L’iniziativa di restituzione alla Città del lavoro fin qui portato avanti per presentare la candidatura di Savona Città Capitale della Cultura 2027, svoltasi ieri sera (23 luglio) in Piazza Pertini, ha dimostrato l’emergere di almeno due elementi di grande importanza nella costruzione di questa possibilità.
di Franco Astengo (Associazione “Il Rosso non è il Nero”)
1) Una raggiunta coesione davanti all’obiettivo di -almeno- una parte rilevante della Città e dei suoi settori sociali e culturali maggiormente impegnati sul territorio. Questo risultato, assieme a quello di una concreta realtà di espressione comprensoriale, non era scontato in partenza e ne va sottolineata l’evidenza. E’ stato detto che si tratta di un punto di partenza, ed è vero: ma in una situazione a lungo pervasa da istanze speculative e corporative, in un quadro regionale tendente da sempre all’emarginazione delle zone più scomode dell’area post-industriale, il raggiungimento di questo punto d’approdo dimostra per intero la validità della proposta e delle sue chances di riuscita.
2) Sono stati presentati una molteplicità di progetti i più significativi dei quali legati al tema dei contenitori storici, del loro recupero e della loro prospettiva di utilizzo futuro. Su questo punto è necessario riflettere proprio nel momento in cui sarà necessario stringere il tema dell’identità che dovrà essere raggiunto dalla Città nell’occasione dell’esercizio del suo ruolo di Capitale. Siamo di fronte ad una duplice e opposta necessità, in uscita e in entrata.
La necessità in uscita è quella di rompere davvero con quel passato che, almeno dalla fine del XX secolo e dall’inizio del successivo, ha caratterizzato (nella fase della deindustrializzazione) lo smarrimento identitario. Savona ridotta ad attracco di transito, diminuita, invecchiata, attorcigliata al connubio chiusura dell’industria e speculazione edilizia, in un quadro di immobilismo sostanziale.
Serviva una proposta per uscire dallo stallo e indubbiamente quella di partecipare all’idea di Capitale è servita allo scopo (come già si accennava all’inizio).
Nel futuro più o meno immediato la progettualità messa in mostra davanti a una cittadinanza partecipe (fenomeno non frequente dalle nostre parti) deve essere concretizzata ponendola al servizio di una revisione profonda del modo d’essere e di esprimersi dell’intera Città superando virtuali confini tra Centro e Periferie.
Si tratta di porsi in una dimensione di complessità nella quale i temi della cultura (prioritario il tema del rapporto Università/Città da determinare in forma ancora più stabile e strutturale) e dell’innovazione produttiva (delle nuove forme di finalità e di organizzazione del lavoro) si trovino collocate al centro del disegno.
Sarà fondamentale la ridefinizione urbanistica posta nel segno di un innalzamento di qualità del vivere cittadino e un insieme di valorizzazioni dei tanti aspetti che possono essere presi in considerazione.
Non si possono ancora dimenticare alcuni punti: quello dell’isolamento territoriale che richiede un grande sforzo sul piano delle infrastrutture (non a caso si è parlato di stazione ferroviaria come gioiello ma non ne va dimenticata l’estraneità al tessuto vitale della Città) e quello della non facile ulteriore crescita nella capacità di inclusione delle nuove cittadinanze.
Così come il tema della comprensorialità dovrà vivere nel procedere quotidiano riferendoci ad alcuni punti decisivi come quelli del recupero di aree dismesse da mettere al servizio di una nuova visione di produttività territoriale.
Abbiamo riassunto alcuni temi che sono già all’ordine del giorno per aggiungere una sollecitazione: il quadro complessivo di prospettiva sul piano infrastrutturale, urbanistico, di coesione sociale non può risultare estraneo al percorso di Capitale della Cultura e il raccogliersi della Città attorno a questo punto di riferimento dovrà continuare ad essere massimamente valorizzato come impegno collettivo.
Franco Astengo (Associazione “Il Rosso non è il Nero”)
IL SECOLO XIX E LA STAMPA -SAVONA DI ANTONIO AMODIO