Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona e provincia. ‘Dossier Emigrazione 2023’. Un volume ricco di dati statistici che sconfessa la favola del ‘brutto, sporco, cattivo’ e dei costi sociali. E c’è già la ‘borghesia dell’immigrazione’


Sugli immigrati in Italia e in Liguria c’è una narrazione ricorrente, che continua a imperversare nelle parole di tanti nostri politici locali e nazionali e che recita più o meno così: gli immigrati sono in drammatico aumento, hanno come scopo unico o principale la conquista del diritto d’asilo (e, quindi, la certezza di poter rimanere in Italia).

di Massimo Macciò

Provengono in stragrande maggioranza dall’Africa e dal Medio Oriente, sono per lo più maschi e giovani (e, quindi, pericolosi) e rappresentano un onere pesante per le finanze dello Stato.
Poi c’è la realtà, che dice altro. Le evidenze statistiche fornite dall’Istat e dai più qualificati istituti di ricerca raccontano di un’immigrazione ormai stazionaria (e non più in crescita), composta per lo più (ma non solo) da giovani che giungono nel nostro paese per ragioni di lavoro e famiglia (e non soltanto, quindi, per il diritto d’asilo), provenienti in maggioranza dall’Europa, di religione cristiana e, soprattutto, con effetti benefici per le casse del nostro Paese (vedi dati INPS e pensioni).
Di questo e di molto altro si è parlato ieri a Savona nella Sala Rossa nella conferenza organizzata dal Centro di documentazione “Logos” con il patrocinio del Comune di Savona e della locale Camera del Lavoro e l’adesione dell’associazione di promozione sociale ARCI, comitato territoriale di Savona, per presentare il “Dossier Emigrazione 2023”.
Il volume è di eccezionale interesse e, attraverso una minuziosa analisi di un gran numero di dati statistici e di proiezioni a breve, medio e lungo termine, sconfessa platealmente la favola dell’immigrato di cui si diceva sopra. Gli oltre cinque milioni di uomini e donne di cittadinanza non italiana che oggi popolano l’Italia (e i 23.418 immigrati che costituiscono il 9,8% della popolazione della provincia)
costituiscono, anzi, l’unico palliativo al devastante “inverno demografico” che da ormai più di cinquant’anni ha colpito la Liguria e, in particolare, Savona.

Il saldo naturale (la differenza tra nati e morti) nel centro savonese è negativo dal 1973, e il segretario della Camera del Lavoro Andrea Pasa nel suo intervento ha ulteriormente ricordato come tra il 2018 e il 2023 in Liguria siano “spariti” 71 mila   abitanti. D’altronde, secondo l’indice di vecchiaia (il rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella tra zero e quattordici anni) al censimento del 2021 vi erano in Italia 187 anziani ogni cento giovani; in Liguria tale dato saliva al 267 e in provincia addirittura al 284 per cento.

Se regione, provincia e Comune non si sono ridotte a lande desolate e disabitate, insomma, lo si deve a quelle e a quei giovani che, ormai da più di vent’anni a questa parte, hanno raggiunto i nostri territori e hanno lavorato (spesso pesantemente sfruttati, come ha ricordato Deborah Erminio del Centro Studi MEDI nel suo intervento) nelle fabbriche e nelle aziende di Savona e del suo circondario.
Bastano queste cifre per evidenziare come quello demografico sia un problema drammatico e come gli immigrati, invece di essere “selezionati” nel loro paese a seconda degli interessi delle imprese nostrane (questo diceva e dice il Testo Unico sull’Immigrazione del 1998) dovrebbero essere incentivati a venire in Italia per fermarsi a lavorare nel Belpaese: da loro dipendono, infatti, le nostre
pensioni, le nostre scuole, i nostri consumi e, in ultima analisi, il nostro tenore di vita.
Un fenomeno visibile ormai da molto tempo (come ha ricordato Andrea Torre, sempre del Centro Studi MEDI) ma a cui non ha mai fatto seguito alcuna politica nazionale di accoglienza e d’integrazione degna di questo nome: l’immigrato, nell’immaginario collettivo fomentato dai tanti articoli e servizi di giornali e televisioni (e nonostante l’impegno di qualche ente locale, come rimarcato dall’assessore al Welfare e Comunità del Comune di Savona Riccardo Viaggi), continua a essere, in fondo, lo straniero “brutto, sporco e cattivo”, in una “ottica securitaria” che vorrebbe l’extracomunitario a raccogliere pomodori (o fiori nelle serre) di giorno e idealmente fuori dai patri confini di notte.
La realtà, lo ripetiamo, è un’altra e dagli interventi di Antonella Laterza e di Fabio Gallesio della “scuola di italiano per stranieri” del Circolo operaio “A. Bogliani” di Savona si è potuto cogliere nitidamente – oltre alla solidarietà fattiva e concreta degli operatori del circolo nei confronti di tanti giovani sradicati dalle loro radici – – l’anelito di tanti giovani “operai del mondo” a integrarsi, attraverso la lingua e la
cultura, nella realtà attuale del Savonese. Un paio di questi lavoratori ha provato a raccontare il percorso – spesso tragico oltre l’immaginabile – che li ha portati a Savona e la loro attuale esperienza di vita, in un momento di grande pathos emotivo per i presenti. Ma molti sono stati gli spunti ulteriori inseriti nel dossier e commentati nella conferenza (dall’analisi degli aspiranti al permesso di
soggiorno in Liguria e in provincia di Savona secondo vari parametri all’influenza delle regolarizzazioni sui numeri dell’immigrazione, per arrivare a uno studio molto interessante sugli effetti della pandemia e della crisi ucraina sull’evoluzione del fenomeno migratorio) e non è passata inosservata un’avvertenza importante, espressa da Laterza nel suo discorso introduttivo: attenzione a cogliere anche i segnali di evoluzione dell’immigrazione nella nostra provincia, dove si sta formando una sorta di “borghesia dell’immigrazione” composta da stranieri che si vanno inserendo tra i quadri intermedi nel mondo del lavoro e i cui figli, per quanto “non italiani” sono nati in Italia e parlano perfettamente la nostra lingua. Un ulteriore aspetto da tenere presente nell’analisi di un fenomeno complesso ma decisivo per il nostro futuro.

Massimo Macciò


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