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Liguria e Basso Piemonte

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Il terzo Papa. Savona: nel bicentenario la chiesa ricorda la morte di Pio VII. Cerimonie liturgiche e convegno storico


Savona può definirsi con onore: “Città dei Papi”, merito dell’eredità culturale ed artistica, lasciata da due grandi pontefici – mecenati del Rinascimento: Sisto IV  e Giulio II, provenienti dalla famiglia savonese dei Della Rovere che permise alla città di essere raggiunta <da grazie particolari per l’obbligo della patria> e divenire centro di un crocevia di fervori intellettuali.

di Gianfranco Barcella

Pio VII

Dalla propensione verso il genio artistico propria dei due papi, attinse a piene mani anche Savona dove giunsero pittori e maestranze insieme agli architetti che lavoravano al riassetto urbano della zona compresa nel centro storico come si presenta ai nostri tempi.

Uno dei più importanti e innovativi edifici rinascimentali della Liguria, Palazzo Della Rovere o Palazzo Santa Chiara, disegnato dal San Gallo nel 1495, fu commissariato  da Giuliano Della Rovere. La committenza roveresca conduce in primis alla Cattedrale di N.S.Assunta per ammirare il coro ligneo ed il bassorilievo in lavagna dorata, raffigurante l’Assunta (XIV Secolo) che sovrasta una porta laterale. All’interno del chiostro adiacente al Duomo, troviamo il gioiello roveresco, costituito dalla piccola Cappella Sistina, voluta da Papa Sisto IV per ospitare il mausoleo dei genitori. Costruita tra il 1481 ed il 1843, fu in seguito adeguata allo stile rococò. Ricco di testimonianze roveresche è anche il Museo della Cattedrale. Nei pressi della cattedrale si trova il Palazzo del Monte di Pietà, fondato ancora da Sisto IV.

Tra le testimonianze pittoriche della magnificenza roveresca, bisogna collocare il Polittico della Rovere realizzato da Vincenzo Foppa e Ludovico Brea nel 1490 su commissione di Giulio II, collocato nell’Oratorio di N.S. Di Castello. Altre pregevoli opere riconducibili “all’Età dei Della Rovere” fanno parte della collezione della Pinacoteca Civica, allestita a Palazzo Chabrol. In particolare, gli stemmi rovereschi sono visibili sulla facciata di Palazzo Sacco – Multedo in piazzetta Della Maddalena.

Savona però è legata, in epoca più recente, alla provvidenziale vicenda di un altro papa, Pio VII che, dal 1809 al 1812 e ancora dal febbraio al marzo nel 1814, fu fatto prigioniero da Napoleone. Ebbe la residenza prima a Palazzo Santa Chiara e poi negli appartamenti del Palazzo Vescovile nel centro storico della città. Durante la prigionia savonese, Pio VII si recò tre volte al Santuario di N.S. di Misericordia, sulle alture delle città, per ringraziare la Madonna di avergli preservato la vita.

Il 10 maggio 1815 il pontefice donò alla statua della Madonna una preziosa corona, custodita nel Museo del Santuario. Le vicende di Papa Pio VII e dei suoi rapporti con Napoleone Bonaparte lo legano per sempre alla storia di Savona. L’appartamento del Palazzo Vescovile vicino alla Cattedrale, fatto allestire appositamente, doveva essere adeguato al prestigio dell’ospite illustre, sempre sotto la stretta sorveglianza del prefetto Chabrol. Anche la sua corrispondenza veniva controllata ed i visitatori erano sottoposti a perquisizioni. Poteva assistere alla messa in cattedrale, relegato dietro ad una grata. Il fine di tale stato detentivo era quello di rendere docile, il papa, ai voleri dell’imperatore Napoleone Bonaparte. Il difficile periodo di vita del papa fu allietato dalla bellezza degli ambienti in cui era costretto a vivere. Le stanze erano tutte arredate con gusto francese con soffitti affrescati da Stefano Brusco e tele settecentesche alle pareti dell’anticamera. La solennità della sala del trono damascata alle pareti ed il baldacchino restaurato contrastano con l’atmosfera solitaria e livida dello studiolo sempre affrescato e fornito di accessi segreti per controllare le attività del papa, mai domo ai voleri dispotici di Napoleone. Sono esposti alle pareti alcuni ritratti del Papa, in particolare l’opera di Gaspare D. Rastellino che propone un Papa benedicente. Si può ancora ammirare la stanza con il suo letto originale stile impero, ed il baldacchino rivestito di seta verde ed ocra, il comodino, l’inginocchiatoio e le tele alle pareti fanno rivivere perfettamente l’atmosfera di allora.

