La speranza è che sia un primo passo presente e nel futuro edilizio-urbanistico di Andora, non dunque limitato ad un’area e ad un immobile. Andora ‘virtuosa’, dove non c’è carenza di seconde case, aggiorna il Puc: meno cemento, meno bilocali, minore carico insediativo. Qui è la città dove il rapporto di spiagge libere/concessioni è superiore a quanto la normativa richieda.
Liguria tra le Regioni Italiane ancora priva di Piani Paesaggistici Territoriali, mentre la Lega di Salvini tenta un blitz (sventato) in Parlamento: meno vincoli per costruire, più potere ai sindaci. Chissà cosa ne pensano i primi cittadini leghisti, ma non solo, del ponente ligure. Un tempo sui quotidiani locali si leggevano le reazioni di pubblici amministratori ed esponenti politici su questo o quel ‘tema’ che dal Parlamento aveva anche risvolti in loco. Oggi vige il ‘mutismo’. O i media ignorano e non chiedono. Oppure fa comodo agli eletti e alle segreterie politiche stare zitti per evitare ‘scomuniche’ dei ‘capi’ che ormai sono solo in Regione e a Roma. Essere scomodi si finisce ai margini, bocciati quanto a possibili candidature pure nel piccolo potere locale, nelle municipalizzate o aziende pubbliche. Si finisce ai m,argini.
Subito messe in soffitta, ad esempio, le dimissioni del ‘decano’, ‘padre’ della Lega di Bossi in provincia di Savona e oltre, Guido Bonino. Nel 1990 viene anche eletto consigliere regionale in Liguria e alle elezioni politiche del 2008 eletto alla Camera dei Deputati. Eminenza grigia nel partito? Certamente non era più in sintonia con i nuovi condottieri di Salvini del territorio e navigava “dietro le quinte”. E avrebbe potuto lasciare strascichi la fuoriuscita, forse attesa o meno, dell’ex primario della Rianimazione del San Paolo, Brunello Brunetto tra i ‘miser preferenze’ non solo a Loano. L’anonimo fratello (fratello) politologo di Uomini Liberi (Savona) aveva scritto il 19 aprile 2024: Brunetto, ex simpatizzante del PD in quota Paita, poi ex Lega in quota Ripamonti in chiave anti Viale/Ardenti, ora, probabilmente in transito per FdI, domani chissà.
Della serie va dove ti porta il treno, purché’ la prossima fermata sia Genova, ma non Brignole, ma Piazza Ferrari. E la scelta farebbe felici tanti: in primis Rixi che lascerebbe campo libero al fedelissimo Mai. Ma farebbe felici anche Balleari e Rosso, che sperano di raccattare voti per FdI in vista delle europee. E agli elettori chi pensa? Così concludeva l’anonimo che era riuscito a stanare un altro ‘muratore’ di successo di veterana fratellanza e galantuomo, il sindaco tra i più rieletti della provincia in quel di Stellanello.
2/Andora ‘virtuosa’ aggiorna il Puc: meno cemento, meno bilocali, minore carico insediativo. Andora può anche ‘vantare’ che il rapporto di spiagge libere/concessioni sia superiore a quanto la normativa richieda.
COMUNICATO STAMPA -“ANDORA- IL CONSIGLIO COMUNALE AGGIORNA IL PUC: RIDOTTA LA SUPERFICIE EDIFICABILE DELLA PALAZZINA CHE SARA’ COSTRUITA NEL COMPLESSO DI CONDOMINI DAVANTI AL COMUNE”. Accordo con i privati che hanno già realizzato opere di urbanizzazione per più di 2 milioni di euro.
Il Consiglio Comunale di Andora, nella seduta del 31 gennaio 2025, ha adottato l’aggiornamento al PUC (Piano Urbanistico Comunale) che va a modificare quanto previsto nel 2009, quando, a seguito della Concessione Urbanistica, fu approvato il Piano Particolareggiato (SUA) di iniziativa privata. Esso prevedeva la costruzione di condomini in sei lotti, cinque dei quali già realizzati al fondo di via Cavour, di fronte al Municipio. L’aggiornamento riguarda l’ulteriore palazzina ancora da edificare al fondo dell’attuale piazza e ne riduce la superficie edificabile. Minore carico insediativo anche in via Europa Unita, dove è prevista la costruzione di sei casette al posto di un palazzo ipotizzato in prima istanza.
