Ha preso avvio con il congresso “L’impero di Genova -Dal Mar Nero all’Atlantico, la grande espansione nel Medioevo” che si è tenuto a Palazzo Ducale il 19 e 20 gennaio il progetto, voluto dal Comune di Genova “Ianua – Genova nel Medioevo 2024”.
di Tiziano Franzi
L’iniziativa, che coinvolgerà il capoluogo e non solo con una serie di eventi che culmineranno nel mese di ottobre con le celebrazioni colombiane, punta a svelare e raccontare le testimonianze della città medievale, ancora poco conosciuta dal grande pubblico nonostante la sua eccezionale rilevanza nella storia europea.
Il convegno ha visto una amplissima partecipazione di pubblico, con più di 4000 persone presenti, oltre a quelle che non sono riuscite a partecipare di persona e hanno seguito l’evento in streaming, e la partecipazione di alcuni fra i più importanti esperti italiani ed europei, da Antonio Musarra (professore associato di Storia Medievale all’Università “La Sapienza” di Roma e ideatore di Genova nel Medioevo), Michel Balard (professore emerito dell’Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne di Parigi), Sergej Karpov (preside dell’Università Lomonosov di Mosca), da Fabrizio Benente, Prorettore alla Terza Missione, Università di Genova e Marco Ansaldo analista geopolitico, è consigliere scientifico della rivista Limes ad Alessandro Soddu è professore associato di Storia medievale presso l’Università degli Studi di Sassari, Laura Balletto, docente di Storia medievale dell’Oriente europeo e di Paleografia latina presso l’Università di Genova a Giustina Olgiati funzionario presso l’Archivio di Stato di Genova, dove ricopre l’incarico di responsabile delle attività di valorizzazione del patrimonio culturale e altri.
La conclusione dei lavori è stata affidata alla “star” Alessandro Barbero, professore di storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale (nei giorni scorsi è andato in pensione). Tirando le fila di quanto proposto nei due intensissimi giorni del convegno ha rimarcato la centralità di Genova nella storia medievale dell’intero Mediterraneo e la sua originalità di approccio, rispetto alla rivale Venezia, con la maggiore libertà di coinvolgimento delle grandi famiglie private e la sua capacità di autonomia amministrativa anche nelle colonie genovesi del Mar Nero, Anatolia e oltre.
In occasione dell’evento è stato presentato il libro di Tiziano Franzi “Sesso (e altre curiosità) nel Medioevo” pubblicato a gennaio 2024, in cui l’autore – con l’esposizione divulgativa che ne contraddistingue gli scritti- tratta argomenti che vanno dalla vita quotidiana, al lavoro, le abitazioni, l’abbigliamento, l’economia di quelli che sono indebitamente stati definiti “secoli bui”, con particolare attenzione all’attività sessuale e al controllo che su di essa esercitò per lungo tempo la chiesa.
Eccone un capitolo: Il calendario dell’amore
Secondo la giurisprudenza il sesso per nulla etichettato come diabolico, doveva, anzi, essere praticato come parte imprescindibile della vita coniugale perché considerato un dovere, il cui mancato o insoddisfacente adempimento era tra i pochissimi motivi accettati per richiedere lo scioglimento del matrimonio. Ed essendo un dovere, costituiva un diritto da parte del richiedente anche in caso di semplice soddisfacimento di un bisogno fisico.
Partendo dal presupposto che l’accoppiamento era considerato scevro dal piacere carnale, la Chiesa cercò di limitarne la pratica con alcuni divieti. Non si poteva giacere con il proprio partner la domenica, il venerdì e il sabato, ovvero il giorno del Signore e quelli di confessione e di preparazione alla liturgia. Lo stesso valeva per il Natale, la Pasqua e tutte le altre feste. Erano poi consigliati ben tre periodi di astinenza:durante la Quaresima, prima della Natività e intorno alla Pentecoste. Inoltre molti giorni di festa di alcuni Santi, erano considerati giorni senza sesso. Moderare la lussuria era la regola di ogni buon cristiano.
