ll Vescovo Mons. Calogero Marino il 17 marzo, vigilia della festa patronale di N.S. Di Misericordia, promulgherà ufficialmente il libro del Sinodo. A Roma, ricevuto da Papa Francesco per una visita <ad limina apostolorum>.
di Gianfranco Barcella
L’ultimo Sinodo della Chiesa Savonese si era svolto nel lontano 1955. Dopo molti anni, un atto liturgico, la solenne veglia di Pentecoste, nel maggio 2021 aveva dato il via ad un nuovo cammino sinodale. La celebrazione eucaristica, nella vigilia della festa patronale della Madonna di Misericordia, ne chiuderà ufficialmente il percorso con la presentazione del Liber Sinodalis da parte del Vescovo Mons Marino.
Il 17 marzo prossimo, dunque, con un’altra solenne cerimonia, il vescovo proclamerà che si è giunti all’ultima tappa del cammino percorso insieme ai fedeli in amicizia, libertà e responsabilità. Nella quattordicesima assemblea, dopo oltre due anni e mezzo di incontri in Seminario, si è svolta l’ultima sessione del Sinodo Diocesano, dal titolo “Chiesa di Savona, prendi il largo, confidando”.
Scrive don Angelo Magnano sulle pagine del Letimbro, il mensile cattolico, fondato nel 1892: “Rileggendo l’esperienza nel suo complesso, credo si possa dire che in quanti hanno partecipato al percorso del Sinodo sia maturato uno stile che non significa soltanto un metodo di lavoro, ma in primo luogo un modo di comunicare come Chiesa, di sentirsene parte attiva e di vivere la corresponsabilità battesimale. Sono nate relazioni belle tra persone che non si conoscevano, e si è cercato di dare spazio e ascolto a tutti, pur che le inevitabili fatiche che ciò comporta. Se mi si chiede “ se ne valeva la pena, rispondo senza esitazioni affermativamente . E non tanto per il prodotto finale, il libro appunto, ma anzitutto perla ricchezza umana ed ecclesiale che le assemblee e le commissioni di studio hanno messo in circolo. Il libro è un <distillato> che non può da solo, esprimere quanto si è vissuto; ma può parlare anche attraverso i racconti esperienziali di quanti lo hanno prodotto. E sono questi racconti che potranno dare i frutti migliori nel cammino a venire”. “Oso allora -ha sintetizzato Mons Marino– dar voce i membri dell’assemblea sinodale, raccogliendo la mia e la loro esperienza, attorno a tre parole: Amicizia:prima delle parole e dei testi, il Sinodo ha dato modo a ciascuno di sentire l’appartenenza della Chiesa non come un vestito stretto, ma come nelle parole di Gaber: <l’avere altro di sé>. Chiesa è la buona notizia dell’altro che accolgo dentro di me. Libertà: i sinodali sono stati capaci di confrontarsi alla pari e le differenze di età e di vocazione non sono state un ostacolo. Nella consapevolezza che ciò che il più giovane diceva, andava a costituire un tassello del mosaico finale, rimanendo intatto, ma inserito nel tutto. Chiesa è la buona notizia di un Dio per il quale ciascuno è importante. Responsabilità: il sinodo ha dato a ciascuno la possibilità di assumersi la conseguenza delle parole dette, la possibilità di fare della propria vita, una risposta vivente. Chiesa è la buona notizia dell’uomo capace di rispondere e di mettersi in cammino. Nel tempo del nostro Sinodo abbiamo infatti sperimentato(talvolta con inevitabile fatica!), la bellezza di uscire da noi stessi e dai nostri pregiudizi per costruire insieme: perché a <ciascuno di noi stava a cuore il lavoro> (Ne.3,38).
Questa l’atmosfera, questo lo spirito del nostro Sinodo! Ora a ciascuno di noi tocca custodire in cuore questa esperienza di grazia e farla fruttificare, senza avarizia. Perché come mi scriveva un’amica:<i semi gettati nel vento fanno fiorire il cielo>. E perché lo scopo del Sinodo non era innanzi tutto produrre documenti, <ma far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranza, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani (così Papa Francesco nel discorso all’inizio del Sinodo dei Vescovi del 2018, dedicato ai giovani).
Afferma ancora Papa Francesco: “La Chiesa è missionaria per natura; se non lo fosse, non sarebbe più la Chiesa di Cristo, ma un’associazione come molte altre che ben presto finirebbe con l’esaurire il proprio scopo e scomparire. La missione della Chiesa ispira un’esperienza di continuo esilio, per fare sentire all’uomo, assetato di infinito, la sua condizione di esule in cammino verso la patria finale, proteso tra il <già> e il <non ancora> del Regno dei Cieli. Non è la diffusione di un’ideologa religiosa e nemmeno la proposta di un’etica sublime. Molti movimenti nel mondo, infatti sanno produrre ideali elevati e espressioni etiche notevoli”. E proseguie: “E’ un dialogo tra battezzati che aprono le porte all’azione dello Spirito Santo: è pregare ascoltare, camminare insieme. E’ soprattutto la chiesa locale che interroga se stessa e sulle sue dinamiche fondamentali. Si tratta di far tacere per qualche istante la mente per aprirla all’ingresso dello Spirito Santo, di chiudere le labbra perché parlino gli occhi, di mettersi in ginocchio per testimoniare che c’è Qualcuno di più grande a cui rivolgersi, pronti a consegnargli il disegno delle nostre paure e speranze, perché ci aiuti a correggerlo ed a colorarlo solo come Lui sa fare”.
