Si taglia ovunque, tranne sul marketing per finanziare la propaganda che non cura le persone, non dà case a chi no ce l’ha e non sistema le strade. La Liguria nell’ultimo anno ha registrato solo due iscritti a fronte di 17 posti, disponibili nella scuola di specialità in Chirurgia Generale. Nei prossimi 5 anni, la necessità di specialisti nella Regione, considerando i tanti medici specialisti che andranno in pensione, sarà molto più alta.
di Gianfranco Barcella

Sono stati i delegati per la Liguria della Società Italiana di Chirurgia, prof.ri Stefano Scabini e Marco Frascio a dare l’allarme. Il rischio concreto è quello che nei prossimi anni avremo sale operatorie chiuse, in Liguria. Ma è un allarme che deve ascoltare tutta Italia. “Il trend è negativo da diversi anni– ha spiegato Franco De Cian– direttore della Scuola di Specialità in Chirurgia dell’Università di Genova– . Nel 2023 avevamo 19 borse, 8 si sono iscritti e tre hanno abbandonato entro i primi 6 mesi; nel 2022 invece avevamo 13 borse: si sono iscritti in 4 e 2 hanno abbandonato. Noi stiamo investendo nella formazione e nel reclutamento all’interno della nostra facoltà ma non è facile. L’obiettivo è quello di responsabilizzare sempre più lo specializzando”.

E’ una crisi silenziosa quella che attanaglia anche la Chirurgia che per ora pare preoccupare solo gli addetti ai lavori, da anni purtroppo. Ormai si mette a rischio la capacità del sistema sanitario di garantire cure adeguate ai pazienti. La chirurgia non è più attrattiva e sta diventando una Cenerentola. Il contrasto che emerge e poi quello di un settore che sta facendo passi da gigante grazie alla robotica e all’intelligenza artificiale ma che non riesce ad attrarre i giovani. Insomma negli ultimi anni, le borse di specializzazione in chirurgia sono aumentate ma rimangono deserte.
“Diverse sono le cause di questa crisi vocazionale – spiegano ancora i prof.ri Stefano Scabini e Marco Frascio, referenti per la Liguria della Società Italiana di Chirurgia-. Il crescente contenzioso medico-legale con rischi professionali sempre meno tutelati a livello giuridico; l’alto stress professionale rispetto ad altre specializzazioni mediche; la mancanza di incentivi economici adeguati. Il percorso formativo lungo e gravoso poi, scoraggia molti giovani medici che oggi sono meno disponibili al sacrificio”.
Manca quindi il ricambio generazionale e bisogna pagare di più i neo laureati per evitare la migrazione dello specializzando nelle realtà non universitarie. Dovremmo altrimenti importare chirurghi stranieri, in questa direzione sembrano orientarsi alcune regioni italiane come la Sicilia e la Calabria che ospitano già <medici importati> da Argentina e Cuba. Mancano i soldi per pagare adeguatamente il personale sanitario e scopriamo che da fine maggio sarà ufficialmente attivo nei pronto soccorso della Liguria, il servizio: <Chiedi a me> che avrà il compito di supportare i familiari dei pazienti presenti all’interno delle strutture di emergenza. Saranno 80 i <facilitatori> presenti nei Pronto Soccorso. Saranno identificabili all’interno degli ospedali con una pettorina con la scritta <Chiedi a me> ed avranno il compito di dare informazioni e supporto ai pazienti ed ai loro familiari in attesa. Gli operatori saranno scelti tra il personale sanitario, Oss, hostess/steward e volontari e dovranno seguire dei corsi di formazione dedicati.
L’obiettivo di questo servizio è anche quello di supportare il lavoro di medici e personale sanitario che si trovano spesso a gestire numerose richieste di informazioni da parte di pazienti e/o familiari. Sarà un’opportunità per prevenire anche tutte situazioni che possono sfociare magari in atti di aggressione verbale per non dire fisica. Spero che un giorno, gli operatori di <Chiedi a me> non debbano indirizzare i pazienti verso le sale operatorie, desolatamente vuote… Io spero che si metta in atto finalmente una riforma radicale della Sanità Ligure per non arrivare al tracollo.
