Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Il problema edipico dei Putiniani d’occidente


Trovo particolarmente significativo proprio ora che è avvenuto il gravissimo attentato a Donald Trump, trattare un tema che è alla base di una contrapposizione creata ad arte tra un mondo economicamente e sistemicamente sviluppato e l’altro no, al fine del potere prepotente del secondo sul primo.

di Sergio Bevilacqua

Gianandrea Gaiani

Esponente considerato di questa corrente non poteva essere che un giornalista, professione di grande importanza ma anche soggetta a navigazioni autonome sull’onda dell’ipermediatizzazione, con sacrificio possibile di elementi realistici profondi: il commentatore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani che, peraltro, ha avuto l’onestà di riconoscere di non essere un economista. Ma non quella dell’umiltà conseguente nelle sue analisi sistemiche socio-strategiche (vedi https://youtu.be/dm-7lXiJN5A?si=bmSxNo6ZoRc-eYKH).

Che la narrazione da lui esposta sia coerente e avvincente, quanto un romanzo, è piuttosto vero. Il fatto di essere un reporter di guerra riduce, non aumenta, la referenzialità oggettiva, perché la visione delle tragedie belliche da vicino sviluppa sentimenti che nuocciono alla oggettivazione e alla freddezza necessaria per interpretare scenari simbolici e non rozzamente evidenti.

Peraltro, questo presentarsi di interpretazioni complesse ben costruite e non contraddittorie di parte A (filoputiniane) riesce anche bene, perché sorrette da filosofie e strategie culturali e istituzionali antiche, da una disciplina geopolitica superata, che però può convincere tutti i vecchi, in quanto conferma i criteri del loro mondo superato, fatto di Stati, nazioni e popoli ormai quasi inesistenti.

Un importante elemento di sincerità che il bravo affabulatore Gaiani riporta auto-analiticamente è di non essere un economista, esclusione che apre la notte a vacche che sono tutte nere. Perché è proprio sulla luce del sapere economico che invece si regge la posizione di parte B (che non definirei occidentale o NATO, ma etimologicamente evolutiva e democratica, contraria alla violenza bellica, non conservatrice a oltranza): il mondo e il benessere dell’Umanità sono dovuti alla qualità del processo economico e all’economia industriale in particolare (il SECONDARIO). Questa economia è patrimonio di tre principali realtà nel mondo di oggi: USA, Cina e Unione Europea.

Immaginario di Fredu

La Russia di oggi è invece una realtà economicamente PRIMARIA, che vuol dire anche più primitiva antropologicamente: non è più la spericolata sperimentatrice post-rivoluzionaria 1917 di modelli di sviluppo economico-industriale capitalistici pubblici, mirati al benessere di tutti i cittadini (“compagni” di partito), solo momentaneamente in “un solo Paese”, con il forte massaggio leninista e poi trotskista della rivoluzione permanente e internazionale, del disastroso fermarsi in un Paese soltanto… La Unione Sovietica aveva sviluppato infatti un grande secondario, un importantissimo polmone industriale col Capitalismo di Stato: i piani quinquennali (ben 15, 75 anni di programmazione economica!) procedevano con lentezza e determinazione per la migliore distribuzione del lavoro e del benessere a tutta la popolazione. Il modello sovietico era percepito da tutto l’Occidente come un’alternativa: cioè, gli stessi prodotti e servizi ma basati su un imprenditore che era lo Stato – il Partito – il Popolo tutto, e non l’interesse del privato, capace d’incamerare proprietà individuali senza limite e profitti in modo discrezionale ma funzionale forse, comunque, al funzionamento economico dell’azienda e del settore.

Ebbene, questa grande industria russa ancorché sovietica è decaduta del tutto per l’impossibilità del modello di procedere con la stessa velocità e qualità tecnica dell’industria privata occidentale, mostrando la corda su qualità e innovazione. Cosicché, al crollo del cosiddetto impero sovietico, praticamente tutta l’industria manifatturiera costruita in 75 anni di comunismo è stata smantellata. E, ormai, erano gli anni ’90 ed era troppo tardi per ricostituirla efficiente e innovativa, senza un enorme mercato interno che potesse aspettare i tempi di una maturazione veloce come la grande Cina… La Russia non aveva queste caratteristiche. La sua economia si è così concentrata sulle risorse legate alla terra e non soggette al miglior utilizzo dell’organizzazione e dell’intelligenza (mercato e prodotto, conoscenza dei consumatori e Ricerca e Sviluppo), alla concorrrenza conseguente, tipiche caratteristiche del secondario manifatturiero: questo è il senso di “economia primaria”, cioè estrattiva ed agricola, in Russia ricchissima.

Ne conseguono modelli culturali coerenti, per lo più di conservazione e tradizione, con una grandissima concentrazione patrimoniale (oligarchia) e con aziende con una componente di valore aggiunto molto ridotta, che vuol dire minimo spazio di classe media. Non a caso, per la stretta dipendenza dal fenomeno macroeconomico che sfugge consapevolmente a Gaiani, vediamo la Russia di oggi paladina e ispiratrice di approcci tradizionalisti, conservatori, che stridono con le modernità indotte dall’esarivoluzione (globalizzazione economica, antropocene, ipermediatizzazione, ginecoforia, transumanesimo e protezione dal rischio nucleare). La differenza antropologica che si avverte ormai è che l’Occidente tende a superare il rapporto esclusivo illusorio tra simbolico e reale, e apre un processo concretamente costruttivo con l’immaginario, la casa del desiderio.

Così, le società del secondario, terziario e ormai quaternario operano nell’apertura e messa in circolo dell’immaginario; all’opposto, le società primarie, dal profondo delle loro miniere buie e delle pompe di estrazione degli idrocarburi, vedono un mondo superficiale e grossolano, secondo una filosofia dei bisogni più elementari, rifiutando l’influsso dell’immaginario sdoganato, con esercizio vigoroso di resistenza al cambiamento, tra i quali trova appropriata cittadinanza l’esibizione di violenza e coercizione militare in particolare.

Io non obietto a chi piace la litania dei Gaiani, che confrontano vetustà e non guardano la struttura evolutiva dell’umano. Anche perché non vogliono capire le regole del meccanismo più importante creato dalla nostra specie, il concatenamento dell’ultimo mezzo millennio tra rivoluzione scientifica, poi tecnologica, poi industriale, poi economica, poi sociologica e infine antropologica, che un pezzo di mondo, bloccato a una architettura umana superata e subdola, tenta di ostacolare, prima di venire spazzato via per arretratezza.

È un mondo tutto, un olos, una olistica umana che ha urgente bisogno di trovare un suo nuovo stato stazionario, appropriato al raccordo bellissimo e proficuo con l’immaginario, che la psicanalisi ha aiutato a scoprire… Non si può non obiettare a chi vuole ascoltare solo formule vecchie e, in aggiunta, essere novelli Edipo e cercare padri da ammazzare accusando la propria famiglia per essere NATO.

Sergio Bevilacqua


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