Breve itinerario sulle orme di Guglielmo da Volpiano e dei monasteri fruttuariensi in Liguria. Il 1° gennaio 1031 muore il fondatore dell’Abbazia di Fruttuaria.
di Ezio Marinoni
Oggi in Liguria rimane pochissimo a ricordare la figura e l’opera di Guglielmo da Volpiano. Un nome che si perde nelle nebbie di un Medioevo poco conosciuto, nel quale affonda la nostra cultura e identità. Nel 1014, pochi anni dopo dopo l’arrivo dei monaci di sull’isola di Bergeggi, i fruttuariensi risultano già presenti a San Benigno di Capodifaro a Genova (1), a Capo Noli, a Celle Ligure, alla prevostura di San Giorgio di Savona, alla pieve di Santa Giulia a Dego e a San Pietro di Carpignano a Quiliano. Di questa grande storia quasi nulla è leggibile e tangibile sul territorio, ad eccezione della chiesa di Quiliano, che sta vivendo un importante recupero artistico e ambientale e merita un prossimo approfondimento (2). A Capo Noli, suggestiva e impegnativa è la salita ai ruderi delle chiese di Santa Giulia e Santa Margherita.
Come in una favola, Guglielmo nasce all’inizio dell’estate del 962 nel castello che sorgeva sull’isola di San Giulio, al centro del lago d’Orta, in provincia di Novara. L’appellativo “da Volpiano” deriva dalla località del Canavese ove il nonno Vibo, membro dell’aristocrazia germanica, era stato costretto a rifugiarsi e dove acquista alcuni beni. Si colloca a Volpiano anche la nascita del padre di Guglielmo, il conte Roberto; durante il regno di Berengario II (3), difende con le sue truppe il castello di San Giulio dagli attacchi dell’imperatore Ottone I.
Nel corso delle operazioni belliche Perinzia, moglie di Roberto, nobildonna di stirpe longobarda imparentata per via indiretta con il futuro re d’Italia Arduino (4) e con lo stesso Berengario II, dà alla luce Guglielmo, ultimo di quattro fratelli (dopo Goffredo, Nitardo e Roberto). Al termine dell’assedio è l’imperatore stesso ad imporre il nome Guglielmo all’atto del battesimo.
Già da questi pochi tratti si capisce che un destino fuori dal comune è riservato a quel bambino.
Nel 969 Guglielmo è presentato come oblato nel monastero di San Michele di Lucedio, Diocesi di Vercelli. Per le eccellenti doti intellettuali dimostrate, a nemmeno vent’anni si cura degli affari interni ed esterni dell’abbazia.
E qui avviene il primo scarto, un altro fatto fondamentale per la sua vita: il rifiuto del diaconato e del giuramento al Vescovo di Vercelli, che Guglielmo considera contrario allo spirito evangelico, lo mettono in posizione di isolamento.
La sua ricerca lo porta in pellegrinaggio solitario al monastero di San Michele della Chiusa (la Sacra di San Michele, in Val di Susa), in cerca di ispirazione; torna a Lucedio, dove, nel 987, conosce Maiolo, Abate di Cluny; lo seguirà nella sua abbazia in Borgogna, ove entra come monaco e riceve il diaconato.
Su invito di Brunone, Vescovo di Langres, il 24 novembre 989 Guglielmo si insedia con dodici monaci cluniacensi nel monastero di St-Bénigne di Digione, un “Eigenkloster” (5) del Vescovo di Langres, subentrando alla precedente comunità. Nel 990 riceve l’ordinazione sacerdotale, è nominato Abate di St-Bénigne (carica che conserverà fino alla morte) e, negli anni successivi, gli è affidata la guida di altri monasteri: St-Pierre di Bèze, Moutier-Saint-Jean (Reomaus), St-Michel di Tonnerre (dopo il 992) e St-Pierre di Molosme. Tali abbazie conservano sotto Guglielmo il proprio statuto di “Eigenkloster” e restano indipendenti da St-Bénigne di Digione, che diventa uno dei maggiori centri di irradiazione della riforma monastica d’Occidente.
