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Liguria e Basso Piemonte

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L’incompetenza affonda il rilancio delle Ferrovie nel Mezzogiorno. E si tace sui privilegi difesi dall’Assemblea Siciliana. Ma mancano fondi per il raddoppio dei binari Andora- Finale


Sono passati 173 anni dall’Unità d’Italia e ritornano, spesso con vigore, le recriminazioni sulla “conquista del Sud”, realizzata brutalmente dalla monarchia sabauda, che avrebbe, tra l’altro, soffocato il promettente sviluppo delle nascenti industrie partenopee.

di Massimo Ferrari*

I neo borbonici insistono su questo tasto e la classe dirigente nazionale un poco si sente in colpa. Il divario tra le due parti del Paese, anziché ridursi, come è avvenuto in Spagna, tende semmai a dilatarsi. La quantità e qualità dei servizi, già carente al Nord, nel Mezzogiorno diventa spesso drammatica. Le proposte volte all’ “autonomia differenziata” rischiano, a detta di molti, di inasprire ulteriormente i contrasti.

Ma, per limitarci all’ambito dei trasporti, non ha senso pensare a collegamenti frequenti e puntuali se le infrastrutture che dovrebbero supportarli non ci sono o sono del tutto carenti. Le uniche aree del Sud ben dotate di linee ferroviarie capillari sono quelle attorno a Napoli ed a Bari, dove, non a caso, il treno ha sempre giocato un ruolo importante. Benché anche laggiù le linee su rotaia sembrino spesso sull’orlo del collasso, flagellate dal vandalismo, dalla microcriminalità e dall’evasione. Comunque, disporre di buone infrastrutture è condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per sperare in un deciso miglioramento dei servizi. Per i quali le risorse spesso mancano, anche perché  continuano ad essere sperperate. Vedi i privilegi strenuamente difesi dall’Assemblea Siciliana.

Con l’insperata pioggia di contributi europei erogata dal PNRR (soldi, però, che almeno in parte debbono poi essere restituiti!), la classe dirigente nazionale ha pensato bene di lavarsi i sensi di colpa, indirizzando prioritariamente al Sud gli investimenti. Pazienza se anche nel settentrione ci sono lacune che gridano allo scandalo, come la linea Milano – Chiasso, del tutto inadeguata per collegarsi alla Svizzera. Come il raddoppio dei binari nel Ponente ligure, che procedono a passo di lumaca da svariati decenni. O come i lavori dei Terzo Valico tra Milano e Genova, il cui completamento rischia adesso di slittare al 2030.

Ma concordiamo pure sul fatto che la priorità andasse assegnata alle regioni e città meridionali.

Ossia al completamento del Passante di Palermo, un anello ferroviario sotterraneo che purtroppo non intercetta la stazione centrale del capoluogo. Al doppio collegamento su rotaia (treno più metropolitana) per l’aeroporto di Catania o al ridisegno del lungomare di Messina, benché non sia ancora chiarito il destino della tranvia realizzata – sempre con i fondi europei – nel 2004. Aggiungiamo la metropolitana per l’aeroporto di Salerno (che ancora non si sa quando entrerà in funzione) e quella per l’Università di Cosenza (che, invece, funziona ormai da mezzo secolo).

Resta il fatto che gli interventi previsti per velocizzare i collegamenti ferroviari a sud di Napoli, pur se necessari, come minimo sono stati concepiti male. L’Alta Velocità verso la Puglia – ossia la regione più dinamica e promettente del Mezzogiorno – andava certamente realizzata. Ma da Roma a Bari, non da Napoli a Foggia, come invece si sta facendo, forse come tardivo risarcimento del compianto Regno Borbonico, che, come naoto, aveva Napoli per capitale. Magari sarebbe costato persino meno, diramandosi dalla già esistente AV Roma – Napoli dalle parti di Vairano e puntando su Benevento per poi da Orsara dirigersi verso Barletta attraverso il Tavoliere delle Murge. E magari profittare dell’occasione per quadruplicare i binari tra Barletta ed il capoluogo pugliese, dove sorgono città importanti come Trani, Bisceglie e Molfetta, che generano un importante traffico pendolare. Si sarebbe risparmiata come minimo mezz’ora di viaggio, cosa che può forse apparire di poco conto, ma che avrebbe sicuramente ridotto in maniera decisiva l’uso dell’aereo e dell’autostrada tra Roma e Bari, con i benefici ambientali che è facile intuire. E che, soprattutto, avrebbe avvicinato la capitale al Salento, con l’indotto turistico che ciò comporta.

