Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Noli, la Liguria e a Marechiaro


A Noli e ai nolesi, argomento come quello che stiamo trattando, normalmente viene affrontato con noncuranza, già tanto nessuno sa più leggere. Gli unici argomenti che interessano sono quelli relativi al “famoso” tunnel di capo Noli, oppure a qualche pettegolezzo locale; eppure i fatti che, forse, a breve termine, potrebbero accadere, sconvolgerebbero la “pacifica vita” dell’antica repubblica marinara e farebbero puntare il dito verso le istituzioni governative che, secondo loro, a torto, non li hanno informati per tempo; o meglio…………………….hanno solo 72 ore per pensarci.

Quanno spónta la luna a Marechiaro,
pure li pisce nce fanno a ll’ammore…
Se revòtano ll’onne de lu mare:
pe’ la priézza cágnano culore…

Scosse sismiche di inaudita violenza, ondate gigantesche che sommergono interi villaggi: il pianeta ci ha mostrato spesso la sua energia. Ma l’uomo si accorge di violare gli equilibri della Terra e di sottovalutare le sue costanti trasformazioni soltanto in occasione dello scatenarsi di quegli eventi naturali che diventano catastrofi unicamente per colpa sua; il suo comportamento irresponsabile che di insediarsi sulle coste a rischio o sulle pendici dei vulcani, e a costruire infrastrutture nei siti meno adatti, trovandosi poi ad affrontare le emergenze in modo del tutto occasionale

Noli, La Liguria e Marechiaro, è il “cordone ombelicale” che li lega assieme, se in un futuro, e pare assai prossimo, dovesse accadere quanto sostenuto dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli e dell’University College di Londra e dalla Protezione Civile che ha alzato il livello di allerta da “verde” a “giallo” sia per la caldera dei Campi Flegrei <<è più vicina all’eruzione rispetto a quanto si pensi», sia per la caldera dell’area vesuviana.

Da il Secolo d’Italia di giovedì 18 maggio 2017 – 09:39 Ginevra Sorrentino scrive:

Caldera dei Campi Flegrei, una bomba a orologeria?

In teoria – e nella storia – è così, ma per il presente ci si augura che la vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, a nord-ovest di Napoli e del suo golfo, non tenga fede al significato del proprio nome, pur essendo la zona nota sin dall’antichità per la sua vivace attività vulcanica. Il rischio, però, esiste e i continui monitoraggi in realtà lasciano temere che dopo 500 anni la caldera dei Campi Flegrei – 100 chilometri quadrati di territorio in un’area altamente urbanizzata – torni a far sentire la sua voce. In base a quanto sostenuto su Lescienze.it che, a sua volta, si riallaccia a quanto elaborato da ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli e dell’University College di Londra, sembra proprio che un’eruzione alla caldera dei Campi Flegrei sia molto più vicina di quanto non ci si aspetti. Per questo – e per diverse altre ragioni – Ingv di Napoli e University College di Londra nel loro report scrivono che «l’area sta entrando in una fase critica nella quale i fenomeni di sollevamento del suolo e di sismicità locale potrebbero diventare più intensi».

Anche uno studioso inglese allerta su «un’eventuale eruzione»

Non solo: senza troppi tecnicismi o supposizioni astrattamente geofisiche, lo studio di cui sopra mette nero su bianco che «La caldera dei Campi Flegrei è più vicina all’eruzione rispetto a quanto si pensi». E a questo punto la preoccupazione si fa concreta almeno quanto il rischio di una prossima eruzione. Un’affermazione netta e precisa posta ad assioma di base – e frase di apertura – dello studio congiunto che ha portato ricercatori e studiosi italiani e inglesi a conclusioni allarmanti illustrate anche in un saggio uscito su Nature Communications. Una certezza suffragata da dati scientifici che destano preoccupazione ma che sembrano non lasciare grandi spazi al dubbio. Tanto che uno dei relatori della studio, Christophel Kilburn del Dipartimento scienze della terra, ha recentemente ribadito la necessità che le autorità siano preparate a «un’eventuale eruzione».

Il livello di allerta è passato da verde a giallo

Un quadro geofisico che sembra acclarare in realtà quanto noto da sempre: e cioè che l’enorme terreno vulcanico che costituisce e condiziona l’area dei Campi Flegrei – notoriamente di dimensioni maggiori del Vesuvio – con i suoi diversi crateri in attività continua a condizionare, nel segno di una veemenza naturale indicibile, clima e equilibri geofisici. Venendo così a periodi decisamente più recenti, è noto che da alcuni anni nell’area compresa tra Pozzuoli, Bacoli e la parte occidentale di Napoli, il bradisismo è tornato a farsi sentire fino al livello di sollevazione del suolo. Nulla di imminente, ad oggi, ma visti i pregressi – lontani e più recenti – il senso dello studio italo-inglese è quello di tenere i riflettori puntati. Non per niente, dal 2012 la Protezione Civile ha alzato il livello di allerta da “verde” a “giallo”. A conferma che i vulcani di casa nostra, per quanto dormienti da molto, sono sempre bombe pronte ad esplodere e far deflagrare i loro effetti a lungo termine. “