La modifica allinea lo strumento urbanistico anche alle attuali condizioni della zona fra via Cavour, via Risorgimento e via Europa Unita a seguito delle numerose opere pubbliche realizzate.
“L’obiettivo dell’Amministrazione di alleggerire la cubatura della palazzina ancora da costruire a completamento del complesso dei condomini di pregio di via Cavour trova realizzazione in questa pratica all’attenzione del Consiglio” – ha dichiarato il sindaco Mauro Demichelis. – “La relazione redatta dal Dirigente del Settore Urbanistica allegata alla delibera, espone le modifiche: per il complesso di via Cavour, si prevede la costruzione di volumetrie di tipo residenziale per un totale di 958 mq, con una riduzione di 319 mq di superficie edificabile rispetto al precedente SUA. In pratica – ha spiegato Demichelis – circa 25 alloggi al posto di 40 bilocali. Per quanto riguarda la riduzione del carico insediativo in via Europa Unita, l’aggiornamento al PUC prevede la realizzazione di villette residenziali per un totale di 665 mq, con una riduzione di 195 mq rispetto alle precedenti previsioni, corrispondenti a circa 4 alloggi. I privati che costruiranno le casette realizzeranno, come oneri di urbanizzazione, un parcheggio pubblico a raso su una superficie complessiva di 1.550 mq, con spazi di manovra e 50 parcheggi pubblici.”
L’aggiornamento con la riduzione del carico insediativo, ha determinato anche la modifica della destinazione d’uso. La zona è fortemente cambiata negli ultimi anni, a seguito di numerosi interventi urbanistici che il comune ha chiesto di realizzare ai privati per migliorare i servizi e l’accesso alla nuova stazione ferroviaria inaugurata nel 2016.
Il Sindaco Demichelis ha elencato al Consiglio gli interventi di urbanizzazione già realizzati dai costruttori delle palazzine di via Cavour, ammontanti complessivamente a oltre 2 milioni di euro. Tra questi figurano i parcheggi di via Risorgimento, quelli accanto alla nuova rotonda dedicata allo sport, i marciapiedi di raccordo con l’ingresso della stazione (lato via Merula), giardini pubblici, aree verdi e locali a servizio del capolinea.
Opere realizzate dopo l’apertura del raddoppio e lo spostamento della stazione ferroviaria che si aggiungono a quelle realizzate prima del 2014 fra cui il piazzale dei parcheggi con la sede della Protezione Civile e l’illuminazione di via Cavour.
L’aggiornamento al PUC, prevede l’eliminazione del 15% di edificazione destinata a RTA su tutta la zona allineando lo strumento urbanistico con le nuove previsioni di incremento della ricettività turistica adottate, grazie a interventi diffusi nella zona e su tutto il territorio, in corso di realizzazione o previsti, sia di tipo alberghiero che residenziale. Tra questi, ad esempio, la conversione in albergo della vecchia stazione ferroviaria di via Carminati, poco distante da via Cavour e strategica perché si affaccia sulla nuova pista ciclabile in corso di realizzazione, che da sola prevede ben 250 posti letto.
2/DA UFFPOST 31 gennaio 2025- di Giuliano Volpe- La Lega Salvini premier ha presentato un emendamento – poi ritirato – alla Legge Cultura, con il quale vorrebbe rendere non vincolante il parere delle Soprintendenze in materia paesaggistica dando l’ultima parola ai sindaci. Un colpo mortale alla tutela. Il vero problema, tipicamente italiano, è la mancanza di pianificazione urbanistica.
Ci stanno riprovando a portare l’assalto al paesaggio italiano. O almeno a quel che resta, vista la velocità del processo di cementificazione e di consumo di territorio (2,4 metri quadrati ogni secondo!). La Lega, che cerca di attribuirsi il ruolo di partito più trumpiano e iperliberista d’Italia, ha presentato un emendamento alla Legge Cultura con il quale vorrebbe rendere non vincolante il parere delle Soprintendenze in materia paesaggistica dando l’ultima parola ai sindaci. Emendamento poi ritirato e sostituito da un disegno di legge da discutere con gli altri alleati di governo. Sarebbe un colpo mortale alla tutela. Sappiamo bene che un sindaco, anche il più colto e sensibile ai temi della tutela, sarebbe posto sotto una pressione forte e diretta di interessi speculativi e farebbe dunque molta fatica a bloccare interventi di varia natura anche su aree tutelate.
