I caviè di Elva e “L’inventario delle nuvole” una coinvolgente “rivisitazione” di una piccola borgata sui monti della valle Maira.
di Luciano Bona
Elva inizio ‘900. “Alé, alé fremos dai uelhs bels, la chal copar lhi chabels. La lhi a una nova moddoch’al’ében pu comoddo !” (“Alè, alè donne dagli occhi belli, bisogna tagliarsi i capelli. E’ sorta una nuova moda ed è ben comoda.”). Un richiamo, una canzonetta o sussurri “volano” nei boschi della Valle Maira, a Elva , nelle borgate della valle.Erano i richiami che i caviè, ( “pelassiers” in occitano), compratori dilettanti di capelli umani, rivolgevano alle donne per convincerle al “ taglio”. I caviè, vestiti in modo curato, spesso a coppie giravano per le valli montane, scendevano in pianure per i loro commerci ,erano dei bravi affabulatori, raccontavano che dalla Francia stava arrivando la moda del capello corto nel tentativo di convincere le donne a vendere le loro chiome o, a volte, a barattarle con un fazzoletto da testa,calze di lana o una pezza di stoffa.
Per convincerle al taglio raccontavano alle donne che le avrebbero lasciato un piccolo, grazioso caschetto ma, quando erano girate tagliavano il più possibile perché più la chioma era lunga, più era preziosa. le chiome più richieste erano quelle delle donne anziane considerate più pregiate per il loro colore bianco tendente al giallo.
All’epoca quelle trecce erano molto quotate per creare le parrucche molto richiesti, soprattutto in Inghilterra dai lord e dalla magistratura negli Stati Uniti e in Francia venivano impiegate principalmente nelle confezionate per la moda. Si scopre così come una piccola borgata in mezzo ai monti della valle Maira,intrecci le strade del commercio internazionale di capelli….
Oggi Elva conta pochi residenti, ma all’inizio del secolo scorso questo piccolo borgo montano era un paese di 1.300 abitanti, molti dei quali esercitavano la strana professione dei caviè o anciè. Durante l’inverno in campagna non c’era lavoro e allora gli elvesi si spostavano in pianura per fare i venditori ambulanti di tessuti. Solo verso la metà dell’Ottocento uno di questi commercianti s’imbatté in un acquirente di capelli e così nella vallata si diffuse tra gli elvesi la tradizione di girovagare in tutta la penisola alla ricerca di «cascame umano» per fabbricare parrucche.
Venivano raccolti sia capelli appena tagliati, sia i capelli che rimanevano nelle spazzole e nei pettini, chiamati pels dal penche, che le donne avevano cura di riporre in scatoline e in appositi sacchetti, in attesa del passaggio degli caviè elvesi. Come detto erano molto pregiate le trecce e i capelli bianchi, che spesso finivano acconciati in eleganti parrucche destinate a Londra, Parigi, Berlino. I capelli raccolti , messi in sacchi, venivano portati ad Elva, dove erano sorti veri laboratori dove venivano puliti e classificati per colore, spessore e lunghezza. Erano circa cinquecento le persone addette a questo tipo di lavorazione. Seguiva poi la spedizione nelle grandi città: Parigi, Londra e New York . Quest’originalissimo mestiere, risalente alla fine dell’ottocento, è durato circa un secolo e mezzo, fino all’ultimo dopoguerra.
Oggi a un secolo di distanza Franco Faggiani, autore di memorabili racconti di congiunture umane, morali, naturali ci fa recuperare la voglia di rimmergerci nella natura,“ costruendo una piccola grande letteratura della natura”.
Con ”L’inventario delle nuvole“ (Fazi Editore) ci porta a “rivisitare” un periodo, la storia di una piccola borgata in mezzo ai monti della valle Maira che intrecciò le strade del commercio internazionale di capelli. Ci fa “scoprire” un paradiso nascosto, noto e frequentato da pochi …Ne “L’inventario delle nuvole” Franco Faggiani ricostruisce con amorevole cura dei dettagli un ambiente montano particolare e un mestiere ormai scomparso che però è ancora nella memoria di molti. Il giovane protagonista si muove sui tipici itinerari dei raccoglitori di capelli del Cuneese che, seguendo le vie di questo commercio, passavano le colline delle Langhe e, attraverso le Alpi, arrivavano in Francia.
…. È il 1915. Giacomo Cordero vive in un piccolo paese della Val Maira con il nonno Girolamo, la madre Lunetta e l’anziana e riservata Desideria. Il ragazzo ha studiato ma gli viene imposto di restare a casa, a Prazzo, dove si vive di taglio del bosco, di piccolo allevamento e agricoltura, e dove gli abitanti delle malghe spesso sopravvivono nella più assoluta miseria. L’Italia è appena entrata in guerra e il vecchio Girolamo, ruvido e determinato capofamiglia, è diventato il fornitore ufficiale di merci per l’esercito.
A Giacomo, quindi, esonerato dal servizio militare, viene affidata la parte più remunerativa delle attività di famiglia, la raccolta dei pels, i capelli, che, accuratamente lavorati durante l’inverno dalle donne del luogo, saranno rivenduti in primavera agli atelier delle grandi città di confine per farne parrucche. Gli scambi intercorsi, le tante donne incontrate sul cammino con il suo strano mestiere di cavié gli torneranno alla mente facendogli apprezzare il valore delle piccole cose e la semplicità del vivere quotidiano …
Franco Faggiani ricostruisce con straordinaria cura dei dettagli un paesaggio particolare e un mestiere insolito che molti ancora ricordano. Nel romanzo vengono ripercorsi gli itinerari segreti dei raccoglitori di capelli delle valli cuneesi, che seguendo le vie di questo singolare commercio scavalcavano le Alpi e arrivavano fino in Francia. Una storia avvincente ma anche commovente che conferma il grande talento dell’autore nel descrivere gli ambienti montani riuscendo a coinvolgere ed emozionare i suoi lettori.
Luciano Bona