Occorre superare l’ormai pletorica governance regionale, a partire dall’abolizione dell’Azienda Ligure sanitaria, fino alle Cabine di Regia previste dal DR 143/2024, in modo da ricondurre, come avviene in altre Regioni, la titolarità delle iniziative di programmazione in capo al Dipartimento Salute, con la possibilità di liberare risorse e personale a disposizione di Regione Liguria, Aziende Sanitarie e Ospedaliere e IRCSS.
Nella riforma della governance, va restituita, maggiore capacità di compartecipazione ai Comuni e alle Comunità, tramite le conferenze dei Sindaci e ad altre forme di democrazia sanitaria, valorizzando la loro capacità di programmazione e di verifica dei risultati, in quanto negli ultimi anni le istituzioni locali e la cittadinanza sono state marginalizzate nei processi decisionali. Anche per quanto riguarda l’attuazione del PNRR. Con l’abolizione di ALISA e la contestuale recisione del modello normativo e di governance, occorrerà procedere alla divisione tra il Piano Socio Sanitario Regionale ed il Piano Sociale Integrato Regionale con la definizione di un nuovo Piano Sociale-Sanitario Integrato, al fine di rafforzare sempre più l’integrazione sociosanitaria, favorire i percorsi di presa in carico e di assistenza, integrare le figure sociali/sanitarie di comunità, rispondere insomma ai bisogni complessivi della persona. A tal fine, occorrerà rendere sistematico, nel nuovo protagonismo dei Distretti, il concorso degli Enti del Terzo Settore nella co-programmazione co-progettazione, istituzionalizzando anche su basi territoriali, forme di collaborazione con i sindacati, associazioni di categoria, di pazienti e di volontariato. Proprio di recente i sindacati hanno parlato di < lavoratori umiliati e sottopagati con un aumento vertiginoso delle patologie da stress come il burn-out”.
Il settore sanitario pubblico era già in crisi prima della pandemia,con un’età media del personale, molto alta, la contrazione degli organici che peraltro affliggeva il settore da molti anni, e carichi da lavoro sempre più insostenibili con il ricorso sempre più frequente allo straordinario. A quasi 50 anni dalla nascita del sistema sanitario nazionale, così come lo conosciamo, potremmo dire che più di un check-up c’è visogno di un intervento chirurgico lungo e complesso che deve essere, finalmente risolutivo, perché c’è un rischio molto serio che il Sistema Sanitario Nazionale, nei prossimi anni, non possa più reggere.
Le <ferite> della Sanità Pubblica sono state acuite sicuramente dalla pandemia da covid-19 e molte si stanno cronicizzando perché mancano <i terapeuti giusti al posto giusto>. La Sanità Pubblica resta in grave crisi ed a certificarlo con i numeri è la Fondazione Gimbe nel suo settimo rapporto sul servizio sanitario nazionale: la spesa per cure pagate di tasca propria dalle famiglie segna un + 10.3% nel 2023, boom con 4,5 milioni di persone che secondo l’Istat , rinunciano a visite ed esami, con 2,5 milioni costrette da motivi economici. Nel contempo vi è stato un crollo della spesa per servizi di prevenzione delle malattie che segna un -18,6%. E’ invece di 889 euro il divario di spesa sanitaria pubblica pro capite, rispetto alla media dei paesi Ocse membri della Ue che nel complesso diventa un buco di 52,4 miiardi. E continuano le difficoltà contabili per far quadrare le entrate dello Stato con le uscite per garantire per tutti i Lea (livelli essenziale di assistenza n.d.r e le spese sostenute per l’assistenza sanitaria.