Il vero problema, tipicamente italiano, è la mancanza di pianificazione. Basti pensare che i Piani Paesaggistici Territoriali Regionali (redatti ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che è del 2004) sono ancora solo cinque. Ha aperto la pista la Puglia, seguita da Toscana, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Lazio, mentre la Sardegna ne ha uno solo per le coste.
Le redazioni dei Piani sono state occasioni straordinarie di condivisione, di dialogo, anche di compromesso, in un confronto multidisciplinari tra tanti specialisti ma soprattutto con enti locali, mondo delle imprese, del commercio, dell’agricoltura, con le associazioni e i cittadini, proponendo una idea di tutela attiva e progettuale.
Da molti anni di piani paesaggistici non si parla più. Tutto fermo. Negli anni passati era previsto presso il Ministero della Cultura (che allora si chiama dei beni e attività culturali e del turismo) un sottosegretario, l’attivissima Ilaria Borletti Buitoni, ex presidente nazionale del FAI, con una specifica delega sul paesaggio, che si avvaleva di una qualificata Segreteria tecnica per la qualità del paesaggio della quale facevano parte persone del livello di Angela Barbanente e Anna Marson, le due urbaniste che come assessore regionali in Puglia e Toscana avevano dato vita a ottimi piani paesaggistici. Nel Consiglio superiore “beni culturali e paesaggistici” discutemmo approfonditamente i cinque Piani approvati in quegli anni. Si giunse a organizzare nel 2017 gli Stati Generali del Paesaggio, di cui sono stati pubblicati corposi Atti, e a elaborate una Carta del Paesaggio, intitolata all’indimenticabile Giuseppe Galasso, autore delle prime misure di tutela paesaggistica. Fu istituito un Premio Nazionale del Paesaggio.
Anche i Piani Urbanistici Generali, che dovrebbero tener conto dei Piani Paesaggistici Regionali, latitano. In un simile contesto trasferire la competenza ai Sindaci significa, tra l’altro, privarsi di una necessaria visione d’insieme territoriale. Non si possono autorizzare interventi edilizi in un territorio comunale e impedirli in quello vicino: non solo sarebbe il caos e si svilupperebbero ulteriori conflitti, ma si snaturerebbe il paesaggio che ha una sua organicità ben oltre i limiti amministrativi municipali.
Questo colpo di mano leghista ci costringe a una contrapposizione e credo che questo sia un grave errore. Bisognerebbe invece confrontarsi liberamente, riflettere in maniera laica, cercare soluzioni condivise e partecipate, com’è nello spirito delle due Convenzioni del Consiglio d’Europa sul Paesaggio (che fu presentata non a caso proprio in Italia, a Firenze nel 2000) e del valore del patrimonio per la società (Faro 2005), entrambe ratificate dal nostro Parlamento (e poi messe in un cassetto e assai poco applicate.
Bisognerebbe essere onesti nell’affrontare questi temi oltre le posizioni manichee. La tutela purtroppo è ancora sentita in larghi settori della società non come la cura di un bene comune ma come un impedimento allo sviluppo economico, per gli ostacoli, i ritardi, i mille problemi che pone in occasione di lavori edili o agricoli, di costruzione di infrastrutture, di trasformazioni del territorio, a volte – bisogna ammetterlo – anche per improprie ‘esagerazioni’, non giustificate dalla legittima e sempre necessaria azione di conoscenza e tutela del patrimonio.
