Il Nuovo festival Verdi 2023. Nuovo stile, nuova strategia di fatto.
di Sergio Bevilacqua
In sintesi estrema, il XXII Festival Verdi al Teatro Regio di Parma sarà:
- cospicuo,
- integrato con la modernità delle iniziative dell’Off,
- molto concentrato sull’Italia in vario senso,
- nuovo di organizzazione operativa
- nuovo di gestione strategica.
E ora spiego.
- Tre nuove produzioni, con schieramento di abilità registiche nazionali, con il sempreverde e vieppiù chiaroveggente Maestro Pier Luigi Pizzi, che la mangia ancora, dall’alto di un’esperienza e sensibilità finissima, in testa a tutti mentre spiega il suo “I Lombardi alla Prima crociata”. In particolare la canta a quelli, pur bravissimi, che nascondono il loro zoppicare (cosa che lui non fa, con delizioso e sorridente orgoglio) attraverso frasi ed espressioni di convenienza. Lui no: dice pane al pane e vino al vino, ed è capace di estrarre una quintessenza di logica semplicità (parola che usa a profusione ma NON abusa) quando richiama canto e regie a un dovere di comprensibilità e di rispetto del crocevia parnasico che è l’opera: Musica forse prima di tutto, ma il Vedere immediatamente dopo, e le parole cantate vanno capite, perché se non le si capiscono si è costretti a leggere sempre le didascalie aeree, che ti tolgono il piacere delle scenografie e coreografie… Buon senso e sacrosanta verità: e sembra proprio la prova di quanto raccontano oggi i neuroscienziati, che il cervello umano inizia a lavorare ai massimi dopo i settant’anni. Non nego che voglio bene a Pizzi come a uno zio. Non so perché, ma è così: da sociatra incallito delle accolite umane di piccola e grande dimensione, ormai abbondantemente “senatore”, sono in grado di capire quando uno Spirito lavora per il mondo o per sé, e Pizzi è decisamente sempre stato del primo tipo. Onore e onore.
Segue, con la sua magia lunare, in linea progressiva di maturazione, la personalità leonina di Davide Livermore: si capisce che il suo profilo, recentemente televisivizzato, è un alto profilo. La sfida col Trovatore è golosissima: Livermore è un gran bravo costruttore di catarsi, sa collegare la messinscena a un universo semiologico molto esteso, producendo corti circuiti emozionali di ottimo livello con notevole sicurezza, come ha dimostrato sistematicamente nelle sue regie al Rossini Opera Festival. Certo che con il Trovatore, la sorpresa sarebbe quella di una resa drammaturgica credibile e coerente, data la variegata e quasi provocatoria inconsistenza della trama, che romanze a gogò e tanto tanto popolo al seguito fanno però scusare.
Seguendo le linee di seniority raggiungiamo i due “giovani” di “Falstaff. Tutto il mondo è burla”. La coppia Manuel Renga e Alessandro Palumbo si presenta molto simpaticamente e con l’uso di un linguaggio chiaro e giovanile; rispetto al grande respiro di Pizzi e alla precisione ingegneristica di Livermore, ammiccano e sorridono: bravi lo si sa, già l’anno scorso hanno mostrato il fatto loro, e il rapporto quasi pediatrico (spiegava appunto come da bambino ascoltasse Falstaff appena alzato e ne traesse grande beneficio d’energia e ottimismo) con Falstaff di Palumbo fa ben sperare…
- Integrato con la modernità delle iniziative dell’Off
L’impressione che il Verdi Off abbia fatto un salto in importanza nell’ambito del più generale Festival Verdi mi sembra una caratteristica evidente dei questa edizione 2023. E con esso, Barbara Minghetti, una leonessa lombarda di mente finissima e grande passione teatrale. Non avrebbe sprecato l’occasione di avere un amico di Sferisterio come Sovrintendente Regio, il bravo Luciano Messi, per accentuare la sua presenza e importanza: riuscita, meritato. Iniziative che hanno fatto un salto di qualità mi è parso, quest’anno, tanto da risultare, udite, udite, non supplemento giovani/non-melomani del Festival, ma vero complemento estetico e civile. Brava la Barbara.
- Molto concentrato sull’Italia in vario senso.
Non voglio dilungarmi su questo punto: ci eravamo abituati a una visione molto internazionale e anche di concreto bench-marking con le esperienze registiche d’oltralpe. Ogni anno Anna Maria Meo ci presentava registi di fama mondiale (cito per tutti Bob Wilson oppure il povero Graham Vick), le cui esperienze sono così utili a noi per capire dove va la catarsi operistica quando interpretata da mostri sacri, legends o sacred cows in britannico, e dunque come l’umanità globalizzata la vive: e questo mi manca un poco. Certo è che la fruizione “all’italiana” non coincide con quella nordeuropea-angloamericana. E lo dicono moltissime cose, oltreché un bel dialogo avuto con Damiano Michieletto (e Cecilia Bartoli disciplinatissima con lui…) al Maggio Fiorentino, regista italiano globale, che diceva a chiare lettere della buona organizzazione dei teatri anglosassoni e in generale d’oltralpe rispetto alla maglie larghe dei nostrani… Ma anche delle profonde differenze di pubblico. Dunque, Opera Nostra o Opera del Mondo? La mia risposta lapidaria, che approfondirò altrove: tutte due!
- Nuovo di organizzazione operativa
Un’organizzazione profondamente diversa dall’era Meo (grande era! Forza Luciano Messi, ma Anna Maria è stata un genio…), quella che Messi sta sperimentando: un direttore artistico, un Presidente interventista, la strategia regionale con Bologna… Insomma, sembra di essere in un altro Regio. Regge con classe e vigore la struttura dedicata a Stampa e Comunicazione, grazie anche (“anche”, messaggio subliminale) alla resilienza davvero gloriosa di Paolo Maier, e Forza Regio. Vediamo. Da esperto di organizzazione dico che vale anche questa organizzazione, in modo diverso dall’altra “Meiana”, anche se ha pro e contro diversi: per semplificare 50 anni di clinica organizzativa, vedremo come produttività, efficienza ed efficacia (soprattutto catartica) saranno manifestate dalla questa organizzazione “Messiana”: lui mi è simpatico, e credo che qui a Parma si giochi un “Pallone d’oro”, come il suo omonimo grande calciatore…
- Nuovo di gestione strategica.
Due parole due, sull’altro fatto centrale di questo XXIII Verdi: un presidente, il già coinvolto Michele Guerra, sindaco della Città Ducale, che interviene, dice la sua e ha da dire. Ben anche questo, anzi…! Se uno è un buon politico e ha una buona cultura specialistica di intrattenimento, il fatto che intervenga è un asset di enorme valore, perché la scienza amministrativa dice che l’indirizzo è suo, e così il controllo…
Insomma, il soggetto Teatro Regio di Parma è cambiato in un anno moltissimo. Vedremo cosa accadrà nei fatti: perché sono proprio i fatti che guidano le società umane, quando la scienza ha da parte sua evidenziato i fattori oggettivi. E mi pare che sopra se ne siano illustrati parecchi, di fattori oggettivi… Resta in ogni caso il piacere di una stagione emozionante sia per gli effetti di catarsi del cartellone, sia per la esperienza della nuova organizzazione e strategia… Intanto, per chi vuole approfondire gli interessi culturali del Festival, ecco sotto il LINK al comunicato stampa della mia amata istituzione parmense. E a risentirci per i singoli spettacoli!
Sergio Bevilacqua
https://www.teatroregioparma.it/festival-verdi-2023/