“Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori” scandiva in un discorso l’uomo del destino; più impettito del solito, le mani sui fianchi e col mento sporgente e volitivo come non mai, per l’orgoglio, ci piace immaginare.
di Filippo Maffeo*
Non conosciamo il motivo per il quale l’uomo di Predappio omise di menzionare gli inventori. Eppure il palmares nazionale ne era ricco, già allora. Altri inventori verranno negli anni successivi.
Tra questi uno, sconosciuto ai più, Fiorello Sodi, che escogitò uno strumento che, col tempo, è diventato l’incubo di ogni automobilista, al quale attribuì un nome ormai famosissimo: autovelox. Un nome che ormai indica tutti gli strumenti che svolgono una funzione analoga, anche se prodotti da altre aziende.
Siamo negli anni 60 e il nostro nascose sotto il manto dell’asfalto, su una strada delle Cascine, due tubi pneumatici che, compressi dal veicolo in veicolo, consentivano di misurarne la velocità. I due tubi, a distanza nota, vengono compressi in rapida successione dalle ruote anteriori; misurato il tempo tra le due pulsioni, con una equazione semplice viene automaticamente determinata la velocità. L’evoluzione tecnica ha portato alla sostituzione dei due tubi paralleli con due raggi laser, sempre paralleli. Altri apparecchi misurano la velocità elaborando il segnale riflesso dal veicolo in avvicinamento.
Lo strumento di Sodi si è diffuso rapidamente, a macchia d’olio, in tutto il mondo. In Italia la dilatazione territoriale si è sviluppata in parallelo con le difficoltà economiche dei Comuni.
Complici alcune “furbizie” quali la collocazione in posti poco visibili, o all’uscita di una curva, o al termine di un rettilineo in discesa, o in prossimità di pali e cespugli “ombreggianti”, tra gli utenti si è diffusa la convinzione che gli apparecchi vengano installati dai Comuni più per fare cassa che per garantire la sicurezza della circolazione.
Gli amministratori comunali, con voce unanime, proclamano la loro innocenza; lo fanno, dicono, perché vogliono eliminare o ridurre gli incidenti stradali e gli apparecchi, a loro dire, vengono collocati solo in posizione “strategica”, nei punti di maggiore pericolo.
Gli utenti restano scettici ed interpretano spesso l’aggettivo “strategica” nel senso di posizione che consente di elevare il maggior numero possibile di violazioni ed i maggiori incassi.
Il primo strumento di Sodi non fu accolto con avversione. Probabilmente perché la diffusione era ridotta; ma un’altra ipotesi può essere prospettata. Le scanalature parallele nell’asfalto erano ben visibili o, quanto meno, visibili a distanza utile per riportare la velocità nei limiti imposti, con una normale frenata, se la velocità non superava troppo quella imposta. In sostanza se non andavi troppo forte, potevi ridurre la velocità per tempo e riportarla nei limiti, aiutato da tolleranze tecniche di maggiore estensione.
Oggi non è più così. All’automobilista viene concesso solo un “bonus” di 5 Km/h, pari al margine d’errore dello strumento, 5 per cento a 100 all’ora.
Nelle discussioni sui social si leggono commenti di censori duri e puri, implacabili ed inflessibili, nei quali si sostiene che i limiti vanno rispettati e se l’automobilista vuole rischiare, viaggiando a velocità prossima al massimo consentito deve farsi carico anche dello sforamento per pochi Km.
Ma già i Romani avevano scoperto che il rigore assoluto, cieco, non è un buon rimedio (de minimis non curat praetor- il pretore non tiene conto delle cose piccolissime) e che lo scrupolo rigoroso ed assoluto non è un buon criterio (summum jus summa injuria-il sommo diritto è somma ingiustizia).
Occorre rispettare lo spirito della legge. Nel nostro caso è quello che gli amministratori locali ripetono in coro: garantire la sicurezza. Ma davvero la sicurezza è garantita solo (o prevalentemente) dal posizionamento dell’apparecchio là dove garantisce buoni incassi?
Davvero garantisce la sicurezza la semplice sostituzione dell’apparecchio nella forma di maggior diffusione (parallelepipedo a margine della strada) già utilizzata, con altri, come piccole scatole alla sommità di un palo o, come è in questa zona avvenuto di recente, con lo strumento collocato sopra un anonimo portale che attraversa la strada?
L’ automobilista, abituato a rilevare i velox a margine della strada, se li ritrova anonimi in alto sul palo e, nel caso dei portali, in posizione inconsueta e neppure percepibile se non previamente informato in modo specifico sulla nuova (e sorprendente) posizione. Alcune sostituzioni di questo tipo sono state riscontrate in Comuni della zona; come conseguenza la curva delle rilevazioni degli eccessi si è impennata.
L’automobilista resta convinto che tra 50 o 60-70 km/h, dal punto di vista della sicurezza, quasi sempre, non c’è differenza. Ma in questo range di velocità in eccesso si colloca il maggior numero delle rilevazioni.
Occorre aggiungere che il “servizio” di rilevamento delle infrazioni non viene espletato direttamente dai Comuni. No. Quasi sempre sono i privati a gestirlo, in convenzione con i Comuni. E i privati trattengono il 60 per cento ed anche di più dei proventi.
In sostanza i Comuni “appaltano” le multe; i privati fanno tutto, accertamenti compresi, ed incassano, al lordo, il 60-70 per cento. E, forse, non è un caso che se gli “accertamenti” sono occhiuti, rigorosi e, non raramente, infondati. Targhe lette male o contestazione inviate a veicoli affiancati (situazione nella quale non è possibile, oggettivamente, l’individuazione dell’automezzo responsabile dell’eccesso).
Privati che incassano i proventi delle multe fatte attraverso gli strumenti da loro gestiti. Comuni che sono alla perenne ricerca di risorse economiche. Necessità di fare il possibile per garantire una circolazione sicura sulle strade. Automobilisti che si sentono polli da spiumare. La situazione è questa. Ed alzi la mano l’automobilista che non è stato “visitato” da mister autovelox, pur avendo guidato con prudenza ed attenzione (alla strada, non agli autovelox).
Esiste una soluzione in grado di contemperare tutti gli interessi in gioco?
Se la premessa è quella del posizionamento degli strumenti nei posti di maggior pericolo, la soluzione sembra agevole. Se davvero si vuole che i veicoli non superino una certa velocità in alcuni punti, tanto da predisporre uno strumento che consacri lo sforamento, allora la risposta è semplice.
L’ autovelox cristallizza l’infrazione; la sua presenza (per chi ne è a conoscenza, ma non per chi là transita per la prima volta) garantisce il rispetto del limite. Ma questo effetto non cambierebbe se lo strumento fosse ben visibile e ben segnalato. Se, ad esempio, sulla strada (un po’ come avveniva con il primo autovelox di Sodi) venissero tracciate due belle strisce rosse, parallele e trasversali (è uso in molte città della Germania e non solo), la sicurezza sarebbe parimenti garantita e l’automobilista non si sentirebbe vittima di eccessi di zelo o, peggio, vittima di manovre prevalentemente predatorie.
Filippo Maffeo* magistrato
UN POST – Enrico Pedemonte: Autovelox in Corso Italia a Pietra Ligure un Vero Killer ! Che tiene conto della riduzione pari al 5% della velocità con minimo 5km/h orari della velocità consentita, e quindi ti becchi la multa se hai superato per 1/3 Km orari, quindi andiamo piano in Corso Italia , ma come fanno tutti schiacciamo l’acceleratore in Via Rossello , viale della Repubblica, via Crispi.