Percorso obbligato conduce verso l’adiacente stanza del Maestro di Camera con donazioni e raccolte artistiche  diocesane e più avanti verso l’angusto passaggio alla tribuna collegata alla navata della cattedrale per una presenza seppur celata alle celebrazioni liturgiche. Il difficile periodo savonese di Pio VII è stato sostenuto  dalla partecipazioni dei fedeli alla sua benedizione dal loggiato marmoreo sul fianco della cattedrale dove lo stemma papale ne testimonia ancora l’impartizione. La permanenza savonese di Pio VII è ricordata dal nome attribuito alla principale arteria del centro storico, via Pia, che sostituì il nome della via Fossavaria. Qui presso Palazzo Sansoni, Pio VII sostò i primi giorni del suo arrivo. Con il disastro di Lipsia, il papa venne definitivamente liberato e tornò nel 1815 al Santuario di Savona per incoronare la Madonna.

La prigionia di Pio VII a Savona si dipana in vari momenti: da una condizione meno opprimente, ad una decisamente più pesante e mortificante, senza alcun riguardo  per la dignità dell’uomo e del suo ruolo. Sono molto preziose a riguardo, le testimonianze che l’abate Hannon ha raccolto dai familiari del Papa. Ricordiamo che l’abate Hannon fu il superiore dei Sacerdoti della Missione (o Lazzaristi) a Parigi e condivise a Finistrelle la prigionia dei familiari di PioVII, apprendendo da essi molte informazioni sulla vicenda del Papa. Citiamo una sua testimonianza: “ Nessuno poteva entrare nel Palazzo del Papa senza il permesso della Prefettura; nessuno poteva essergli presentato, fuorché alla presenza del Prefetto o del colonnello Thouvenot. Due cardinali, venuti da Genova per ossequiare il Pontefice, aspettarono più giorni nel Collegio della Missione e null’altro ottennero fuorché il permesso di trattenersi pochi minuti nell’anticamera con il loro nipote monsignor Doria ed alla presenza del colonnello Thouvenot. Molti pellegrini presentavano al Papa memoriali e suppliche, ma colonnello e gendarmi vegliavano oculatamente, affinché non fosse consegnato al Papa nessun plico che prima non fosse stato sottoposto alla censura. I supplicanti dovevano prima presentare le loro suppliche al commissario di Polizia Alfonso Muzio, il quale le leggeva attentamente interrogava minuziosamente i supplicanti, e spesso rifiutava il lascia passare. Chi avesse presentato al Papa, una supplica senza il visto del commissario, veniva arrestato appena usciva dalla sala, condotto al corpo di guardia, poi alla Prefettura ed interrogato, esaminato, perquisito e spesso imprigionato. Durante i diciotto mesi che fu permesso l’accesso al Papa, si contarono più di cento persone che ebbero a subire questo trattamento. Nei 18 mesi in cui il Pontefice ebbe una certa libertà relativa, vennero a visitarlo circa 120.000 pellegrini. Ogni notte, all’una, un drappello di soldati circondava il palazzo, la cattedrale ed il giardino, e vi stava tutta la notte, intimando ogni tanto <il chi va là>e allontanando la gente. Inoltre, per misura di sicurezza, tenevano sempre nel porto due brik armati ed una nave da guerra”.

