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Analisi/ Quella gente ‘urbana’ che sogna la wilderness, ma che perlopiù non vive e non è mai vissuta nel mondo rurale


L’Europa, salvo pochissime sue regioni, è la parte del mondo più abitata, sviluppata ed urbanizzata. Proprio per questo è anche la parte del mondo dove le popolazioni animali hanno subito la più drastica estirpazione e/o riduzione.

di Franco Zunino*

Il lupo ha preferito il suo pony! Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni.

Ovvero, inevitabilmente ed irreversibilmente, la situazione meno ideale per ricrearvi e mantenervi popolazioni di animali selvatici. Nonostante questo in Europa, tra le tante discutibili decisioni prese in difesa dell’ambiente (a partire dai SIC, ovvero le aree protette più antidemocratiche al mondo!), c’è quella di sostenere finanziariamente la cosiddetta politica di rewilding, nel senso non di restore (che avrebbe un senso) ma di immissioni di animali estinti che, habitat o meno presenti, dovranno giocoforza adattarsi a vivere in una situazione ambientale che non è più quella dei tempi passati, quanto l’Europa era una grande wilderness! Apparentemente sembrerebbe una buona cosa cercare di ricreare quello stato, ma se si esamina quanto già verificatosi per alcune specie più o meno abusivamente immesse, pur con tutto l’entusiasmo per una tale iniziativa, i dubbi sorgono.

Prendiamo l’esempio del lupo: la specie è cresciuta a dismisura e sta creando problemi di convivenza quasi insormontabili ovunque visto che la pubblica autorità, al di là di tante chiacchiere, impegni e promesse, non potrà mai sostenere il peso economico che la loro presenza arreca agli allevatori e ai proprietari di animali in genere. In realtà i sostenitori di questo ritorno “forzato” sognano la ricreazione di un equilibrio tra le specie, quindi non solo deve tornare il lupo, ma devono anche crescere le popolazioni degli animali da cui dipendeva. Ciò nella speranza di ricreare, appunto, l’antico equilibrio: peccato che sarà sempre una cosa artificiosa, una mera utopia e proprio per le ragioni suddette, perché in Europa non è più possibile ricreare l’antico stato di wilderness; e come l’uomo si è adattato a vivere di allevamenti e agricoltura, così i lupi si adattano allo stesso cambiamento, a prescindere che dal fatto che nei boschi siano ritornate anche le sue prede.

E perché? Semplice, perché il lupo come l’uomo cerca la preda più facile, che sono e resteranno sempre gli animali domestici. Non per nulla il famoso lupo che ha predato ai danni di Ursula von der Leyen, pur con un Europa centrale stracolma di cinghiali, cervi e caprioli ha preferito il suo pony! Simbologia del problema! Per cui finisce come sta finendo: che la maggior parte dei danni dei lupi se li devono sobbarcare gli allevatori e gli agricoltori!

Un aspetto che agli animalisti, anticaccia e fanatici del rewilding (gente “urbana” che sogna la wilderness, ma che perlopiù non vive e non è mai vissuta nel mondo rurale) non interessa; ma resta il fatto che sia un problema per tutta la società. Prendiamo l’altro esempio dell’orso sloveno delle Alpi, che inevitabilmente andrà ad occupare tutta la cerchia alpina e poi finanche l’Appennino (e quando succederà sarà un grave problema di conservazione per la pura sottospecie dell’orso marsicano!): si potrà mai consentire che cresca a dismisura in una catena montana dove di aree selvagge ne sono rimaste ben poche, e anche molto ristrette (trovare spazi compatti di poche migliaia di ettari senza paesi case e strade è praticamente impossibile – e sono anche in continua regressione!)? No, ovviamente, per cui gli orsi saranno costretti a vivere nei pressi delle case delle attività dell’uomo con tutti i problemi che si può immaginare (compreso il rischio di aggressioni, come già qualche caso ha dimostrato). E si dovrà prima o poi stabilire quanti orsi al massimo potranno sopravvivere, e dove lasciarli sopravvivere.

Una soluzione che fin dall’inizio si dice sia stata messa in conto con la reintroduzioni dei primi orsi sloveni in Trentino, ma che al momento di metterla in pratica ha scatenato i soliti oppositori per impedirlo. Un problema che la politica dovrà prima o poi risolvere, magari andando anche contro i propri interessi elettorali! E che dire del castoro, come se l’Italia (ma anche gran parte dell’Europa) avesse ancora habitat sufficienti e mantenerne delle popolazioni! Al massimo si potrà consentire la presenza di qualche piccolo nucleo, che finirà per dover essere alimentato artificialmente dopo che i castori avranno distrutto il poco di habitat forestale in cui sono stati immessi: poco più che “zoosafari”!

E che dire per il bisonte europeo, che prima o poi la politica del rewilding proporrà di reintrodurre un poco ovunque: certo, si potrà anche fare, come oggi abbiano tanti zoo (o bioparchi) in ogni città, ma illudersi di creare a ricreare stati di wilding in natura per questi animali in centro e sud Europa, se lo tolgano dalla testa: prima l’uomo dovrebbe ricrearglieli, abbattendo paesi e città, strade, autostrade, e campi agricoli, tanti campi agricoli. Eppure l’Europa sta stanziando soldi per questo programma di rewilding! Ed è proprio in questo che sta sbagliando, perché prima di pensare al rewilding era il caso di pensare al restoring, ovvero al ricreare habitat e spazi naturali selvaggi dove poter poi reinserire almeno le specie più adattabili e in grado poi di sopravvivervi con piccole popolazioni vitali.

E per ricreare tali aree, grandi aree, serviranno milioni e milioni di euro, perché lo si potrà (dovrà!) fare solo mediante l’acquisizione delle terre necessarie: una politica che oggi in Europa non si fa neppure per le aree protette! Ed è il più GRAVE ERRORE mai fatto con la politica, almeno italiana (perché in Europa, pochi altri Stati lo hanno fatto!), dei Parchi e Riserve Naturali in genere! Si è voluto la tutela della natura, ma non potendo (e non volendo!) farla “all’americana” (ovvero in modo liberale e democratico) la si è fatta col sistema socialista di imporre vincoli a privati e Comuni, i quali finiscono perlopiù per pagare loro la sussistenza di un bene pubblico e sociale che è di tutta la collettività!

Ecco, ora si fa il rewilding con lo stesso criterio, e chi ne pagherà il costo, per la gioia degli animalisti, saranno i contadini e gli allevatori! Quasi una politica di ambiental-imperialismo. Intanto il restoring, poi successivamente previsto dalle norme europee, latita, e piuttosto che utilizzarlo (“all’americana”!) per ricreare grandi unitari spazi selvaggi smantellando strade e rifugi lo si sta facendo solo per ricreare modesti habitat. Eppure è proprio la politica del rewilding che ne avrebbe bisogno: se non altro solo per qualche località, anziché pretenderlo generalizzato, cosa che porterà ad avere lupi, cervi, orsi, daini ecc. in mezzo alle case, tra le strade e nei campi agricoli e con loro anche tutti i problemi connessi alla loro presenza!

Franco Zunino (segretario generale AIW)


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