“Fino a quando l’azionista di maggioranza era ArcelorMittal, non c’erano problemi di finanziamento perché l’azienda comprava le materie prime, le forniva ad Acciaierie d’Italia, vendeva il prodotto finito e quindi tutta la gestione del circolante avveniva all’interno del sistema ArcelorMittal», ha detto Franco Bernabè.
di Franco Astengo
«Nel momento in cui ArcelorMittal ha deconsolidato la partecipazione in seguito a vicende che sono del tutto note, la società ha dovuto provvedere autonomamente al finanziamento, ma non c’è nessuno che finanzi Acciaierie se non in condizioni davvero minime», ha precisato Bernabè, aggiungendo che «siamo grati a quelle istituzioni finanziarie che un minimo di flessibilità finanziaria ce l’hanno assicurata nel corso del tempo”
Questo stralcio di dichiarazione del Presidente di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè (rilasciata a “Milano Finanza”) testimonia – se mai ce ne fosse stato ancora bisogno – la situazione di estrema difficoltà per un comparto industriale strategico come quello della siderurgia: in questo quadro si colloca la situazione della SANAC di Vado Ligure che produce materiali refrattari destinati al ciclo produttivo dell’acciaio ed è stabilimento sussidiario di quello di Taranto.
Sanac, partecipata di Invitalia con quattro centri produttivi in Toscana, Sardegna, Piemonte e Liguria dove nel sito di Vado Ligure occupa 85 lavoratori, la cui occupazione si è pensato di scambiare con una lavorazione a tempo del tutto precaria riguardante la costruzione dei “cassoni” per la costruzione della diga foranea di Genova.
Tutto questo avviene mentre il nostro comprensorio si trova nel pieno della crisi da “rigassificatore” alla quale va prestata attenzione su due piani: quello ambientale e quello della fallacia dello sbandierato fantomatico apporto allo sviluppo sostenuto della Presidenza della Regione e dal suo Assessorato alle attività produttive.
Ci si trova così costretti a ritornare sulle questioni di carattere economico – produttivo riguardanti il nostro territorio nel più ampio contesto regionale.
Si tratta di un complesso di questioni riguardanti non soltanto la SANAC che comprendono:
a) la possibilità del mantenimento di produzioni legate ai punti strategico di una possibile tenuta industriale del Paese che appare nel suo insieme in grande difficoltà;
b) per quel che riguarda il nostro territorio questa prospettiva che dovrebbe essere legata, prima di tutto, alla capacità delle nostre residue presenze industriali di mantenersi all’altezza dell’innovazione tecnologica che si verifica nei diversi settori: è questo il nodo che concerne il problema più importante che abbiamo di fronte, quello del mantenimento e dell’accrescimento dei livelli occupazionali per cui abbiamo necessità di elevare la nostra qualità nell’offerta produttiva nei settori strategici;
c) il tema del mantenimento delle presenze industriali nell’area centrale della nostra Provincia (comprensorio savonese, Val Bormida) passa però attraverso due elementi di natura assolutamente strutturale: quello delle infrastrutture in modo da far uscire il territorio dall’isolamento (ferroviarie, stradali, portuali) e quello del recupero delle aree industriali dismesse. La vicenda del ripristino della funivia Savona – San Giuseppe appare emblematica di questo stato di cose, come del resto il ritardo nei lavori dell’Aurelia – Bis e la difficoltà di far emergere l’assoluta necessità di raddoppio della linea Savona – Torino e di ripristino e rafforzamento di quella per Alessandria. Deve essere ancora ricordato come un deficit “atavico” di progettualità ha contribuito a rendere complessivamente inefficace la famosa decretazione di “area industriale di crisi complessa” che dal 2016 ad oggi non ha rappresentato un veicolo di nuova prospettiva di insediamento industriale di livello tecnologicamente adeguato;
d) si tratta di punti che ormai sono ripetuti da troppo tempo, così come da troppo tempo si richiede una verifica di procedure e attività dell’area industriale di crisi complessa che non ha fornito finora alcun risultato per limiti di fondo di una impostazione del problema delle presenze produttive posto al di fuori da una ricerca di progettualità complessiva;
e) appare del tutto carente la capacità di intervento del competente assessorato regionale, così come ancora in questo frangente si configura tutta la debolezza dell’Amministrazione Provinciale, come ben si è visto nella vicenda- rigassificatore. Per l’area savonese e la Valbormida è necessario pensare a una soggettività delle amministrazioni locali capace di porsi strutturalmente in una dimensione necessariamente comprensoriale sia sul terreno dell’elaborazione strategica, sia rispetto alla difesa dell’esistente affiancando sindacati e corpi intermedi di rappresentanza economica e sociale (si ricorda in chiusura l’accorpamento delle Camere di Commercio tra Savona, Imperia e la Spezia e l’inglobamento dell’Autorità Portuale di Savona in quella di Genova).
Franco Astengo