Il bradisismo (dal greco βραδύς bradýs, “lento” e σεισμός seismós, “scossa”) è un fenomeno legato al vulcanismo consistente in un periodico abbassamento (bradisismo positivo) o innalzamento (bradisismo negativo) del livello del suolo, relativamente lento sulla scala dei tempi umani (normalmente è nell’ordine di 1 cm per anno) ma molto veloce rispetto ai tempi geologici. Non è avvertibile in se stesso, ma riconoscibile visivamente lungo la riva del mare, mostrando la progressiva emersione o sommersione di edifici, coste, territori.

Quando il fenomeno del bradisismo è così violento, può essere accompagnato da numerose scosse telluriche.

L’area dei Campi Flegrei è caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, che consiste in un lento movimento di sollevamento e abbassamento del suolo. L’aumento di temperatura e di pressione nelle rocce del sottosuolo determinano infatti il sollevamento dell’area secondo una geometria a “cupola” centrata sulla città di Pozzuoli.
L’evoluzione del bradisismo nel corso dei secoli è visibile vicino al porto di Pozzuoli sulle colonne del Serapeo, un mercato di epoca romana, inizialmente considerato tempio dedicato a Serapide. Su di esse si ritrovano i fori prodotti dai litodomi, un tipo di molluschi marini che vive in ambiente costiero intertidale, ovvero in una zona del litorale che dipende dalle maree. La presenza dei litodomi testimonia il lento processo di abbassamento dell’area, iniziato in epoca successiva a quella romana.
Nel periodo di massimo abbassamento – risalente probabilmente al medioevo – alcuni studi dimostrano che il livello del suolo era tra i 7 e i 10m più basso rispetto all’epoca di costruzione del Serapeo nel I sec. d.C.. Nel 1500 un’importante crisi di sollevamento determinò un innalzamento complessivo dell’area di circa 7m e precedette l’eruzione del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538. Dopo l’eruzione iniziò invece un periodo di lenta subsidenza.
In tempi più recenti, precisamente nel 1969-72 e nel 1982-84, si sono verificate due crisi bradisismiche, accompagnate da attività sismica, che hanno portato a un sollevamento del suolo complessivo di circa 3,50 m. Durante la prima delle due crisi si registrò un sollevamento del suolo di circa 1,70 m, al quale seguì una lenta subsidenza fino al 1982. Fra il 1982 e il 1984 si ebbe un nuovo sollevamento del suolo di 1,80 m accompagnato da circa 10.000 terremoti, il maggiore dei quali avvenne il 4 ottobre 1983 e fu di magnitudo 4.2.

Durante queste crisi una parte della popolazione di Pozzuoli venne evacuata per il rischio di crolli provocati dalla forte attività sismica.

Dopo l’arresto del bradisismo degli anni ’80, nel 2005 la baia di Pozzuoli ha ripreso a sollevarsi. Questa volta il “respiro” del vulcano viene tenuto d’occhio dai satelliti (soprattutto dalla costellazione italiana Cosmo-SkyMed e da quella europea Sentinel). Gli occhi del cielo trasmettono le loro immagini a Terra all’istituto
Irea del Cnr, che monitora la deformazione della caldera millimetro per millimetro (e che qualche giorno fa ha pubblicato anche le mappe della deformazione del terreno causata dal sisma di Amatrice).
“Dal 1990, finita la fase di innalzamento degli anni ’80, i Campi Flegrei si sono leggermente abbassati” spiega Riccardo Lanari, che dell’Irea è direttore. “Ma dal ’90 è ripreso il trend di risalita, soprattutto nella zona del porto di Pozzuoli. Tra il 2005 e il 2010 il suolo si è sollevato di 5 centimetri. Tra il 2010 e oggi l’aumento è stato di altri 25 centimetri.
Durante la fase di bradisismo degli anni 1982-84 il suolo si sollevò di 1,8 metri. Dal 2012 il livello di allerta nell’area è passato da verde ad arancione (stato di attenzione). Un lieve sciame sismico subito dopo il terremoto di Amatrice del 24 agosto provocò panico tra la popolazione. Anche perché il piano di evacuazione in caso di emergenza è ancora allo stato di bozza.
Molto più del Vesuvio, i Campi Flegrei sono in grado di produrre eruzioni devastanti. Fino a poco fa si attribuiva alla grande esplosione di 40mila anni fa l’estinzione degli uomini di Neanderthal. Il fenomeno raggiunse un’intensità di 7 (il massimo) nel cosiddetto indice di eruzione vulcanica. Proprio in questa zona – nel lago Averno – gli antichi situavano la porta dell’Ade. E le colonne del serapeo di Pozzuoli mostrano i segni di fossili marini, a dimostrazione che lì il suolo si è alzato e abbassato nel corso dei secoli. Una classifica dell’università di Manchester a novembre del 2015 ha piazzato il super-vulcano in Campania al terzo posto – con la sua caldera di 12 chilometri di larghezza – fra i più pericolosi del mondo, anche perché si trova in una zona molto popolata.”