In tutto questo, Guglielmo non dimentica l’Italia, sua terra di origine.
Il primo viaggio lo compie nel 995, diretto a Roma – dove Papa Giovanni XV gli conferma il controllo dei monasteri di Bèze e di Digione – e a Benevento, fino al santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, il secondo luogo della sua devozione all’Arcangelo Michele.
Nel corso del secondo viaggio in Italia (999-1001), Guglielmo si reca a Roma e a Farfa, dove introduce la riforma cluniacense. Sulla via del ritorno è colpito dalla malaria ed è costretto a soggiornare prima presso il monastero di S. Cristina sull’Olona, poi a Vercelli e infine nelle terre dove era radicata la sua famiglia; in questa occasione, grazie alla sua notorietà, avvia le trattative per la costruzione dell’abbazia di San Benigno di Fruttuaria (San Benigno Canavese, Diocesi di Ivrea).
San Michele e San Benigno, le due costanti nella sua vita, ritornano sempre nella sua opera.
In occasione del terzo viaggio in Italia, il 23 febbraio 1003 avviene la posa della prima pietra di Fruttuaria, primo monastero della Diocesi di Ivrea; due anni dopo ottiene un diploma di conferma dal Re d’Italia Arduino (i buoni rapporti con lui potrebbero spiegare l’ostilità di Guglielmo verso il vescovo Leone di Vercelli (6), schierato contro il sovrano italiano in favore di Enrico II).
Nel 1012 Guglielmo ritorna a Roma per chiedere al Papa Benedetto VIII (7) la protezione apostolica su Fruttuaria.
Egli è di nuovo in Italia, per la quinta volta, nel 1014-15, quando ottiene titoli e documenti di conferma per il suo monastero canavesano dall’imperatore Enrico II, nel 1014 (8), e di nuovo da Papa Benedetto VIII, nel 1015, che gli concede anche un privilegio, nel 1016, per il monastero di Fécamp. Il documento integrale imperiale è consultabile presso i fondi dell’Archivio di Stato di Torino al seguente link: https://archiviodistatotorino.beniculturali.it/dbadd/materie_ecclesiastiche.php?eid=273294&m=63987&f=F00012
Come si può vedere, il diploma imperiale attesta possedimenti, privilegi e benefici fruttuariensi in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia ed Emilia – Romagna e in Liguria: San Benigno di Capodifaro a Genova, il monastero delle SS. Giulia e Margherita a Capo Noli, Celle Ligure, San Pietro di Carpignano a Quiliano, la prevostura di San Giorgio a Savona, la pieve di Santa Giulia a Dego e, infine, Serritium, un luogo di difficile identificazione.
L’incrocio di terre e possedimenti, all’epoca equivalenti ad influenza politica, Liguria e basso Piemonte è testimonianza di antiche rotte, percorsi e commerci che valicavano senza problemi le Alpi e gli Appennini in entrambe le direzioni.
La libertà monastica teorizzata dall’Abate Guglielmo è sintetizzata nel documento, redatto fra il 1015 e il 1016, con il quale illustra la vicenda della fondazione di Fruttuaria e ne chiarisce lo statuto giuridico, mettendone in rilievo l’indipendenza da qualunque vescovo, monastero o autorità laica. Il testo riporta 324 sottoscrizioni di monaci, abati, vescovi e monarchi (tra questi Roberto II, Re di Francia, di cui Guglielmo è un ascoltato consigliere, anche quando perde l’erede al trono, il figlio Ugo, nel 1025).
Il suo percorso terreno volge al termine, e arriva l’ultimo viaggio in Italia (1026-28), in cui Guglielmo ottiene da Corrado II due diplomi per Fruttuaria, emanati il primo a Ivrea (1026) e il secondo a Roma dopo l’incoronazione imperiale. Il 17 ottobre 1028 presenzia alla consacrazione della chiesa del monastero di San Giusto di Susa, fatto erigere da Olderico Manfredi II, Marchese di Torino (9).
Guglielmo muore a Fécamp il 1º gennaio 1031.