Se le persone avessero seguito questi dettami, avrebbero avuto a disposizione circa 185 giorni per divertirsi a letto, senza considerare che le donne erano quasi sempre incinte oppure, come natura vuole, in periodo mestruale. Un uomo con moglie puerpera o mestruata, non doveva dormirle accanto, ma ai piedi del letto, per terra o su una stuoia.
Gli uomini spesso non consideravano sufficiente tale finestra di tempo nell’arco dell’anno, e sopperivano ai dinieghi coniugali imposti dalla Chiesa, andando nelle case di piacere. Nel Medioevo erano considerate un male minore da tollerare. I bordelli erano un fenomeno molto diffuso e addirittura regolamentato. Ad esempio, le ragazze che vi lavoravano avevano diritto a lenzuola sempre pulite, almeno due pasti al giorno, e bagni per curare la propria igiene. Erano aperti tutto l’anno, a eccezione del Venerdì santo, e una buona fetta di habitué erano proprio i membri del clero. All’esterno apparivano come dei semplici bagni pubblici, dove i clienti incontravano le prostitute in grandi tinozze di legno piene d’acqua calda, e per consumare il rapporto si spostavano su letti nascosti da tende.
Esistevano le meretrici dei villaggi: molti cronisti del Tardo Medioevo ci riferiscono di donne che vendevano il proprio corpo nelle numerose taverne di strada. Se diamo peso alla credenza popolare, le uniche lavoratrici erano quelle di strada; invece non era così, perché esistevano quelle appartate lontane da occhi indiscreti. Conseguenza della prostituzione era anche la morte di un famigliare in casa, e quindi la necessità di portare la baracca avanti, così molte ragazze non avevano scelta che darsi al mestiere.
I giovani, ma anche meno giovani, amavano frequentare i bordelli, ma questo era un fatto di massa. Leggendo le note di alcuni notai, questi rilevavano che esisteva una clientela piuttosto attiva. Negli uomini, malattie come la gonorrea erano molto diffuse; ma anche la sifilide, nata con molta probabilità nel Medioevo.
Molti autori compresi alcuni Padri della Chiesa, hanno, se non proprio, tessuto elogi nei confronti della prostituzione, o quantomeno accettato il fenomeno come “socialmente utile”.Sant’Agostino (354- 430), noto per le sue tesi anti sessuali, era paradossalmente convinto che la lussuria insoddisfatta fosse più dannosa della fortificazione. Nel suo “De ordine” dichiara: “Che cosa di più sconcio, di più vuoto di dignità, di più colmo di oscenità delle meretrici, dei ruffiani e simile genia? Eppure togli via le meretrici dalla vita umana e guasterai tutto col malcostume“.
Più tardi, nel XIII secolo, anche San Tommaso d’Aquino, destinato a diventare il più grande teologo del Medioevo, fu autore di una citatissima glossa,che per molti secoli, diede la direzione alle politiche degli amministratori della città. Così egli scrive: “La donna pubblica è nella società ciò che la sentina è in mare, e la cloaca nel palazzo. Togli la cloaca, e l’intero palazzo ne sarà infettato“. Questa glossa venne usata da teologi governanti per salvaguardare l’istituzione del matrimonio e dunque della famiglia. Il ricorso alla prostituzione permetteva all’uomo di non “insozzare” la sanità del focolare domestico con la “lordura” della lussuria, ma anche di non attentare alla virtù di altre donne “oneste”.
La prostituzione diventava così anche un deterrente per i crimini “contro natura”, come l’omosessualità, l’incesto, la sodomia e la masturbazione. Quest’ultima, quella maschile, dai medici era ritenuta necessaria e perfino salutare, perché riequilibrava gli umori nel corpo umano; mentre dalla Chiesa era considerata peccaminosa, anche se spesso messa in pratica nei monasteri e non solo. Quella femminile, generalmente più tollerata, era talvolta consigliata dagli stessi medici come rimedio per forme di eccitazione nervose o di isteria. I sintomi che portavano alla diagnosi dell’isteria erano astenia, irritabilità, nervosismo, inappetenza, insonnia, costipazione, spasmi, respiro corto, scarso interesse per il sesso. Questa credenza e la difficoltà nell’eseguire la “terapia” che doveva essere svolta obbligatoriamente da ostetriche esperte, portò all’invenzione dei primi sextoys.