La Liguria in particolare dovrà cercare di recuperare non solo risorse interne ma ancora una volte dovrà ripianare i passivi con una <magia> dei conti. Non vorrei essere nei panni della direttrice dei bilanci della Regione che deve dimostrare di aver adottato tutte le misure di copertura entro il 30 Aprile 2025 secondo quanto previsto dalla legge Tremonti, ancora in vigore. “Le variazioni di bilancio previste sono lontane dal bisogno dei cittadini, senza visione politica, senza senso delle priorità- accusa una consigliera di minoranza- Si taglia ovunque, tranne sul marketing per finanziare la propaganda, ma la propaganda non cura le persone, non dà case a chi no ce l’ha e non sistema le strade. In più partono zoppe sul nascere: la Corte dei Conti ha bloccato la parifica del bilancio 2023 , con la Corte Costituzionale che contesta i 20 milioni di euro, trasferiti dalla Sanità ad Arpal e senza alcun documento, a differenza da quanto sostenuto dal presidente Bucci, in cui ci sta scritto, nero su bianco, che il buco in sanità è di 19 milioni. Siamo fermi alla sola delibera che parla di 62 milioni di disavanzo. Nel frattempo, il carrozzone di Alisa, (nata nel 2016.n.d.r) continua a prosciugare risorse senza apportare nessun beneficio alla sanità, mentre le liste d’attesa continuano a crescere e l’unica misura per arginarle sono 10 milioni di euro, destinati ai privati per favorire le prestazioni che la sanità pubblica impoverita non riesce a garantire” .
Il problema più impellente da risolvere dunque, resta quello delle liste d’attesa, già presente prima della pandemia. Da questo dipende anche la fuga di molti liguri fuori regione. Secondo il XVI Rapporto Sanità del CREA, in Italia i tempi medi di attesa per una visita specialistica possono superare i 65 giorni. Questo ritardo può essere causa di diagnosi tardive e peggiorare gli esiti clinici. Per la risoluzione del problema delle liste di attesa per ora rileviamo il disaccordo tra Governo e Regioni; uno sgarbo istituzionale che rischia di aprire una ferita profonda tra poteri regionali e governativi che sono in gran parte guidati dallo stesso fronte politico a cominciare dal presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga.
Intanto, obtorto collo, alcune Regioni hanno cominciato ad attuare i piani del Governo. Fare una risonanza magnetica dopo la cena, tra le 22 e le 23 di sera o in alternativa il sabato e la domenica, ma anche una visita cardiologica alle 20 e magari subito dopo un ecocolordopler e poi ancora esami e visite irtopediche, ginecologiche, urologiche e neurologiche di domenica.
Ecco alcuni esempi di prestazioni che si possono fare nei principali ospedali ed in diverse strutture sanitarie del Piemonte. Anche in Liguria ha deciso di mettere di mettere a terra alcune misure previste dal Piano di Governo: in particolare il percorso di garanzia, ribattezzato <salva code>, che prevedere, in caso di lista d’attesa lunga, di trovare al paziente una soluzione alternativa (compresa l’intramoenia o il privato accreditato), ma anche una <multa> ai cittadini che prenotano visite ed esami ma poi non si presentano agli appuntamenti; un fenomeno quest’ultimo non di poco conto che riguarda ben il 15% delle prenotazioni e che contribuisce ad allungare le code di chi aspetta magari con urgenza una visita od un’ecografia.
