Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Riflessioni dopo un viaggio al mare e entroterra del ponente ligure. Commenti: ma quale attività per rilanciare la montagna? 2/La lezione delle donne dei masi in Alto Adige


DA CUNEO DICE.IT – L’altra faccia del turismo. Riflessioni di un cuneese dopo un viaggio nel Ponente ligure. Un’illusione sta trasformando le valli e i paesi in attrazioni per turisti, pensando che così si risollevi il destino di una popolazione e di un territorio. E tra i commenti social all’articolo: ma nell’entroterra ligure quale attività economica pensate si possa sviluppare?ULTIMA ORA- La replica di Sandro Oddo tra i benemeriti cittadini di Triora.

di Dino Boscolo

CUNEO DICE.IT – La Liguria è terra d’elezione per noi cuneesi: si può dire che la sentiamo “nostra”, ben più di quanto sentiamo tali altre parti del Piemonte. Non è certo per caso che i Romani avevano unito il territorio del Piemonte meridionale alla “Regio IX Liguria”, mentre Torino e il Piemonte settentrionale facevano parte della “Regio XI Transpadana”. Noi eravamo e siamo Liguri, un popolo che già il poeta Greco Esiodo nell’VIII secolo a.C. considerava tra i più antichi abitanti del mondo, insieme a Sciti ed Etiopi. Un popolo che gli scrittori latini (Cicerone, Livio, Virgilio, Tacito) descrivevano come quasi selvaggio, ferino, i cui guerrieri incutevano timore solo con il loro aspetto. Nel contempo venivano però sottolineate le qualità di solidarietà e onestà di una società non ancora divisa in classi e in cui le donne affrontavano le stesse fatiche degli uomini in una terra definita sassosa, sterile, aspra o coperta di alberi da abbattere. Diodoro Siculo, nel I secolo a.C. scriveva: quantunque abbiano a lottare con tante sciagure, a forza di ostinato lavoro superano la natura. Lo storico Marco Porcio Catone, vissuto fra III e II secolo a.C., nella sua opera “Origines” osservava che i Liguri erano “ignoranti”, perché non conoscevano la loro origine, avendone perduto la memoria. Un giudizio non proprio benevolo, ma che in qualche modo sembrerebbe spiegare la scarsa propensione alla valorizzazione del proprio patrimonio storico e culturale che accomuna ancora oggi Liguri di mare e Liguri di montagna. Un popolo di guerrieri, di agricoltori, virtuoso e onesto, che però non conosceva l’uso della scrittura e non sentiva il bisogno di raccontare la propria storia.
Ogni volta che scendo verso il mare dal Colle di Nava o dal Colle di Cadibona percepisco il forte legame che unisce le terre al di qua e al di là delle montagne. L’accumulo di vecchi attrezzi e ciarpame che vedo in tante vecchie case e giardini vicini al mare è lo stesso di tante cascine della pianura e delle valli cuneesi: non si butta nulla, tutto può servire. La stessa visione del mondo, severa, per nulla incline all’estetica, un po’ malinconica e disincantata. Più disincantata, quasi fatalista, quasi indifferente tra gli abitanti della costa, che convivono ormai da oltre mezzo secolo con le conseguenze del turismo di massa: un fenomeno che hanno creduto forse di cavalcare, ma da cui sono stati domati, forse umiliati, certamente sconfitti. Arma di Taggia, una domenica d’estate: migliaia di persone sotto gli ombrelloni, distese su asciugamani, cosparse di creme abbronzanti. Poco distante, alla foce del torrente Argentina, un porticciolo con piccoli capannelli di uomini, anziani e giovani, che pescano o parlano tra loro, appartati, sotto un cavalcavia, vicino ai canneti.
Sono i veri taggiaschi. Uno scorcio di autenticità circondato da condomini ormai vetusti, da strade intasate, da automobili parcheggiate ovunque, da negozi con vetrine scolorite dal sole, da garage, magazzini, uffici affastellati gli uni sugli altri. Se dalla costa si prosegue per Taggia e si risale verso l’interno, passando per Badalucco e Montaldo, si raggiunge Triora, uno splendido borgo medievale a quasi 800 metri sul mare, vicino al confine con la Francia. Ha il fascino ammaliante di molti borghi dell’entroterra ligure, in parte immolato sull’altare del turismo con una fastidiosa insistenza sul “paese delle streghe”. Cosa non si fa in nome di un presunto sviluppo locale. Il turismo ha il potere micidiale di snaturare un paese, un territorio: è lui l’unica entità stregonesca davvero portentosa. Nel centro storico che rivela a ogni passo il prestigio che ebbe il paese in tempi andati, si aprono qua e là patetiche botteghe di cianfrusaglie ispirate alle streghe, vecchie porte malamente ridipinte con storie di streghe, un museo bellissimo, su più piani, realizzato con fondi europei, con rifiniture fin troppo costose, ma in buona parte vuoto: stanze arredate con bellissime e costose librerie e vetrine completamente vuote. Un senso di incompiuto, di sospeso, di finto. Una biglietteria informatizzata, che oscura e relega in disparte una simpatica signora dietro ad un inutile banco per l’accoglienza.