Già, ma qualcuno potrebbe obiettare che Napoli e Foggia sarebbero state “tagliate fuori”. Il che non è vero, se si fossero contemporaneamente potenziati i già esistenti raccordi tra Napoli e Benevento da un lato e tra Orsara e Foggia dall’altro, per poi istituire corse dirette e veloci tra Napoli e Pescara, onorando per davvero le storiche dimensioni del Regno delle Due Sicilie. Resta il fatto che in questo quadrante i giochi sono fatti ed i conseguenti danni (o minori benefici) ormai assicurati. Qualcuno potrebbe lamentare la ridotta lungimiranza del gruppo Ferrovie dello Stato nel scegliere il tracciato, dimenticando però che le Fs rispondono al committente politico ed ai relativi dettami.

Dove, però, si rischia di sprofondare nell’assurdo è sul versante dell’Alta Velocità Salerno – Reggio Calabria, opera imposta nella logica non solo di compensare la Calabria dal relativa marginalità (e fin qui ci può stare), ma anche di valorizzare le aree interne – ossia le città di Cosenza e Catanzaro e di cercare una soluzione baricentrica tra la costa Tirrenica e la bistrattata costa Jonica, sempre alla ricerca di un risarcimento alle colpe del passato. Per ora si sono avviate le gare per la realizzazione del segmento più settentrionale, attraverso il Vallo di Diano, tra Battipaglia e Praia e la cosa ha una sua, seppur costosa, ragionevolezza, visto che è difficile velocizzare l’attuale linea lungo la sinuosa costa del Cilento, i cui sindaci, comunque, hanno subito levato gli scudi, lamentando il rischio di isolamento. Preoccupazione, per altro, infondata, visto che la linea costiera resterebbe comunque in funzione per il traffico locale.

Giunti a Praia, ossia alle porte della Calabria, però, si brancola nel buio più profondo. Pare siano state studiate ben cinque varianti di tracciato, tutte costosissime e difficili da realizzare, con lunghissime gallerie dentro e fuori la catena appenninica, in un terreno friabile e morfologicamente delicato. E col risultato finale di allungare di almeno 50 chilometri la lunghezza del tracciato, vanificando in gran parte l’obiettivo di ridurre i tempi di percorrenza. Ancora una volta RFI, società del gruppo FS incaricata del progetto, non ha osato opporre alla classe politica la palese insensatezza dei desiderata. Poi, finalmente, il sottosegretario alle Infrastrutture Ferrante ha detto che tutte le varianti interne al territorio calabrese “non sono in grado di generare redditività sociale”.

E allora non resta che puntare sul potenziamento e velocizzazione dell’attuale linea costiera, dopo aver perso inutilmente mesi in inutili (ma costosi) studi.

Non è ben chiaro se l’amara segnalazione sia stata recepita dal Ministro Salvini, sempre proteso nel sostenere a spada tratta la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, opera certamente utile, se si fosse certi di disporre di adeguate risorse finanziarie, ma la cui eventuale realizzazione è fortemente condizionata da una soluzione ragionevole nel collegamento tra Salerno e lo Stretto. Tutti questi scenari, più che mai impattanti per lo sviluppo del nostro Paese nei decenni a venire, sono tuttavia ignorati dall’opinione pubblica e dalla classe politica, che invece si soffermano a discutere di “autonomia differenziata”, quando, senza adeguate infrastrutture, c’è ben poco da differenziare, perché i trasporti nel Mezzogiorno resteranno comunque gravemente deficitari.

A prevalere rischiano di essere, come sempre, le logiche di campanile. Un ulteriore caso in materia ce lo offre la remota Sardegna, cenerentola nelle ferrovie ben più della stessa Calabria. Finalmente la giunta regionale di Cagliari sembra aver preso in considerazione l’idea di collegare in modo accettabile la città di Nuoro con il capoluogo. Attualmente, infatti, proprio nessuno si sogna di viaggiare in treno dal centro barbaricino, dovendo utilizzare una tratta a scartamento ridotto che impiega oltre un’ora e mezza per raggiungere Macomer, da cui poi proseguire con altre due ore di viaggio per Cagliari. Finalmente si ipotizza la creazione di una nuova linea, che si diramerebbe da Abbasanta, seguendo il tracciato della superstrada fino a Nuoro. Ma, anziché consensi, alla Regione sono finora pervenute  le lamentele del sindaco di Macomer, che, ovviamente, teme per il declassamento della propria cittadina. Forse, più che di autonomia differenziata, sarebbe il caso di discutere di incompetenza generalizzata, questa sì, presente in abbondanza dalle Alpi alle spiagge del Mediterraneo.

Massimo Ferrari

Presidente UTP/Assoutenti


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