Bisognerebbe ribaltare questa immagine, modificando la percezione diffusa del patrimonio culturale, da ‘problema’ a grande ‘risorsa’ per il Paese e per il suo sviluppo sano. Ed è necessario, altresì, affermare, nella stessa comunità degli specialisti dei beni culturali, l’idea che le risorse culturali sono anche risorse economiche perché contribuiscono al ‘benessere’ e alla ‘qualità della vita’. Anche per questo è sempre più necessario misurare il valore sociale ed economico del patrimonio culturale, perché tale ‘valore’ può rappresentare la misura di quanto sia importante il patrimonio culturale per la società italiana. Mi limito a un solo esempio: il nostro Paese sta conoscendo uno sviluppo enorme del turismo e non c’è alcun dubbio che la peculiarità tutta italiana che può e deve caratterizzare la nostra offerta turistica è la cultura, con l’immenso patrimonio di beni e di attività culturali, la musica, il teatro, le arti, e soprattutto con il paesaggio italiano. Vogliamo, quindi, danneggiare questo patrimonio che oggi rappresenta quasi il 20% del nostro PIL?
Dopo aver dibattuto lungamente sul ‘come’ bisognasse tutelare e sul ‘chi’ dovesse occuparsene, l’attuale scenario culturale italiano ed europeo ha ben chiaro che la reale durabilità/sostenibilità dei beni si gioca sulla capacità di spiegare il ‘perché’ conservare, il ‘per chi’ farlo, e sul potenziale ‘valore’ dei beni culturali e paesaggistici anche come veicolo di crescita economica e sociale e di miglioramento diffuso della qualità della vita.
I paesaggi rappresentano l’identità profonda e complessa dei luoghi e delle comunità, un patrimonio il cui valore rischia di essere sempre più ignorato dalle stesse comunità locali, che stanno subendo profondi cambiamenti e subiscono gli effetti della globalizzazione. Una ridotta consapevolezza e percezione del valore è alla base di cambiamenti irrispettosi e distruzioni di paesaggi storici. Ecco perché andrebbe sviluppata quella che Alberto Magnaghi ha definito “coscienza di luogo”.
Premessa irrinunciabile per mettere tutti, o almeno il numero più ampio di persone, nelle condizioni di percepire il valore del patrimonio è la conoscenza, grazie all’educazione al patrimonio, alla formazione a partire dai primi anni di vita, alla comunicazione, alle nuove forme di gestione. Bisogna che tutti, o almeno il maggior numero di persone, considerino la tutela del paesaggio come qualcosa di “utile”, al di là della insopportabile retorica della Bellezza. Sarebbe necessario un profondo ripensamento del rapporto tra cittadini e patrimonio. Compete al Ministero della Cultura e a tutti gli specialisti contribuire a modificare la percezione diffusa del patrimonio culturale come grande ‘risorsa’ per il Paese e per il suo sviluppo sostenibile. Serve una grande alleanza con i cittadini. Non basta, però, modificare le norme. È necessario promuovere un cambio di mentalità, che non può che partire ‘dal basso’.
I padri costituenti ebbero la straordinaria visione di inserire nell’articolo 9 della Costituzione, all’indomani del disastro della guerra e in una Italia tutta da ricostruire, la tutela del paesaggio. E lo fecero attribuendo questo compito alla Repubblica e non già solo allo Stato, ma alla Repubblica, cioè a tutte le istituzioni pubbliche e all’intera res publica, intesa come comunità dei cittadini. Ecco perché è sempre più necessario promuovere azioni di tutela condivisa, sociale, del paesaggio, come indicano le due convenzioni europee già richiamate.
L’articolo 9 peraltro utilizza, caso raro nella Costituzione, la parola Nazione, per sottolineare l’unitarietà del patrimonio e del paesaggio (quanto è utile questo richiamo in un momento di rischio di autonomia differenziata anche nel campo del patrimonio culturale!). Commentando l’articolo 9 un grande giurista come Alberto Predieri definiva «il paesaggio … la forma del paese, … linguaggio, comunicazione, messaggio, terreno di rapporto fra gli individui, contesto che cementa il gruppo».
Il ministro Alessandro Giuli ha subito manifestato una netta opposizione all’emendamento della Lega e bisogna sostenerlo con forza, al di là di ogni schieramento, senza se e senza ma; c’è, infatti, da augurarsi non solo che il ministro continui a tenere ferma la sua posizione ma anche che colga l’occasione per riprendere quel lavoro, interrotto da alcuni anni, sulla pianificazione paesaggistica e sulla tutela condivisa, partecipata, attiva del principale patrimonio d’Italia, il nostro paesaggio.