Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Lalla Romano a Bordighera. ‘Qui convivo finalmente col mare. Il suo respiro, la notte, io lo respiro insieme’


Lalla (Graziella) Romano (1906-2001), poetessa, scrittrice infaticabile e giornalista, tra le figure intellettuali più rappresentative in Italia nel secondo ‘900, sceglie Bordighera – nell’estremo ponente ligure – non solo per le sue vacanze ma anche per ambientarvi, in parte, il romanzo “In vacanza col buon Samaritano” (Einaudi, 1998). un continuo andirivieni della memoria fra il presente costituito dalle vacanze estive a Bordighera e il passato, incentrato su una antica storia di famiglia.

di Tiziano Franzi

Un continuo andirivieni della memoria fra il presente costituito dalle vacanze estive a Bordighera e il passato, incentrato su una antica storia di famiglia.

Le sue origini austere come la sua educazione crearono una giovane dalla mente asciutta ed essenziale come quella di un matematico, che prima nella pittura (alla scuola di Felice Casorati) e soprattutto nella scrittura ha saputo esprimere la sua voce interiore, limpida e a tratti severa, ma sempre sicura e sincera.

Lalla (Graziella) Romano (1906-2001)

Dal 1990 alla morte, la scrittrice ha trascorso lunghi periodi a Bordighera. Qui ha scritto il romanzo “In vacanza col buon samaritano” (Einaudi 1997), buona parte di “Diario ultimo” (pubblicato postumo nel 2006) e l’Introduzione alla “Guida di Bordighera” di Armando Besio.
Cosa ha trovato nella città ligure? «Bordighera ha un’antica bellezza», ha scritto. «Qui convivo finalmente col mare. Il suo respiro, la notte, io lo respiro insieme. Avevo, senza saperlo, aspettato questo tutta la vita».
Durante i soggiorni a Bordighera la scrittrice ha potuto anche scoprire un’antica storia di famiglia, raccontata nel suo libro “In vacanza col buon samaritano”. Alla fine, lei montanara, grande scalatrice fin da giovane delle “sue” Alpi Marittime e assidua frequentatrice – finché poteva vedere – delle montagne valdostane, a Bordighera ha potuto scrivere «Vorrei che il mio romanzo avesse il rumore del mare».

Abbiamo poi lasciato villa Elisa per questo albergo (…) Qui convivo finalmente conil mare (…) Avevo, senza saperlo, aspettato questo tutta la vita.”

A Lalla Romano in Bordighera è stata intestata una viuzza pressoché di campagna, a settentrione di regione Due Strade, non discosto dalla Frazione Borghetto San Nicolò.

Lalla Romano a Bordighera

Accanto all’attività di poetessa e pittrice prima e di narratrice poi, ha costantemente collaborato con quotidiani e riviste; per lunghi periodi è stata titolare di rubriche di recensioni e ha avuto quindi modo di analizzare un vasto numero di opere di autori suoi contemporanei.

Il suo romanzo “ligure” In vacanza con il buon samaritano è la storia di un viaggio, reale e ideale insieme, “non un lungo viaggio, ma un viaggio della scrittura, che si spinge fino a latitudini estreme, arrivando nelle ultime pagine a farsi rarefatta, isolata nel silenzio (ciò a cui sempre mirava Lalla Romano)”.

E’ una storia “doppia”, tragica e rasserenata. Dal tempo e dalla memoria. La forma narrativa è quella di un andirivieni. Tra il presente: le vacanze estive in una cittadina della Riviera ligure, Bordighera, con una specie di buon samaritano, Antonio. E il passato: un’antica storia di famiglia, anch’essa svoltasi a Bordighera, e incentrata su una figura leggendaria: Alessio, fratello della madre dell’autrice. Un romanzo di memoria, ma anche di contemplazione della realtà, una parabola sulla vita.

Questo romanzo di Lalla Romano è una ricerca che si ispira alla parabola evangelica del buon samaritano. La ricerca è interiore ma compiuta rigorosamente sui fatti. È una storia “doppia”: tragica e rasserenata. Dal tempo e dalla memoria.
Il luogo è una cittadina ligure [Bordighera (IM)] di villeggiatura, con i suoi alberghi dagli arredi un po’ vecchiotti, le ville costruite dagli inglesi, la spiaggia di sassi, il mare d’inverno, la sede della Società di Mutuo Soccorso fra Pescatori, le siepi di gelsomino, i tramonti sulle colline e sulle montagne che segnano il confine con la Francia.
Lalla Romano insegue indizi, ritrovamenti e coincidenze di una storia famigliare dei primi decenni del secolo, cui il destino ha impresso il sigillo della necessità. Dalle vacanze di oggi, vigilate da un moderno samaritano, alle apparizioni di un personaggio leggendario ed elusivo, Alessio, gli occhi ardenti e il viso magro da arabo, segnato dal male misterioso e innominabile che avrà il conforto di un’altra samaritana, anch’essa capace di pietà vera.
Un romanzo sapienziale, ma anche di contemplazione della realtà. Una parabola sulla vita, in cui Lalla Romano concentra – in una scarna essenzialità – il suo stile di poeta e di pittore, la sua sensibilità per la musica e per il silenzio.”

