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Liguria e Basso Piemonte

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Il declino di Genova si chiama isolamento. Il futuro passa dalla capacità di renderla più accessibile


A lanciare l’allarme è Massimo Ferrari, presidente dell’UTP Assoutenti, con un’attenta e articolata analisi in cui segnala criticità e terapie. Una Città con il record dei capelli grigi, quinto posto tra le metropoli italiane, superata anche da Palermo, con l’aeroporto al ventitreesimo posto tra gli scali nazionali, collegamenti autostradali e ferroviari in eterno affanno. Manca una vocazione turistica e seppur con le sue bellezze storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche è in fondo alla classifica dei pernottamenti. Urge uscire dall’isolamento.

di Massimo Ferrari*

La residenza genovese dei principi Doria Pamphilj, lo scenografico Palazzo del Principe fatto edificare dall’ammiraglio Andrea Doria tra il 1528 e il 1533, su progetto di Perin del Vega, allievo e stretto collaboratore di Raffaello

L’Italia è una nazione in declino. Prima di tutto, sotto il profilo demografico. Qualcuno ha calcolato che, se l’attuale trend si consolida, alla metà del secolo il solo Mezzogiorno avrà perduto otto milioni di abitanti. E neppure gli immigrati riusciranno a colmare i vuoti che si apriranno. Ma non è detto che la stagione del declino sia necessariamente un tempo di rovine e di infelicità. La Venezia decadente del Settecento espresse il meglio della cultura e della dolcezza di vivere, da Goldoni a Casanova. Ed ancora oggi il Carnevale rinnova i fasti di quei secoli ormai lontani.

Se c’è oggi una città che sembra impersonare la stagione del declino, quella è proprio Genova. E’ scivolata dal quinto al sesto posto tra le metropoli italiane, superata da Palermo. Molte industrie hanno chiuso i battenti. I residenti sono tra i più anziani della Penisola. L’aeroporto sviluppa un traffico relativamente modesto: il Cristoforo Colombo si colloca addirittura al 23° posto tra gli scali nazionali, scavalcato persino da Brindisi, Alghero e Trapani. Eppure a Genova l’Alta Velocità, che sottrae clienti ai cieli, non è ancora arrivata. Molti trovano preferibile scegliere i voli per raggiungere Roma, anche se sulla carta la Lanterna è più vicina di Milano alla capitale.

Ma non tutto il male necessariamente viene per nuocere. Solo che bisognerebbe saper interpretare lo spirito dei tempi ed intercettare le nuove opportunità. Per esempio Genova, spenti gli altiforni, potrebbe riscoprire la sua vocazione turistica. Oggi non compare tra le venticinque mete più visitate  in Italia per numero di pernottamenti. Non la scavalcano solo Roma, Venezia, Milano, Firenze e Napoli, fatto abbastanza scontato. Ma anche molte località balneari o lacustri, a cominciare da Rimini, certo, ma persino da Caorle, Comacchio e Bardolino.

Eppure Genova avrebbe molto da offrire ai visitatori stranieri, ma anche a molti italiani che la conoscono poco e male: lo splendido colpo d’occhio per chi arriva dal mare, i forti abbarbicati sulle colline, i pittoreschi carrugi di uno dei centri storici più estesi al mondo, gli affascinanti palazzi nobiliari di via Garibaldi e dintorni, le eccellenze eno-gastronomiche del territorio. Per prima cosa, però, bisognerebbe rimediare ai danni prodotti negli anni dell’industrializzazione spinta e della corsa dissennata alla motorizzazione individuale. Proprio nella città che, con i suoi spazi angusti e le sue ripide salite, meno si presta all’uso indiscriminato dell’automobile.

Il progetto del tunnel stradale sotto il porto vecchio, se fosse economicamente sostenibile, sarebbe un’ottima occasione per ridare dignità e magnificenza al waterfront, a cominciare da Palazzo San Giorgio, soffocato da oltre sessant’anni da una infrastruttura oggettivamente brutta, copiata dai modelli viabilistici delle città nordamericane, che però avevano meno tesori da tutelare. A condizione, ben inteso, di prevedere la successiva demolizione della sopraelevata e riconnettere la città all’acqua, come è avvenuto a Marsiglia e, nel suo piccolo, persino a Bastia, proprio grazie a tunnel subportuali. Anche la trasformazione in percorso ciclopedonale, come a New York o a Seul, potrebbe essere una soluzione, ma meno convincente.

Invece, si pensa di realizzare un’altra struttura sopraelevata, sopra il letto del Bisagno, nonostante i ripensamenti del Ministero e della Sopraintendenza e la crescente opposizione dei residenti. Certo lo Skymetro sarebbe un prolungamento della metropolitana (ma con rottura di carico) e non dovrebbe incrementare il traffico motorizzato. Ma una soluzione meno impattante, come una moderna linea tranviaria, perché non è stata seriamente presa in considerazione? Basterebbe fare un salto in due città oltre confine come Nizza e Valencia per vedere come il tram (che può anche correre in sotterranea nei punti più delicati) abbia valorizzato il contesto urbanistico.