Intorno al papa prigioniero si alternarono personalità molto interessanti, appartenenti alle più alte e prestigiose gerarchie militari e diplomatiche francesi. Tra queste va segnalato il generale Louis Alexandre Berthier, l’ufficiale più alto in grado con compiti di custo dia del papa. Per i riguardi dimostrati verso la persona del papa (esorta il pontefice ad uscire per prendere un po’ d’aria e gli concede anche di fare belle passeggiate per la Riviera), viene preso richiamato a Parigi e sostituito dal generale Puget.

Il papa, per inciso, rifiuta le gentili concessioni. <Pugno di ferro in guanto di velluto> potrebbe essere l’ immagine più efficace per descrivere il tipo di vigilanza che si esercita sul papa da parte dell’autorità francese. Il regime di controllo è veramente severo, oculato e astuto. Il papa percepisce chiaramente ed in modo sempre più pesante questa pressione. Ad un certo punto rivolge al prefetto Chabrol una ferma protesta. Sottolinea, tra l’altro, che le lettere ed i plichi che gli giungevano aperti gli erano indirizzati in qualità di Capo della Chiesa, circa affari spirituali e di coscienza, pertanto per nessuna ragione al mondo, si poteva permettere ad alcuno di aprirli e di leggerli, senza incorrere nella pena della scomunica. Di questi ammonimenti non si tenne in conto alcuno ed i plichi continuarono ad arrivargli senza sigilli come prima.

Il prefetto Chabrol ebbe l’astuzia di nominare un segretario con il titolo di Cancelliere Apostolico, più fedele a Napoleone che al Papa. Naturalmente Chabrol aveva il compito  di logorare le resistenze del Papa di fronte alle pretese napoleoniche ed ogni giorno trasmetteva a Parigi il rendiconto dei suoi colloqui con il pontefice che era molto preoccupato da quando venne informato che un senatus consulto del 17 febbraio 1810 aveva dichiarato estinto il potere temporale dei Papi, stabilendo che il principe ereditario avrebbe ricevuto il titolo di re di Roma.

Napoleone, in base al concordato ed ai vecchi privilegi della monarchia francese, ha la facoltà di nominare i vescovi ma essi non possono esercitare i loro poteri  finché non abbiano ricevuto dal Papa l’istituzione canonica. Pio VII  riesce comunque a comunicare all’esterno grazie alla complicità di un ortolano che gli forniva gli ortaggi e ad un capomastro muratore che usa come nascondiglio la doppia suola delle scarpe. Purtroppo un messaggio diretto al cardinale Maury viene intercettata dalla polizia e ciò manda su tutte le furie il Bonaparte che inizia a tempestare di ordini il prefetto Chabrol: “ Se persuada il prefetto della malafede di un Papa che sotto il pretesto della carità suscita di soppiatto la discordia e fomenta la ribellione. Il direttore delle Poste impedisca ogni commercio di lettere e per maggior sicurezza mi mandi il Vescovo di Savona a Parigi. E’ inutile che il Papa scriva lettere; meno ne scriverà, meglio per lui. Smetta il prefetto le buone maniere e le dolci parole, non ne dica alcuna che possa far credere al Papa ch’io desideri una conciliazione; gli dica che dopo la bolla di scomunica e il suo modo di agire con me, prima a Roma e poi a Savona, io devo aspettarmi di tutto da lui e poco m’importa di quel ch’egli può fare contro di me”.

Il pontefice deve così patire vessazioni e perquisizioni della sua abitazione anche in piena notte. Dopo quella avvenuta nelle tenebre dell’ 8 Gennaio 1811, il giorno 10, il prefetto Chabrol si presenta al cospetto del Pontefice con un messaggio proveniente da Napoleone intimandogli di leggerlo e di fornirgli subito una risposta. Secondo la testimonianza dei fratelli Martinengo : “Pio VII in Savona”, il Santo Padre lesse lentamente e rimase pensieroso, ma poiché il Prefetto insisteva per avere la risposta, si alzò dal suo seggio, andò a deporre la lettera sull’inginocchiatoio ai piedi del Crocifisso e additandolo con gesto maestoso al Prefetto ,disse : “La risposta la dirà Lui a Suo tempo”.