Ancora una volta penso alle valli cuneesi, al miraggio del turismo salvatutto. All’illusione che trasformando le valli, i paesi in attrazioni per turisti si risollevi il destino di una popolazione, di un territorio. Non basta rievocare streghe, masche, sarvan e sarvanot per creare vero e duraturo sviluppo. E i soldi dell’Unione Europea dovrebbero essere spesi per servizi utili alla popolazione locale, non soltanto in cattedrali nel deserto che alla lunga non reggono e diventano un peso per le comunità locali, finendo spesso chiuse e dimenticate.
Penso ai fondi del PNRR e a come saranno spesi nelle nostre valli. I progetti del bando Borghi sono quasi tutti destinati a interventi che ben difficilmente incideranno sul tessuto economico e sociale del territorio. Si aggiungeranno ai tanti fondi spesi nei decenni precedenti per cercare di indurre artificialmente uno sviluppo turistico che deve e può trovare altrove i suoi fondamenti.
Dino Boscolo
Commenti social- Giovanna Cuneo: Scusate ma nell’entroterra ligure quale attività economica pensate si possa sviluppare?
Anna Maria G. – Abito in un paese montano, percepisco quanto sia reale la sua riflessione ..Anch’io nei soldi europei, vedo un sogno che non ci porterà da nessuna parte. Continueranno a svuotarsi i paesi, privi dei servizi essenziali alla popolazione … Affondiamo aggrappati al PNRR come bambini che spalancano gli occhi alle luci delle giostre che già domani non brilleranno più….
E una cittadina straniera – Il problema di fondo è che si può pure portare il turismo, ma il turismo di oggi spesso è un turismo tocca e fuggi che a volte ma non sempre, crea più  disagio che vantaggio. Serve a sostenere qualche negozietto di cianfrusaglie o ristorantino. Per il resto, gli abitanti di questi paesi, quelli che davvero fanno l’identità sociale ed economica del luogo sono ormai storia passata da un po’. Il modo di vivere è cambiato, è sempre meno compatibile con una vita di montagna o entroterra ligure che poco ha di diverso dal vivere in un borgo montano.
Mario Parola – Agricoltura e pastorizia stanno morendo. La montagna continua a spopolarsi, nonostante gli incentivi per richiamare giovani coppie. Sono troppo modesti. Manca un piano serio, economicamente mirato per sviluppare attività e infrastrutture.E poi il turismo rimane l’ultima risorsa. A patto che ci siano progetti per opere di accoglienza all’altezza dei tempi. L’incognita comunque c’è. Non si vede poco o nulla all’orizzonte. Chi è rimasto ha poco entusiasmo, è sfiduciato Aleggia un clima non ottimistico e viste le grandi difficoltà lo si può comprendere. I montanari sono gente tosta, ma sono ormai pochi e sempre meno considerati dalla politica. Un bacino di voti piuttosto esiguo condanna progressivamente gli abitanti delle valli all’oblio.
Mauro Tosello- Da tempo tutti i borghi e cittadine si sono scoperti ” turistici”. Il concetto é molto ampio visti i vari segmenti del settore, in ogni caso se non c’è un attrazzione occorre inventarla. I media poi spingono sempre le medesime località che poi risultano intasate. Se la gente va a Triora si aspetta quanto descritto e cioè le streghe propio come se vai a Lourdes ( o in altri santuari) ti aspetti la Madonna e trovi paccotaglie di santini e gadget vari come a Triora o altrove. È così ovunque , concordo che le risorse pubbliche vadano spese per migliorare le condizioni dei residenti ( e quindi indirettamente degli ospiti) piuttosto che creare cattedrali nel deserto . Ma poi ogni borgo rivendica le propie scelte e priorità, il discorso meriterebbe riflessioni approfondite che non si possono fare in piche righe.

Massimo Voarino- Un interessante spunto, che però andrebbe approfondito: posto che qualche struttura ricettiva in più non sarebbe malaccio nemmeno nelle nostre vallate, bisognerebbe capire cosa sia ritenuto utile e cosa non utile dall’autore dell’articolo.