A lui si deve un impulso alla cultura monastica, dove si è tramandata la conoscenza dell’antichità: nel primo quarto del secolo XI, lo scriptorium di Fécamp elabora, sotto la sua influenza, e ancora quella del successore Giovanni da Ravenna, uno stile di decorazione libraria per gli amanuensi.
Guglielmo è stato identificato dalla storica Beatrice Canestro Chiovenda con il personaggio dal piglio quasi militaresco, scolpito sul pulpito della chiesa di S. Giulio d’Orta.
Oltre ai tanti monasteri costruiti, non è possibile valutare l’influenza da lui esercitata nella costruzione di chiese italiane e francesi; è indubbio il ruolo di mediazione religiosa, culturale e politica da lui svolto fra l’Italia settentrionale e la Francia, in uno slancio ideale che guardava oltre i confini e sognava l’Europa unita del cristianesimo.
Di lui restano una dozzina di lettere e il trattato De vero bono et contemplatione divina; di altre sue opere, di cui si conosce il titolo, non ci sono tracce: perdute per sempre o semplicemente “dimenticate” in qualche polveroso archivio, fra Piemonte, Liguria e Francia, in attesa di essere riscoperte?
Ezio Marinoni
Note
- Trucioli del 16 novembre 2023: https://trucioli.it/2023/11/16/la-scomparsa-abbazia-fruttuariense-di-san-benigno-di-capo-di-faro-a-genova-i-reperti-visibili-nel-restaurato-chiostro-di-san-giuliano-dalbaro/
- Vedi intervista al prof. Rinaldo Massucco, Presidente della Società di Storia Patria di Savona: https://www.quilianonline.it/cultura/un-territorio-pieno-di-sorprese/
- Berengario II (900 circa – Bamberga, 6 luglio 966) è stato marchese d’Ivrea dal 928 al 950 e re d’Italia dal 950 al 961. Figlio di Adalberto I di Ivrea e di Gisla, figlia di Berengario I re d’Italia e imperatore, nell’anno 950, alla morte di Lotario II, ottiene per sé e per il figlio Adalberto a Pavia, nella basilica di San Michele, la corona d’Italia.
- Arduino nasce intorno al 955 (non vi è concordanza fra gli storici) da Dadone, conte di Pombia, e da una figlia di Arduino III Glabrione (della stirpe degli arduinici). Sposa Berta, figlia del Marchese Oberto II, della Liguria orientale. Subentra, intorno al 989, nel governo della Marca d’Ivrea, di cui intende rialzare il prestigio a discapito dei vescovi. Inevitabile il conflitto col Vescovo di Vercelli. Arduino s’impadronisce con la forza della città; nel tumulto, il vescovo Pietro è ucciso, e il suo corpo, insieme con la chiesa, dato alle fiamme (13 febbraio-17 marzo 997). Un altro grave conflitto avverrà col vescovo d’Ivrea, Warmondo.
- Eigenkloster era un monastero con un rapporto speciale con una famiglia nobile.
- Leone (965 – 1026) inizia la sua carriera ecclesiastica come arcidiacono ad Hildesheim, dove si ritiene sia nato. Gerbert d’Aurillac, Papa Silvestro II dal 999 in poi, lo nomina Vescovo di Vercelli.
- Benedetto VIII, nato Teofilatto II dei conti di Tuscolo (Roma, 980 circa – Roma, 9 aprile 1024), 143º papa della Chiesa cattolica dal 1012 alla morte. Considerato uno dei pontefici più energici nel “Saeculum obscurum”, è promotore delle istanze riformatrici che si sarebbero compiute in età gregoriana, dopo la sua morte.
- Enrico II il Santo (Bad Abbach o Hildesheim, 6 maggio 973 – Grona, 13 luglio 1024), imperatore del Sacro Romano Impero e ultimo esponente della dinastia degli Ottoni. Re d’Italia dal 14 maggio 1004, viene incoronato a Pavia e succede ad Arduino d’Ivrea.
- Olderico Manfredi II (Torino, X secolo – Torino, 1034), Marchese di Torino e Susa. Figlio di Olderico Manfredi I e di Prangarda di Canossa. La sua linea dinastica proseguirà con la figlia, la Contessa Adelaide.