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Le zanzare e lo studio condotto all’Università di Zurigo


Sono estive e amano il caldo – non c’è dubbio -, ma preferiscono riposarsi in un luoghi freschi: si tratta delle zanzare. Lo dimostra un recente studio condotto dall’Università di Zurigo (UZH) e pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of Thermal Biology”. LE ZANZARE (CULICIDAE MEIGEN, 1818)

di Alesben B.

“Alcuni modelli in uso potrebbero giungere alla conclusione che le zanzare non riescono a sopravvivere laddove le temperature sono troppo elevate, ma in realtà esse riescono a trovare luoghi freschi in cui riposare e riprodursi – e, di riflesso, propagare le patologie – anche in contesti di estrema calura”. “I modelli di previsione usati finora si basano spesso su rilevamenti delle temperature effettuati in mezzo ai campi, a due metri d’altezza dal terreno, luoghi in cui le zanzare non si trovano in ogni caso”.

Per condurre la ricerca, i ricercatori hanno trasferito tra le 100 e le 200 zanzare asiatiche (Aedes japonicus) in un terrario che permette la circolazione dell’aria. Dentro questo sono state collocate delle scatole che presentavano temperature diverse al loro interno: i numerosi tentativi svolti hanno dimostrato che gli insetti preferivano rintanarsi nel contenitore più fresco dei tre, soprattutto man mano che le temperature esterne aumentavano nel corso della giornata.

L’esperimento dovrà essere affinato su un lasso di tempo maggiore e soprattutto usando zanzare infette: solo così si potrà capire se queste, per liberarsi dell’agente patogeno, preferiscono gli spazi freschi oppure caldi, come nel caso degli esseri umani quando hanno la febbre. La necessità di riproporre il progetto con questi adattamenti emerge soprattutto nel contesto di cambiamento climatico in cui ci troviamo ora.

Le zanzare (Culicidae Meigen, 1818) sono una famiglia di insetti dell’ordine dei Ditteri (NematoceraCulicomorpha). Questa famiglia, che conta circa 3540 specie, costituisce il gruppo più numeroso della superfamiglia dei Culicoidea, che a sua volta comprende insetti morfologicamente simili ai Culicidi ma, ad eccezione dei Corethrellidae, incapaci di pungere.

Caratteristica generale propria dei Culicidi è la capacità del particolare apparato boccale, presente esclusivamente nelle femmine, che consente loro di pungere altri animali e prelevarne i fluidi vitali, ricchi di proteine necessarie per il completamento della maturazione delle uova. La presenza di diverse specie ematofaghe, associate all’uomo e agli animali domestici e in grado di trasmettere alla vittima microrganismi patogeni, attribuisce ai Culicidi una posizione di primaria importanza sotto l’aspetto medico-sanitario.

La storia di questa famiglia è poco documentata. La maggior parte dei resti fossili rinvenuti fanno capo a specie congeneri, affini a quelle attuali, vissute nell’Oligocene e nell’Eocene, altri reperti risalgono invece al Miocene. L’origine della famiglia è comunque databile, come per la maggior parte dei Nematoceri, al Mesozoico, per quanto pochi siano i reperti fossili: i più antichi culicidi rinvenuti risalgono al Giurassico inferiore o, più recentemente, fra il Giurassico superiore e il Cretaceo.

Secondo un’analisi statistica di ScienceAlert del 28 febbraio 2018, dal titolo “Deadliest creatures worldwide by annual number of human deaths as of 2018“, le zanzare sono al primo posto tra gli animali che ogni anno provocano maggiori morti umane. Seguono al secondo posto gli stessi esseri umani, i serpenti e i cani.

L’habitat delle zanzare, nello stadio giovanile, è in generale rappresentato da acque stagnanti di varia estensione e profondità, dai fitotelmi alle piccole pozze temporanee, all’acqua piovana raccolta da particolari conformazioni di manufatti di varia natura, fino alle grandi aree umide delle zone interne o costiere (stagni, paludi, foci, ecc.). Sono colonizzate sia le acque dolci sia quelle salmastre. In generale sono evitati i corsi d’acqua, ma larve di zanzare possono essere presenti presso le rive nelle anse, dove l’acqua tende a ristagnare.

Nelle aree a forte antropizzazione, diverse specie si sono adattate sfruttando le opportunità offerte dall’uomo, in ambiente sia rurale sia urbano, laddove vi è la possibilità che si formi un ristagno idrico di una certa durata. Le larve di zanzara si rinvengono perciò nelle risaie o nelle colture in cui si attua l’irrigazione per sommersione, nei canali di bonifica e nelle scoline, nei bacini artificiali e nei serbatoi aperti di varia natura, nelle discariche, nelle acque di deflusso di reflui organici. In particolare, negli ambienti urbani, si sono adattate a sfruttare le fognature.