Genova fu una delle ultime città italiane a rinunciare alle reti tranviarie storiche: accadde alla fine del 1966. I veicoli in circolazione erano allora relativamente moderni. Avessero resistito ancora pochi anni – magari fino alla crisi petrolifera del 1973 – forse sarebbero stati rivalutati. Invece si preferì riutilizzarne le infrastrutture (in primis la galleria Certosa che, tuttavia, dovette essere completamente riadattata con ingenti spese) per realizzare una breve metropolitana che ha una portata di utenti poco superiore. Tanto da essere adesso offerta gratuitamente ai residenti.

Visto che, comunque, la metropolitana è stata attivata, seppur con grandi ritardi, cosa si aspetta ad estenderla dal capolinea di Brin verso i quartieri più popolosi della Val Polcevera e, dall’altra parte, verso San Martino? Puntare solo su autobus elettrici e filobus è ambientalmente encomiabile, ma non intercetta nuovi clienti. Si è sempre sostenuto che Genova già disponesse di una sorta di servizio metropolitano per tutta la sua estensione da Nervi a Voltri e, in estate, alla spiaggia di Vesima. Peccato, però, che i treni locali debbano coesistere con il traffico a più lunga percorrenza e che l’integrazione con i mezzi dell’Amt non abbia funzionato a dovere.

La stazione marittima del capoluogo ligure, in un tempo ormai lontano terminal dei transatlantici come il Michelangelo ed il Raffaello, conosce oggi un intenso e crescente movimento crocieristico, al pari di Savona. Poi si scopre che l’80 per cento dei vacanzieri arriva a bordo della propria auto (accollandosi notevoli spese di parcheggio durante la navigazione) o in bus riservati, mentre solo un’esigua minoranza giunge a Genova in treno. Eppure, a differenza di Savona, la stazione di Piazza Principe, è talmente vicina all’attracco delle navi da non rendere necessaria neppure una breve corsa in taxi. Occorrerebbe, però, rendere fruibile e gradevole (per esempio, con tapis roulant ed adeguata illuminazione) il tragitto sotterraneo che pure già esiste, ma nessuno conosce.

Sulla modesta incidenza del traffico aeroportuale si è già detto. Certo non aiuta la mancanza di un collegamento veloce su rotaia, che non servirebbe solo per raggiungere il centro storico e direzionale – tutto sommato abbastanza vicino al Cristoforo Colombo – ma sarebbe molto utile soprattutto per smistare i passeggeri su tutto l’arco delle Riviere di Ponente e di Levante, se fosse concepito in funzione di Passante. Ne beneficerebbero sia i residenti liguri, sia i turisti che intendono soggiornare magari a Camogli o ad Alassio, senza necessariamente dipendere da un auto a nolo, costosa da affittare e difficile da parcheggiare.

Invece si prefigurano soluzioni ingegnose, ma poco pratiche, come la funivia da Erzelli o un People Mover (che ha già dato prove non esaltanti a Bologna o a Pisa), non considerando come ogni rottura di carico – ed ogni surplus tariffario, specie sulle brevi distanze – non incentiva certo la scelta del mezzo pubblico. Certo, Genova ha una grande tradizione in fatto di mobilità verticale, sia a cremagliera (Granarolo) che funicolari (Sant’Anna, Righi, più recentemente Quezzi). Senza dimenticare gli ascensori, alcuni dei quali veri gioielli liberty (basti pensare al Castelletto), altri chicche ingegneristiche (il Montegalletto). Ma per collegare l’aeroporto servirebbe qualcosa d’altro.

Altrimenti tanto vale allora attendere l’attivazione del Terzo Valico, che collocherà lo scalo di Milano Linate (ma non Malpensa, dove atterrano gran parte dei voli internazionali!) a poco più di un’ora dalla Lanterna . Una grande opera, il Terzo Valico, che potrebbe incidere fortemente sui destini della città, avvicinandola in maniera decisiva a Milano e Torino, ma anche a Bologna e Roma, se si volesse sfruttare adeguatamente il raccordo già esistente tra Voghera e Piacenza che si innesta sulla l’Alta Velocità già esistente.

Sono tutte prospettive già alle viste che, tuttavia, mi pare, non siano discusse ed approfondite come meriterebbero. Forse anche dalle scelte corrette nel campo delle infrastrutture e della mobilità si potrebbe cercare di invertire la china del declino, senza considerarlo un destino irreversibile. E fare di Genova una città a vocazione turistica, terziaria e culturale in grado, se non proprio di arrestare il calo degli abitanti storici, almeno di attrarre nuovi residenti motivati dalla ricchezza di opportunità e dalla facilità di connessioni che una moderna metropoli deve saper offrire.

Massimo Ferrari  

(Presidente UTP/Assoutenti)


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M. Ferrari

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