente” e “cordialità”. Dall’email ci si aspetta qualcosa di più caldo ma non troppo confidenziale: “buona giornata” andrà benissimo.
Da Garbagnate al New York Times. Francesco Bongiorni, 29 anni, illustratore, nato a Garbagnate, nel Milanese. Nel 2008 inviò una mail con un paio di allegati al New York Times. Scrisse: «Mi chiamo Francesco Bongiorni, questi sono i miei lavori, vorrei poter collaborare con voi. Grazie». Tre ore dopo questa risposta: «Potrebbe mandarci entro sei ore un’illustrazione sulle tensioni tra Cina e Russia?». Oggi Bongiorni lavora per New York Times, Washington Post, Wall Street Journal, New Yorker, Businessweek, Boston Globe, Boston Magazine ecc. Tutto è cominciato con una mail scritta ad arte.
(Da Voce Arancio)