Gli adulti delle specie associate all’uomo tendono a frequentare gli ambienti antropizzati prossimi ai siti natali, perciò si ha una maggiore concentrazione di culicidi presso le aree umide. In condizioni di carenza dell’ospite umano utilizzano popolazioni di ospiti di sostituzione, tipicamente chiamati serbatoi, spesso rappresentati da Primati, animali domestici, uccelli. Per le loro abitudini crepuscolari e notturne, durante il giorno si rifugiano in luoghi ombrosi e freschi, fra la vegetazione fitta, spesso in cavità naturali, come il cavo degli alberi.

Nella configurazione attuale, la famiglia dei Culicidae, resta comunque la più vasta e rappresentativa nell’ambito dei Culicoidea, con oltre 3500 specie e sono considerati il raggruppamento sistematico di maggiore importanza, sotto l’aspetto medico-sanitario, nell’ambito della classe degli Insetti, soprattutto per l’ampia diffusione della famiglia; la stretta correlazione di alcune specie con l’uomo e l’emergenza sanitaria, su scala planetaria, rappresentata da alcune malattie di larga diffusione i cui agenti patogeni sono trasmessi proprio da specie appartenenti a questa famiglia.

Le zanzare sono tristemente associate ad aree umide di difficile antropizzazione e considerate malsane proprio in virtù della maggiore incidenza delle malattie trasmesse da questi insetti, al punto di determinare l’evoluzione, nella specie umana, di emopatie congenite quali l’anemia falciforme, la talassemia, il favismo. Queste malattie, a base ereditaria, si sono diffuse in aree interessate dalla malaria come mezzo naturale di difesa e restano diffuse con una elevata frequenza nel germoplasma della popolazione anche dopo l’eradicazione del Plasmodium falciparum, come ad esempio è successo per l’anemia mediterranea e il favismo in alcune aree del Mediterraneo. La peculiarità di queste forme di anemia congenita risiede nel fatto di presentarsi in forma grave in omozigosi recessiva e in forma lieve in eterozigosi, offrendo in quest’ultimo caso una maggiore resistenza al plasmodio della malaria. La diffusione del gene, nelle popolazioni delle aree interessate dalla malaria, rappresenta una difesa genetica che compensa il costo biologico rappresentato dalla comparsa dell’affezione grave in condizioni di omozigosi, ma nel contempo costituisce una tara genetica gravissima allorché ne viene eradicata la causa ancestrale”.

La puntura delle zanzare non è di per sé particolarmente dannosa: la saliva provoca infatti un effetto rubefacente e una reazione allergica cutanea che si manifesta sotto forma di irritazione cutanea di gravità variabile secondo il grado di sensibilità dell’individuo. Nelle regioni non interessate dalle malattie trasmesse, come ad esempio l’Europa e parte del Nordamerica, l’importanza delle zanzare è limitata alla trasmissione di malattie a carico degli animali domestici (ad esempio la Dirofilariasi del cane ” genere di verme cilindrico, agente della dirofilariosi, elmintiasi degli animali selvatici e domestici trasmissibile solo accidentalmente”) e alla molestia arrecata all’Uomo, ma resta sempre uno dei principali settori d’intervento, in ambito sanitario, nei rapporti tra l’Uomo e gli insetti.

Per i motivi sopra esposti, la lotta alle zanzare ha dunque rappresentato uno dei principali obiettivi della bonifica idraulica delle aree umide.

I più importanti interventi, applicati in passato, consistono nella bonifica idraulica, ovvero nel prosciugamento e nella regimazione delle acque delle aree umide (stagni, paludi, suoli idromorfi, ecc.). In Italia, gli interventi di bonifica idraulica si sono svolti in diverse epoche in comprensori di estensione limitata e, più estesamente sull’intero territorio nazionale, a partire dalla fine del XIX secolo fino a raggiungere la sua massima espressione nel corso del ventennio fascista.