(P.s.: anni fa, da Ventimiglia, sono salito a Triora e mi sento di concordare appieno sul giudizio espresso: accanto a documenti di vera rievocazione storica, convive – forse inevitabilmente – un tentativo di suggestionare il turista che sembra in alcuni tratti piuttosto forzato e artefatto.
Cesare Cantamessa- Il turismo può essere solo un “di più” perché é a basso valore aggiunto ….i fondi del Pnrr dovrebbero essere usati per creare infrastrutture per incentivare industrie e fabbriche ….
LA REPLICA DI SANDRO ODDO, STORICO E BENEMERITO CITTADINO DI TRIORA:

“E’ vero che non esiste una politica per il rilancio dell’entroterra, la gente si arrangia come può. Ma è del tutto ingeneroso quanto si scrive a proposito del mio paese e spiego perché”.

Caro Trucioli.it. Leggo con vero dispiacere quanto scritto dal signor Dino Boscolo su Cuneodice riguardo ai paesi montani ed in particolare a Triora.

Si vede che ha fatto un giro piuttosto veloce a Triora, se non si è accorto che esiste da ormai quarant’anni il museo etnografico e della stregoneria, con numerose sale, disposte su tre piani e con un piccolo giardino. In esse sono ricostruite le attività contadine, soprattutto quelle riferite al grano, alla vite ed al castagno (da qui il nome Triora, Tria ora). Ovviamente nei sotterranei è raccontata la triste storia delle streghe; dico storia perché non vi è purtroppo nulla di inventato. Pertanto se le varie amministrazioni comunali e l’Associazione Turistica Pro Triora hanno deciso di puntare su un turismo basato proprio su queste donne non ha fatto bene, ma benissimo.

Il museo visitato dall’articolista, situato nel cuore del paese in un palazzo in rovina, ristrutturato proprio con i fondi destinati alla cultura ed alle streghe, è in Corso di Allestimento. Nelle bacheche troveranno posto altri oggetti preziosi, negli scaffali si sistemeranno circa duemila libri inerenti la stregoneria, l’inquisizione ed anche la medicina popolare, tramandata dalle interviste alle persone dell’alta valle. I metodi curativi furono raccolti trent’anni fa in una pubblicazione edita dalla Pro Triora Editore, che ha anche stampato libri sulla cucina popolare, sull’arte, sul dialetto e sulla storia.

E’ facile parlare da fuori e trarre giudizi approssimativi, ma chi vive in montagna, spesso isolato e dimenticato, cerca in ogni modo di trarre un tornaconto da un fatto che ha segnato la millenaria storia della grande podesteria genovese. Perché allora scandalizzarsi se per vivere vi sono “patetiche botteghe” con “cianfrusaglie”, ristoranti e negozi ispirati alle streghe (a proposito, il signor Boscolo ha visitato “La strega di Triora”, dove si trovano specialità del luogo?). Visto che non esiste una politica per il rilancio dell’entroterra, la gente si arrangia come può. Se in futuro sorgeranno altre attività, come anni fa l’estrazione dell’ardesia o due industrie di bambole, ben vengano. Intanto è in via di rilancio l’allevamento ed il pascolo, anche attraverso il recupero di zone invase da rovi, arbusti ed alberi (chi ha detto che non ci sono più alberi? Ce ne sono fin troppi!).

No parliamo poi degli edifici religiosi; la collegiata custodisce opere d’arte, l’oratorio è una vera e propria pinacoteca, la chiesa di san Bernardino, recentemente restaurata, è ricca di affreschi.

Chi vuol dire venire a visitare Triora lo deve fare con calma; basta inoltrarsi fra le arcate di via Camurata per immergersi in un’atmosfera d’altri tempi, scoprendo vere e proprie sorprese. Non sarà di certo una visita “fastidiosa”. (Sandro Oddo)

SI LEGGE SUI SOCIAL A PROPOSITO DI MENDATICA –
Giorgio Maria Marengo- Puoi acquistare tutte le case che vuoi, le più belle, le più confortevoli. Puoi vivere nelle città più belle. Ma ci sarà solo un luogo che davvero ti farà sentire a casa e quasi sempre sarà un luogo semplice. Per molti Mendatica è solo un paesino con una manciata di persone e troppe case abbandonate tra le tante pietre. Per me è la casa in cui ogni generazione della mia famiglia è passata. Per me qui è “casa”, tutto il resto del mondo non esiste più, qualcuno dice che qui manca tutto, per me è l’esatto opposto: qui c’è TUTTO.
Graziano Floccia (vice sindaco di Mendatica)- Sono orgogliosissimo di essere di Mendatica e di avere le origini in questo meraviglioso posto e sono ancora più orgoglioso di leggere le tue bellissime parole Giorgio Maria Marengo.
ARTICOLO DE ‘LO SPECCHIO- LA STAMPA’ DEL 30 LUGLIO 2023

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