“Nel 1997, quattro anni prima di morire, Lalla Romano pubblica il “romanzo non-romanzo” In vacanza col buon samaritano, riedito nel suo ventennale da Einaudi e frutto di quello che Giulio Ferroni chiama lo “stile tardo” dell’autrice, uno stile dominato dal vuoto, dall’assenza, in cui il linguaggio viene privato di ogni orpello per recuperare la propria essenzialità.
Il “buon samaritano” del titolo è l’immagine da cui scaturisce il libro e che diventa il suo centro gravitazionale; si tratta, certamente, di una figura cristiana, ma filtrata attraverso le opere di Rembrandt: «Quando dicevo “buon samaritano” […] rivedevo […] due o più incisioni di Rembrandt. Un uomo, un orientale, visto di spalle, sta caricando sulla sua cavalcatura un uomo inerte, svenuto», scrive l’autrice.
Come emerge dalla lettura dei brevissimi capitoli, raccolti in sezioni, il “buon samaritano” è sintesi di umiltà, umanità, compassione, pazienza, è colui che «ama l’uomo sofferente, e ne ha cura: signorilmente»: è Antonio, che si prende cura di Lalla; è Luciana, che la aiuta nella sua ricerca angosciosa; è anche Frieda, la moglie di Alessio; ed è soprattutto quest’ultimo, lo zio Alessio, un prete che si sveste dell’abito ecclesiastico per potersi sposare e il cui ricordo attrae misteriosamente la voce narrante e protagonista.
La vacanza è proprio un’incursione nella vita dello zio, morto di una malattia indicibile contratta al fronte; Lalla ne ricostruisce l’esistenza ripercorrendo i suoi luoghi – primo su
tutti Bordighera –, conoscendo le persone che gli sono state accanto, ma anche osservando le fotografie e le cartoline offertegli da Luciana.
Uno dei traits d’union del libro è costituito dalla presenza ricorsiva della pittura, altra grande vocazione della scrittrice: non c’è solo Rembrandt, ma anche Friedrich von Kleudgen, e molti altri quadri senza nome, pregni di significato per chi scrive. Il vero e proprio collante che conferisce uniformità all’opera è, però, il suo carattere meditativo: la narratrice riflette, spesso laconicamente, sui vari aspetti dell’esistenza e sui propri affetti, durante quella pausa dalla consuetudine che è la vacanza.
In vacanza col buon samaritano è dunque un diario diseguale, reticente, pieno di buchi narrativi, privo di unità temporale (la “vacanza” è, infatti, la somma di più vacanze, di diversi intervalli di tempo, anche distanti tra loro) in cui vengono isolati e offerti al lettore soltanto i momenti di scavo interiore, per ritrovare ciò che è perduto.

Ma a Bordighera Lalla Romano ritrovava il tempo della meditazione, della riflessione su se stessa e sulla vita. Nel capitolo “Minima personalia- Né rimorsi né rimpianti” scrive: “Elias Canetti è uno dei pochissimi grandi che sento affini e maestri. Stavo cercando una sua affermazione, che rispondeva esattamente a un mio pensiero un po’ ossessivo, nel momento della partenza per il mare. Presi con me i suoi testi di aforismi e pensieri, e a Bordighera ritrovai la frase: «Le diverse arti devono vivere insieme in rapporti estremamente casti”. La sentenza ha la perentorietà del vero ed è calzante al mio stato d’animo in questi giorni in cui sui è concentrata l’attenzione sulla mia opera e si sta svolgendo un convegno intitolato Intorno a Lalla Romano: scrittura e pittura. Io stessa ho dichiarato: «Certo, dei rapporti tra la mia pittura e la scrittura possono essere trovati: ma per chi legge un mio libro non è necessario sapere che io scrivo anche dei libri.»

Avevo ricevuto un qualche riconoscimento ufficiale, e mio figlio commentò: «Tu hai una fama municipale». Tengo presente questa constatazione, buona a ridimensionare il mio compiacimento. L’importante da meditare è: la fama non è gloria. E l’una può stare senza l’altra. ”

Lalla Romano, Ritratto di uomo con berretto bianco (Innocenzo), 1937

Non a caso è stata definita “la pittrice che scrive per immagini”

Non solo scrittrice, dunque, Lalla Romano, ma personalità eclettica che ha saputo distinguersi anche nelle arti figurative. La formazione artistica e la passione per la fotografia, ereditata dal padre, hanno influito molto anche sulla sua scrittura, portandola alla creazione di numerosi libri in cui testi e immagini si uniscono per creare un racconto unico ed originale. […] Scriveva a mano, poi su macchina da scrivere e su ogni foglio conservato nel suo archivio si trovano tutti quei segni, annotazioni, anche disegni che la aiutavano a cercare i pensieri. Gli editori si disperavano per le sue continue revisioni, una, due, tre, quante necessarie a trovare le parole perfette.

Tiziano Franzi


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T.Franzi

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