Nel 1926 bonifica dell’Agro Pontino, questo nome (Ager Pontinus o Pometinus), derivato da quello della città di Suessa Pometia, si indicò fino dall’antichità il territorio situato a sud dei Colli Laziali, fra i Lepini, il Tirreno e l’insenatura di Terracina con l’applicazione del Testo Unico sulla bonifica integrale del 1933; quella che non si riferisce solo al terreno, ma al miglioramento complessivo di un territorio, con impianto di acquedotti, apertura di strade, costruzione di edifici e sim. I consorzi di bonifica vennero poi sostituiti con i consorzi agrari; esempi Superfici cospicue, seppure inferiori, presentano la Toscana (bonifiche della Maremma e della Chiana), il Veneto (bonifiche del Polesine di Rovigo e degli estuari del Piave e Livenza), l’Abruzzo (antico lago del Fucino) e in Puglia ne beneficiò, sempre durante il ventennio fascista, anche la zona di Porto Cesareo con la bonifica dell’Arneo.

Il ruolo della bonifica idraulica, propriamente detta o integrata, nella lotta contro le zanzare è quello di togliere a questi insetti ampi territori che rappresentano importanti focolai di proliferazione. L’importanza di queste opere, di grande portata, è tale che, unitamente ad altri interventi, hanno permesso non solo la colonizzazione di aree malsane e inabitabili, ma anche l’eradicazione della malaria in alcune aree del Nordamerica e del Mediterraneo. Limitatamente all’aspetto della lotta alle zanzare, la bonifica idraulica va comunque considerata come un sottoinsieme degli interventi di modifica dell’ambiente tesi a sfavorire la proliferazione dei Culicidi.

L’irrorazione del DDT in una zona umida in una foto d’epoca.

Alla bonifica idraulica subentrò, in sostituzione o come intervento integrativo o collaterale, la lotta chimica. a partire dall’impiego di composti chimici di alto impatto come i sali dell’arsenico e gli oli minerali.

Un notevole impulso alla lotta chimica ci fu tuttavia a partire dagli anni quaranta con l’avvento degli insetticidi clororganici e in particolare del DDT. A dispetto della sua triste fama, il DDT è ritenuto il principale artefice dell’eradicazione della malaria L’uso massiccio del DDT, finalizzato ad eradicare la malaria su scala planetaria, causò tuttavia l’emergenza ecologica dovuta all’accumulo nell’ambiente, aprendo un’accesa e mai sopita disputa sul rapporto beneficio-costo di questo principio attivo. A favore di questi prodotti depone la tesi della priorità dell’emergenza sanitaria di breve periodo (malaria) su quella di lungo periodo (intossicazione cronica, cancerogenesi, ecc.).

Dopo la messa al bando del DDT, la lotta chimica larvicida si basò sull’impiego di insetticidi fosforganici.

Dagli anni novanta in poi l’indirizzo generale è stato quello di contenere l’impatto ambientale della lotta chimica con il ricorso a piani di controllo integrato che prevedono l’uso di tecniche più sostenibili, la bonifica dei focolai di proliferazione, il ricorso alla lotta biologica.

Lotta biologica


La gambusia (Gambusia affinis) è un piccolo pesce d’acqua dolce della famiglia impiegata da quasi un secolo nella lotta biologica.

dei Poecilidi dell’ordine Ciprinodontiformi.
È nota la loro propensione a cibarsi delle fasi larvali e di pupa delle zanzare. Sono molto resistenti, sopravvivono anche in acque con bassa presenza d’ossigeno, ad alta salinità (fino a due volte quella dell’acqua di mare) e a temperatura elevata; possono persino sopravvivere in acque fino a 42 °C per brevi periodi.
Per questi motivi, questa specie può essere considerata forse il pesce d’acqua dolce più diffuso al mondo. È stato introdotto come bioregolatore nella lotta biologica contro le zanzare (tra cui la zanzara anofele, vettore del plasmodio della malaria) nei paesi tropicali e temperati di entrambi gli emisferi e da allora si è diffuso ancora di più, sia per espansione naturale, sia attraverso ulteriori introduzioni.
Molto voraci, questi pesci si cibano di larve di insettiinsetti acquaticivermi e crostacei soprattutto le specie appartenenti al genere Daphnia [Daphnia è un genere di piccoli crostacei cladoceri planctonici. Sono noti comunemente col nome di pulci d’acqua, a causa del loro stile di nuoto. Sono lunghi da 0,2 a 5 mm e vivono all’interno di laghi, stagni, ruscelli e fiumi.] L’introduzione di gambusie può essere molto nociva alle popolazioni di anfibi, per la predazione su uova e girini.