La prima misura appena entrata un vigore, prevede che un <Gruppo Operativo Percorso di Tutela (Gopt)> prenda in carico il paziente e lo richiami, proponendogli una prestazione in ospedali ed altre strutture del territorio delle Asl di competenza. Questi appuntamenti non potranno essere rifiutati, altrimenti si dovrà obbligatoriamente uscire dal percorso di tutela. Da pochi giorni sono anche partiti il servizio di recall e le multe per chi non si presenta. Il sistema prevede l’invio di un sms di <ricordo> a tutti i , cinque giorni prima della data dell’appuntamento per tutte le prestazioni e per tutte le classi di priorità, ed un sms tre giorni prima della data, relativa all’appuntamento, per i cittadini chiamati alla visita entro cinque giorni. E’ stata prevista poi una<sanzione>per chi non si presenti: il messaggio informa del pagamento del ticket per la prestazione prenotata e non usufruita. Sulla mancata intesa tra Stato e Regioni, si è scatenata l’ opposizione: “C’è il caos sulla gestione del DL liste d’attesa ed è in atto uno scontro tra governo e regioni”, ha denunciato il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, mentre Attilio Gontana abbassa i toni: “E’ stata fatta solo tanta confusione. Noi non abbiamo mai litigato con il Governo”-
Intanto quasi cinque milioni di persone, soprattutto poveri ed anziani, in attesa che tra i <fratelli – politici>, si faccia pace vera, rinunciano alle cure. Occorre pertanto dare una scossa alla riprogramazione della sanità ligure. Va ribadito in maniera prioritaria il fatto che il servizio sanitario regionale deve ritornare ad essere un servizio universale, accessibile per ciascuna persona presente sul territorio regionale, nel rispetto dell’art.32 della Costituzione. Ogni azione della Regione Liguria deve essere informata al fine di rimuovere gli elementi di diseguaglianza di stato di salute e di cura in particolare nelle aree interne e meno popolate, ma anche nelle periferie della Regione, con azioni specifiche e iniziative proattive che garantiscano il rispetto su tutto il territorio dei Livelli Essenziali di Assistenza, a partire da un’azione straordinaria rivolta ai soggetti che rinunciano alle cure, dalla cronicità per arrivare alla presa in carico della marginalità e degli invisibili, come le cure primarie per i senza fissa dimora, per la quale va applicata pienamente la normativa regionale.
Attenzione ancora maggiore va destinata ai problemi di salute dei detenuti, con un rafforzamento delle opportunità terapeutiche, a partire dall’applicazione delle linee guida nazionali in materia. Occorre ancora riconoscere la centralità della Prevenzione collettiva delle malattie, ed in particolare della tutela dell’integrità dei lavoratori. A tal fine è fondamentale il rafforzamento degli PSAL, a partireda un piano di assunzioni, dedicato, con l’aumento delle iniziative collegate allo screening, ai piani di prevenzione primaria, a partire dalle scuole, dai luoghi dove si pratica sport e dai ritrovi sociali anche per quanto riguarda i corretti stili di vita e l’emergere dei disturbi alimentari.
Occorre non dimenticare l’importanza delle vaccinazioni in età pediatrica. Inoltre bisogna dare priorità ai Servizi Territoriali di Prossimità. Nella riorganizzazione del sistema sanitario regionale, e per la piena attuazione della disciplina nazionale in materia sanitaria, prevista dal DM 77/2022 è fondamentale promuovere con investimenti e personale un sistema capillare di Medicina del territorio, per riportare ad unità i servizi territoriali, per garantire prossimità alla persona ed alla comunità, ricomporre la continuità tra prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, in una logica di rete, adatta ad ogni contesto. Per intensificare la Contuinità Assistenziale bisogna ancor più favorire il ruolo delle farmacie e dare reale attuazione al ruolo delle MMG, dei PLS, e delle altre figure sanitarie e socio sanitarie delle Nuove Case di Comunità con un confronto più attivo con Distretti ed il Territorio.
Ancora: nella Regione più anziana d’Italia e d’Europa, prioritaria è la costituzione di modelli anche in forma sperimentale, che vadano nella direzione della presa in carico della popolazione fragile, non autosufficiente o con disabilità. Occorre dare completa attuazione ai principi della riforma per la non autosufficienza, con una progressiva implementazione dei servizi di assistenza domiciliare, anche con l’utilizzo della telemedicina, con misure specifiche per le aree interne e le zone periferiche, ove maggiore è il rischio di esclusione sociale e di isolamento. Accanto a ciò, è necessaria una riqualificazione e sostegno delle strutture residenziali, attivandosi per uno sblocco dei posti convenzionati, fermi al 2014.
A fronte del problema della Salute Mentale è prioritario estendere, per metodologia e contenuti, l’esperienza del Patto per la Salute Mentale in ASL al fine di attivare nuovi percorsi di cura e di relazioni umane. Non mi soffermo sulle liste d’attesa per le visite riguardanti la neuropsichiatria infantile… Restano i temi relativi alla ricerca e molte altre piaghe da sanare! In materia di Sanità Pubblica vale ciò che diceva Henri Frederic Amiel: “L’esperienza non è che la somma delle nostre delusioni”.
Gianfranco Barcella