Oggi più che mai si può parlare di una Chiesa in stato permanente di missione. Ad oltre 50 anni alla pubblicazione del documento conciliare <Ad Gentes> (1965), il concetto di missionarietà, è cambiato moltissimo; si è ampliato nell’accezione sociologica e non si riferisce più solo ad alcuni religiosi e laici, chiamati a recarsi in terre. Ogni battezzato, in virtù del battessimo, è missionario. Inoltre Papa Francesco, nell’esortazione apostolica Evangeli gaudium usa il termine <missione> in senso aperto, superando le espressioni usate nei precedenti documenti pontifici, di <missione ad gentes> o di <nuova evangelizzazione>.
Destinatari di tale novità sono tutti i cristiani che, in forza della loro identità di figli di Dio, ricevuta dalla grazia battesimale, sono missionari. Mentre in passato la missionarietà è stata legata alla generosità di pochi <inviati>, nella Evangelii Gaudium si sottolinea che tutta la Chiesa di Dio è <in stato di missione>.
E oggi l’azione missionaria diviene il termometro della stessa vitalità e fecondità della Chiesa. Davanti a certe visioni negative del mondo, pur non nascondendo difficoltà e preoccupazioni, l’idea del Papa è quella che il Signore cammina davanti a noi, e quindi anche in questo tempo abitato da Dio occorre riconoscerlo nella concretezza della storia.
Molti pensatori e filosofi ci descrivono il nostro tempo come uno spazio nel quale si vive come se Dio non ci fosse. Eppure si affacciano forti richiami e ritorni alla spiritualità e alla ricerca di una visione positiva dell’esistenza. Papa Francesco ci invita ad andare aventi con fiducia ed a <non farsi rubare la speranza>, nella certezza che appunto, il Signore, ci cammina davanti. In questa prospettiva è quasi stereofonica l’altra idea della <sinodalità> che altro non è che affrontare le difficoltà, nei tempi di grande frammentazione e complessità che viviamo, insieme e non isolandoci, anche se è un’epoca di individualismi, spesso esasperati. La Chiesa in questo ha una sua vita da offrire, e il Papa ce lo ha mostrato, ed è quella dell’accoglienza, della misericordia e della cura.
Partendo dagli ultimi e dai più fragili, riscoprendo il cammino della fraternità, costruendo l’umanità con tutti, anche con chi non crede e professa una fede diversa.E soprattutto occorre non dimenticare coloro che nell’Occidente ha perduto il senso dell’Essere, eleggendo il nichilismo come idea dominante che ha creato la sua follia, a detta di Emanuele Severino. L’idea che nulla abbia un senso e che tutte le cose nascono dal nulla e nel nulla finiscono non può trionfare. La morte di Dio, annunciata da Nietzsche, non è che la perdita inesorabile dei veri valori della vita. E come ci rivela il filosofo Esposito occorre ripensare il nichilismo come notte che rivela il desiderio infinito di luce.
DAL LETIMBRO n.2 Febbraio 2024- I VESCOVI LIGURI A ROMA IN VISITA AL PAPA <AD LIMINA APOSTOLORUM>
I Vescovi delle diocesi liguri dal 12 al 17 febbraio saranno a Roma per incontrare Papa Francesco per una visita <ad limina apostolorum>. Si tratta di un incontro che, di regola ogni cinque anni, i vescovi di tutto il mondo hanno in Vaticano con il Pontefice e con i titolari delle Congregazioni della Santa Sede per illustrare le particolarità che contraddistinguono la loro Regione ecclesiastica dal punto di vista religioso, sociale e culturale, quali siano i maggiori problemi dal punto di vista pastorale e culturale, quali siano i maggiori problemi dal punto di vista pastorale e culturale e come interviene la Chiesa <particolare> su questi problemi. L’ultima visita <ad limina> dei vescovi liguri, in effetti risale al febbraio 2013, undici anni fa, e avvenne pochi giorni dopo l’annuncio delle dimissioni di Papa Benedetto XVI che guidò l’incontro con i presuli della nostra Regione. Questa è dunque la prima volta che i vescovi liguri compaiono al cospetto di Papa Francesco. Per monsignor Marino la visita sarà l’occasione per presentare al papa gli esiti del sinodo diocesano. La relazione che consegnerà sull’esperienza pastorale nella diocesi è sta preparata nei mesi scorsi dal Vescovo e dagli uffici pastorali.
“La fede è la certezza di ciò che si spera”. “Per tanto che si faccia non si può sfuggire da Dio!”
Gianfranco Barcella