Il controllo biologico delle zanzare, a differenza di altre tecniche, mostra una buona compatibilità con altre esigenze e nel lungo periodo è una strategia che già in altri settori dell’Entomologia applicata ha prodotto ottimi risultati anche se spesso, in passato, è stata sopravvalutata. Le applicazioni di lotta biologica sono in studio da lungo tempo, basti pensare che in Italia l’introduzione della Gambusia affinis, di origine neotropicale, risale agli anni venti e la specie è attualmente naturalizzata in buona parte del territorio nazionale. Fino agli anni ottanta sono state identificate oltre 500 specie di organismi antagonisti nei confronti delle zanzare e circa 60 organismi diversi sono oggetto di sperimentazione o di applicazione in questo ambito.

In natura sono particolarmente attivi nei confronti delle larve delle zanzare gli Artropodi predatori e i Pesci. Fra i primi si annovera un numero elevato di specie, molte delle quali rientrano fra gli Odonati (libellule), i Rincoti Eterotteri (cimici acquatiche e acquaiole), i Coleotteri Adefagi e, infine, gli stessi Ditteri. Fra i secondi, forse i più interessanti sotto l’aspetto applicativo, si annoverano potenzialmente tutte le specie che si alimentano a spese dello zooplancton.

Nei confronti degli adulti sono invece attivi, oltre ad alcuni artropodi, gli Anfibi, gli uccelli insettivori e i pipistrelli. L’attività di questi ultimi, crepuscolare e notturna, è notevole: un solo individuo può infatti divorare oltre 500 zanzare nell’arco di una sola notte,.

Larva di Toxorhynchites speciosus [Le larve di Toxorhynchites , in quanto membri del genere che non succhia il sangue, si nutrono di altre larve di zanzara e si trovano spesso con larve di zanzara tigre

Insieme a Mesocyclops aspericornis , T. speciosus forma una coppia di predatori compatibile per la riduzione delle popolazioni larvali di Aedes notoscriptus e Culex quinquefasciatus negli habitat di pneumatici nel Queensland, un possibile ausiliario nella lotta biologica.

Sotto l’aspetto applicativo è in fase di sperimentazione o operativa l’utilizzo di circa 60 diversi organismi, in gran parte attivi contro gli stadi giovanili. Gli ambiti di applicazione o di sperimentazione sono vari, secondo i casi, e comprendono gli ecosistemi naturali, le risaie, i canali di irrigazione, i bacini artificiali, i cavi degli alberi, mentre in alcuni casi la sperimentazione è attuata in laboratorio. Le categorie in studio o in applicazione sono le seguenti:

  • Pesci. Sono oggetto di interesse oltre venti taxa fra specie o generi. Fra quelli oggetto di applicazione in fase operativa si citano in particolare Aphanius disparPoecilia reticulata e i generi GambusiaFundulus e Panchax. A questi si aggiungono gli erbivori Ctenopharyngodon idellus e Tilapia spp., impiegati come bioerbicidi nelle risaie e nei canali e che svolgono un’azione di antagonismo indiretto: questi erbivori sono attivi anche nei confronti delle alghe, perciò riducendo il grado di eutrofizzazione delle acque creano condizioni più sfavorevoli alla proliferazione delle zanzare. All’uso dei pesci, spesso di notevole efficacia, sono associate problematiche di carattere ecologico in riferimento all’introduzione di specie esotiche in ecosistemi naturali, a causa delle ripercussioni sulla dinamica della biocenosi acquatica.
  • Funghi entomopatogeni. Di impiego operativo, come bioinsetticida negli USA, è il Lagenidium giganteum, che si è rivelato di notevole efficacia, ma nella categoria sono interessate le specie di altri cinque generi, fra cui anche la Beauveria bassiana, l’unico attivo anche contro gli adulti.
  • Batteri. Oltre al già citato B. thuringiensis var. israelensis, ha impiego operativo anche il Bacillus sphaericus, che però non è attivo contro gli Aedes.
  • Nematodi. A livello operativo è nota la specie Romanonermis culixivorax e in ambito sperimentale altre specie di Mermithidae. In particolare, la specie Octyomyomermis troglodytis potrebbe essere impiegata anche come adulticida nelle cavità naturali.

Fra gli altri organismi antagonisti interessati dalla sperimentazione rientrano alcuni virus, diversi generi di protozoi, alcune specie di idrozoi e di insetti (i culicidi del genere Toxorhynchites e l’eterottero acquatico Notonecta undulata. Un cenno particolare va fatto per i virus e i protozoi: diverse forme entomopatogene possono anche trasferirisi sull’uomo, perciò l’ambito di applicazione si restringe ai soli entomopatogeni specifici.

Alesben B.


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