Mentre continua in Campania il monitoraggio del supervulcano dei Campi Flegrei – uno dei più pericolosi d’Europa – si procede parallelamente con la definizione di un piano di evacuazione in caso di eruzione. Al momento – va precisato – non ci sono rischi imminenti, tuttavia, come avviene per il Vesuvio, uno degli altri temibili giganti del nostro territorio, prende forma il piano emergenziale previsto per i residenti della cosiddetta zona rossa e gialla.

La Regione e la Protezione civile presentano il nuovo piano di sicurezza per quasi 700 mila abitanti e 25 Comuni, previsto l’impiego di 500 bus e 220 treni al giorno per l’evacuazione in sole 72 ore.

La nuova zona rossa comprende l’area esposta all’invasione di flussi piroclastici, che consistono in una miscela di gas e materiale solido ad alta temperatura che si muove ad elevata velocità. Si tratta della fenomenologia vulcanica più pericolosa per la vita umana e per la quale l’unica misura di salvaguardia per la popolazione è l’evacuazione preventiva.La nuova area comprende per intero i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto e parte dei Comuni di Giugliano in Campania, Marano di Napoli e alcune municipalità di Napoli: per intero le municipalità 9 (quartieri Soccavo e Pianura); 10 (quartieri Bagnoli e Fuorigrotta) e alcune porzioni delle municipalità 1 (quartieri di San Ferdinando, Posillipo e Chiaia) 5 (quartieri di Arenella e Vomero) e 8 (quartiere di Chiaiano).

La definizione della zona gialla si basa su recenti studi e simulazioni della distribuzione a terra di ceneri vulcaniche e tiene conto delle statistiche storiche del vento in quota. In particolare, sulla base delle mappe di probabilità ottenute, sono state individuate le aree dove l’accumulo di ceneri è in grado di causare il collasso di tetti con resistenza medio-bassa. La zona gialla comprende 6 Comuni e 24 quartieri del Comune di Napoli. I comuni sono: Villaricca, Calvizzano, Cercola, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli, Casavatore. I quartieri Comune di Napoli sono Arenella, Avvocata, Barra, Chiaia, Chiaiano, Mercato, Miano, Montecalvario, Pendino, Piscinola, Poggioreale, Porto, San Carlo all’Arena, San Ferdinando, San Giovanni a Teduccio, San Giuseppe, San Lorenzo, San Pietro a Patierno, Scampia, Secondigliano, Stella, Vicaria, Vomero, Zona Industriale.

Gli abitanti di Cercola, comune italiano di 18 235 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania e Marano di Napoli, comune italiano di 59 926 abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. Il comune di Marano di Napoli si trova nell’area a nord di Napoli ed è facente parte del comprensorio giuglianese.,
dovranno recarsi presso il Molo Beverello di Napoli, dove a bordo di navi raggiungeranno la Liguria. [totale 78 161 abitanti]

Quanto alle strutture che riceveranno i cittadini campani la scelta potrebbe cadere su immobili del demanio terrestre e marittimo statale (ad esempio, caserme dismesse, capitanerie di porto, etc…………).

A Noli, l’edificio di proprietà del demanio terrestre è ex Colonia Marina, Via XXV Aprile, compendio immobiliare, poco distante dal nucleo storico centrale, inserito in un contesto di edifici unifamiliari e residence, poco distante dalle spiagge. L’edificio è costituito da un unico corpo di fabbrica di 4 piani fuori terra, distribuiti da unica scala, per una volumetria complessiva di circa mc 5.735, versa in cattivo stato di manutenzione e con impianti dismessi.

A chi verrà affidato l’incarico di ripristino dell’edificio ? Con il buon senso si penserebbe allo Stato ma, è presumibile che i costi verranno ugualmente divisi tra stato, Regione e Comune.

Sarebbe il caso, che l’Amministrazione in carica, ci faccia un “pensierino”, di quelli giusti, senza i se e senza i ma; e poi i cittadini nolesi si lamentano di una ventina di extra comunitari arrivati sul loro territorio.

Chissà se Niccoli affermerà ancora una volta: Finché sarò sindaco io questo progetto non passerà mai. E spero neanche dopo”

Alesben B.



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