Il Prefetto se ne andò, e giunto nell’anticamera, alzando la voce, rivolto ai familiari del Papa, unitamente ai gendarmi ed agli impiegati presenti, intimò: “Ordine espresso dell’imperatore! Sia noto a tutti che il Papa non è più sovrano né si potrà più trattarlo come tale. Tutta la sua famiglia è da  questo momento agli arresti!”. E venne il momento culminante della fortuna napoleonica che coincise con la sua impresa più temeraria: la spedizione di Russia! In procinto di partire per la grande impresa, Napoleone ritenne che Savona non sia più un luogo sufficientemente sicuro per la prigionia del Papa; temeva un colpo a sorpresa della flotta che avrebbe potuto liberare il Papa. Inoltre volle tentare di esercitare su di lui un’azione di maggiore efficacia, portandolo più vicino al centro dell’impero. Così dà l’ordine di trasferire il Papa a Fontainebleau. La partenza avvenne di notte con il papa avvolto in una veste nera. Anche le scarpe furono inzuppate nell’inchiostro e fatte indossare nell’immediato. La croce d’oro ricamata sulla tomaia venne strappata brutalmente. Per la storia di Savona e della Chiesa Cattolica, il 1811 è un anno che si segnala  per un fatto che si contrappone, per sua natura alla dura esperienza che il Papa sta vivendo. Ad Albisola nasce Benedetta Rossello, che sarà la fondatrice di un istituto religioso femminile (Le Figlie della Misericordia) che sarà poi proclamata Santa con il nome Maria Giuseppa nel 1949.

Intanto Pio VII già buon monaco benedettino, che amava definirsi <vicario del Dio della pace>, sottratto al mondo e impossibilitato a tutelare i diritti della Sua Chiesa, <vinse la Sua battaglia> senza colpo ferire. E aveva fama di non essere ostile a Napoleone con il quale aveva stretto un concordato nel 1801 e alla cui incoronazione imperiale aveva assistito nel 1805. Pio VII vene dunque imprigionato nel castello Fontainebleau ma diventa un ostaggio sempre più ingombrante: la sua cattura aveva fatto rinascere e rafforzato le già dure resistenze anti – napoleoniche in Spagna, Tirolo, Vandea, Toscana.

L’imperatore dei Francesi tentò tentò di proporre al pontefice un nuovo concordato, ma dopo molte esitazioni il papa decise di respingerlo sfidando l’autorità del suo avversario che vacillava sempre più. Quando gli eserciti della Sesta Coalizione dilagarono in territorio francese, Napoleone si risolse a consentire al suo illustre prigioniero di abbandonare la residenza coatta per dirigersi sulla via del ritorno. Partito da Fontainebleau la domenica 23 gennaio 1814 e attraversata tutta la Francia dove ormai l’autorità imperiale sempre più vacillava arrivò nuovamente a Savona il 16 febbraio. Ed il 24 maggio 1814, raggiunse definitivamente Roma.

C’è da sottolineare ancora che durante la prigionia a Savona, Pio VII restò sorvegliato a vista. La posta gli veniva aperta e spesso sforbiciata o confiscata e non gli era concesso di avvalersi dei suoi collaboratori di Curia. Ogni mattina mentre celebrava la Santa Messa, la sua scrivania veniva frugata ed ogni carta ispezionata. Pur con questi tremendi limiti e dovendo far tutto da solo, Pio VII riuscì nel triennio savonese ad evadere più di tremila pratiche della Chiesa universale.

Gianfranco Barcella

 


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G.F. Barcella

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